I pescatori e i ricercatori impegnati nel progetto “Creazione di una strategia per il monitoraggio del marine litter nell’Area Marina Protetta dell’Isola Asinara con il coinvolgimento dei pescatori” dell’Università di Sassari, che si è appena concluso, hanno provato che «Contrastare e tenere sotto controllo il problema pressante della spazzatura marina non è certo facile ma è possibile»,

Nel progetto portato avanti dall’Università di Sassari – in collaborazione con l’Università di Ferrara, l’Università di Bucarest, il Parco Nazionale dell’Asinara, il FLAG Nord Sardegna, le marinerie e i Comuni di Porto Torres e Stintino, Co.Pe.Ga Società Cooperativa A.R.L. di Porto Torres, Cooperativa Pescatori di Stintino – Soc. Coop. a R.L. di Stintino e la società Innovyou Digital Tech Agency -, i pescatori, messi al centro di una rete di portatori di interesse, emergono come i primi custodi del mare e, grazie ai loro feedback, è stato possibile perfezionare gli strumenti tecnologici.

All’università di Sassari spiegano che «Infatti, la messa a punto di un set di strumenti digitali, collaudati dagli stessi pescatori, per localizzare e monitorare il marine litter – ovvero l’app “Sea waste finder”, un dispositivo prototipo Garmin Gps fruibile anche in assenza di connessione internet e in condizioni meteo avverse e una “dashboard di amministrazione” per l’analisi dei dati -, l’identificazione delle zone più vulnerabili all’inquinamento dell’Isola dell’Asinara e, inoltre, un protocollo di monitoraggio e smaltimento dei rifiuti marini sono i principali risultati raggiunti nel progetto, avviato dal Dipartimento di Scienze Umanistiche e Sociali e dal Dipartimento di Agraria Uniss e finanziato dal fondo PO FEAMP 2014-2020».

In linea anche con gli obiettivi della legge “SalvaMare”, il progetto ha sviluppato sul territorio un approccio partecipativo tra pescatori, enti di ricerca, amministrazioni pubbliche, cittadini, che si sono avvalsi di strumenti digitali ad hoc e sono stati protagonisti nell’attività di monitoraggio, indispensabile per trovare soluzioni sostenibili al problema del marine litter, causa di innumerevoli danni alla vita marina e anche fonte di impatti negativi sulla pesca e sull’economia locale.

I ricercatori sottolineano che «In una prospettiva a lungo termine, ci si attende che le tecnologie sviluppate si possano continuare ad usare anche al di fuori del progetto e nell’immediato futuro: diventino arnesi del mestiere per i pescatori, vere e proprie sentinelle del mare, e strumenti indispensabili, per una governance diffusa del mare, per gli altri stakeholder, come la Capitaneria di Porto, in caso di situazioni di emergenza (ad esempio il recupero di rifiuti tossici), e altri enti come il Flag Nord Sardegna e la stessa AMP Asinara».

Mentre svolgono la loro attività di pesca, i pescatori possono osservare e raccogliere i rifiuti marini che incontrano, come è stato fatto nel corso del progetto, ma se davvero a loro va assegnata questa fondamentale attività, queste sentinelle del mare devono essere messi in grado di svolgerla fino in fondo: al momento, una volta recuperato e portato a terra il materiale, i pescatori di Porto Torres e Stintino si trovano di fronte a una mancanza di indicazioni e di aree attrezzate per la raccolta e lo smaltimento.

All’università di Sassari fanno notare che «Quindi vanno al più presto adeguati i porti di Porto Torres e Stintino e poiché questo servizio assolto dai pescatori si riflette positivamente sulla collettività, va considerata ad esempio l’ipotesi di un premium price da applicare ai prodotti ittici pescati e distribuiti in ambienti in cui si adottano buone pratiche di gestione del marine litter».

