Dopo il rapporto pubblicato due settimane fa, Legambiente e Kyoto club tornano oggi alla carica con un nuovo position paper per chiedere al Parlamento e al Governo Meloni maggiore impegno sui negoziati in corso in Ue sulla revisione della direttiva “Case verdi” (Epbd).
I negoziati dovrebbero concludersi entro l’anno – lo scorso marzo è già arrivato il via libera dell’Europarlamento, con l’Italia però in una posizione di retroguardia –, e gli ambientalisti pongono l’accento sulla necessità di ridurre anche le emissioni incorporate (embodied) degli edifici.
In generale, gli edifici sono la principale fonte di consumo energetico in Europa (40%), e i tre quarti di questi consumi sono ad oggi coperti dall’uso dei combustibili fossili: per questo il comparto rappresenta il 36% delle emissioni dei gas serra europee.
Di queste emissioni, si stima che il 10-20% sia legato ai materiali e ai processi di costruzione durante l’intero ciclo di vita dell’edificio, un dato destinato a crescere: il Green building council afferma infatti che oltre la metà delle emissioni totali di carbonio di tutte le nuove costruzioni globali tra il 2020 e il 2050 saranno dovute ai materiali e alla fase di costruzione degli edifici.
«I negoziati in corso sulla direttiva sulla prestazione energetica degli edifici (Epbd) rappresentano un’opportunità unica per ampliare il discorso sulla decarbonizzazione del costruito, includere l’intera gamma di emissioni e creare un quadro legislativo attuabile ed efficace», osservano Katiuscia Eroe e Giacomo Pellini, rispettivamente responsabile energia di Legambiente e responsabile comunicazione del Kyoto club.
In quest’ambito, le principali proposte di Kyoto club e Legambiente sono: il sostegno, da parte del Governo italiano, di una nuova proposta più ambiziosa di revisione della direttiva “Case verdi” durante le prossime consultazioni e il varo di una normativa nazionale per la riduzione delle emissioni di carbonio incorporate; l’introduzione, all’interno della direttiva, di una metodologia che tenga conto dell’intero ciclo di vita degli edifici e di uno strumento per rendicontare le emissioni a livello comunitario, l’istituzione di percorsi formativi per professionisti, cantieri a “rifiuti zero” entro il 2040 e il raggiungimento di un settore edilizio a emissioni zero entro il 2050.
«Auspichiamo inoltre – concludono Eroe e Pellini – che l’Unione europea inserisca nel testo uno strumento standardizzato, armonizzato e trasparente per misurare le emissioni durante l’intero ciclo di vita degli edifici, al fine di orientare le decisioni progettuali degli Stati membri verso l’ottica della sostenibilità».
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