Il mondo della robotica e della ricerca scientifica può spesso far nascere domande interessanti. Per Ilan Mandel, un esperto ricercatore di robotica presso la Cornell University, una di queste domande era il confronto con l’eccezionale convenienza dei prodotti preesistenti con le ingenti spese richieste per la creazione di prototipi o la costruzione di oggetti da zero.
Mentre Mandel si adoperava per recuperare ruote e motori da vecchi hoverboard al fine di costruire una flotta di robot spazzini a New York, ha inaspettatamente fatto una scoperta che avrebbe plasmato il suo ultimo campo di ricerca, pubblicando l’articolo “Riconquistare il prodotto come fornitura di materiale: gli hoverboard come garbatrage”. Wendy Ju, coautrice di questo articolo innovativo, ha sottolineato quanto sia sbagliato progettare e produrre come se le risorse materiali fossero infinite, definendo questa assunzione come “terribile”.
Una nuova cornice concettuale
Basandosi sulla loro esperienza nell’interazione uomo-computer, con l’obiettivo di promuovere la sostenibilità e il riutilizzo, la coppia di ricercatori Cornell ha introdotto il concetto di “garbatrage” come una nuova cornice concettuale per la costruzione di prototipi. In finanza, il termine si riferisce al processo di acquisto e vendita di beni al fine di sfruttare le differenze di prezzo. In questo caso, Mandel si riferisce al garbatrage per descrivere il processo che riutilizza i rifiuti elettronici (e-waste) in materiali preziosi per la realizzazione di prototipi.
Questo si concentra sull’opportunità di riutilizzare dispositivi sottoutilizzati, prendendo gli hoverboard come esempio tangibile. Dai vecchi computer desktop ai dispositivi per l’IoT, la maggior parte dei rifiuti elettronici odierni racchiude componenti riutilizzabili che possono alimentare le innovazioni di domani. Tuttavia, questi dispositivi, insieme alle loro componenti, spesso finiscono tra i 53 milioni di tonnellate di rifiuti elettronici prodotti globalmente ogni anno. Meno del 20% viene riciclato correttamente, lasciando in sospeso l’incognita del destino dell’80% rimanente, come rivelato dal Global E-waste Monitor 2020 delle Nazioni Unite. Questa parte finisce spesso in Paesi in via di sviluppo, dove i prodotti elettronici sono bruciati in discariche all’aperto per recuperare metalli preziosi, causando gravi danni ambientali e pericoli per la salute pubblica.
Inoltre, Mandel e Ju incoraggiano i progettisti a mettere al centro il riutilizzo dei materiali, creando economie circolari e catene di approvvigionamento sostenibili, riducendo al contempo al minimo i rifiuti elettronici:
I progettisti rappresentano il centro di interazione tra l’industrializzazione su larga scala e gli utenti finali. Penso che possano prendere sul serio questo aspetto e usarlo per sfruttare i rifiuti elettronici in modo da promuovere la sostenibilità, oltre a chiedere al consumatore di riflettere meglio sulle proprie pratiche.
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Fonte: Cornell University
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