I dati raccolti mostrano un totale di 74 segnalazioni, il 54% delle quali è stata effettuata tramite l’app “Sea waste finder”, mentre il 46% circa è stato effettuato utilizzando il dispositivo Garmin. Per quanto riguarda la tipologia dei rifiuti segnalati, il 36% è rappresentato da rifiuti in plastica, il 20% da multimateriale, l’11% da legno trattato. Il 31% è stato individuato perché imbarcato con l’attività di pesca, il 30% era materiale galleggiante, mentre il 13% era spiaggiato sulle coste o nelle aree circostanti.

In base alle segnalazioni Gps e all’analisi dei dati incrociati anche con un questionario sottoposto a 50 pescatori, dal progetto emerge che «Il 45% dei rifiuti marini di plastica e multimateriali ha come possibile provenienza le attività di trasporto marittimo.  Ma anche altri fattori determinano la presenza di rifiuti nelle acque analizzate: la stagionalità, le condizioni meteorologiche e la dinamica delle correnti; se prendiamo in considerazione la variazione della densità all’interno dei cluster formati da marine litter, si possono distinguere 6 gruppi relativamente separati, tutti ubicati lungo le vie navigabili; i rifiuti marini con densità alta e medio-alta si trovano vicino ai porti di Porto Torres e Stintino e lungo la costa; bassi valori, invece, si registrano lungo l’area dell’AMP. Inoltre, rifiuti marini galleggianti sono stati segnalati anche sul versante occidentale e orientale dell’Isola dell’Asinara e al largo della costa».

Dai rilievi effettuati è emerso che «I rifiuti di plastica sono la componente dominante fra i rifiuti marini raccolti nell’area di progetto, da segnalare anche l’elevata abbondanza di mesoplastiche (frammenti di plastica che hanno dimensioni comprese tra 5 mm e 2.5 cm) nelle aree di Porto Torres e Rio Mannu, disperse non solo come rifiuti urbani ma anche come rifiuti industriali, con apporto di pre-lavorati dell’industria chimica. L’elevata abbondanza di pellets nelle spiagge nelle aree del Rio Manno e di Porto Torres è probabilmente dovuta ai 60 anni di produzione di materie plastiche nel Polo industriale e alla dispersione di questi pre-lavorati nell’ambiente».

Invece, i risultati dell’analisi delle microplastiche hanno indicato «Una bassa percentuale di plastiche nelle aree di campionamenti dell’Isola dell’Asinara. Nell’area della Pelosa si osserva una buona diversità di plancton ma inferiore a quella osservata nelle aree di campionamento dell’Isola dell’Asinara.L’analisi delle microplastiche nei sedimenti ha consentito anche di analizzare le specie bentoniche che caratterizzano la biodiversità delle aree campionate. Nell’area di Rio Mannu di Porto Torres, oltre ad osservare una maggiore percentuale e abbondanza di tipologie di plastiche, si rileva la quasi totale assenza di foraminiferi bentonici, a differenza delle altre aree (Isola dell’Asinara) in cui la biodiversità del micro plancton è elevata. Nel sedimento abbondano le microplastiche fibrose che sono quelle più pericolose per la salute umana. Per quanto riguarda la mesoplastica si osserva una grande variabilità di molecole plastiche, si evidenziano l’impiego di coloranti organici e la presenza anche di plastiche oggi proibite che si caratterizzano anche per lo sviluppo di patogeni».

La coordinatrice del progetto, Donatella Carboni del Dipartimento di scienze umanistiche e sociali dell’università di Sassari, ha concluso: «Il Mediterraneo è uno dei mari più contaminati dalla presenza di rifiuti plastici: la digitalizzazione e l’approccio multistakeholder rappresentano una chiave per trovare la soluzione al problema. Possiamo individuare pratiche efficaci di gestione del marine litter – e questo progetto lo dimostra – solo a patto di mettere insieme tecnologie sperimentali, politiche sistemiche dei rifiuti, consapevolezza ambientale e riconoscere concretamente il ruolo di sentinelle del mare ai pescatori».

L’articolo L’Asinara laboratorio per la lotta ai rifiuti marini sembra essere il primo su Greenreport: economia ecologica e sviluppo sostenibile.