Assobioplastiche e Biorepack evidenziano che la sentenza della Corte di Giustizia dell’Unione europea pubblicata ieri «Riguarda esclusivamente la vecchia normativa italiana sui sacchetti di plastica.

La Corte di Giustizia Ue ha concluso che «1) Gli articoli 8 e 9 della direttiva 98/34/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 22 giugno 1998, che prevede una procedura d’informazione nel settore delle norme e delle regolamentazioni tecniche e delle regole relative ai servizi della società dell’informazione, come modificata dal regolamento (UE) n. 1025/2012 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 25 ottobre 2012, devono essere interpretati nel senso che: essi ostano all’adozione di una normativa nazionale che vieti la commercializzazione di sacchi monouso fabbricati a partire da materiali non biodegradabili e non compostabili, ma rispondenti agli altri requisiti stabiliti nella direttiva 94/62/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 20 dicembre 1994, sugli imballaggi e i rifiuti di imballaggio, come modificata dalla direttiva 2013/2/UE della Commissione, del 7 febbraio 2013, quando tale normativa sia stata comunicata alla Commissione europea solo qualche giorno prima della sua adozione e pubblicazione. 2) L’articolo 18 della direttiva 94/62, come modificata dalla direttiva 2013/2, in combinato disposto con l’articolo 9 e con l’allegato II alla direttiva 94/62, come modificata, deve essere interpretato nel senso che: esso osta a una normativa nazionale che vieti la commercializzazione di sacchi monouso fabbricati a partire da materiali non biodegradabili e non compostabili, ma rispondenti agli altri requisiti stabiliti nella direttiva 94/62, come modificata. Detta normativa può tuttavia trovare giustificazione nella finalità di assicurare un livello più elevato di tutela dell’ambiente, qualora siano soddisfatte le condizioni di cui all’articolo 114, paragrafi 5 e 6, TFUE. 3) L’articolo 18 della direttiva 94/62, come modificata dalla direttiva 2013/2, in combinato disposto con l’articolo 9, paragrafo 1, e con l’allegato II alla direttiva 94/62, come modificata, deve essere interpretato nel senso che: esso ha effetto diretto, cosicché un giudice nazionale, in una controversia tra un singolo e delle autorità nazionali, deve disapplicare una normativa nazionale contraria a detto articolo 18. 4) L’articolo 18 della direttiva 94/62, come modificata dalla direttiva 2013/2, deve essere interpretato nel senso che: una normativa nazionale che vieti la commercializzazione di sacchi monouso fabbricati a partire da materiali non biodegradabili e non compostabili, ma rispondenti agli altri requisiti stabiliti nella direttiva 94/62, come modificata, può costituire una violazione sufficientemente qualificata di detto articolo 18».

Secondo Assobioplastiche e Biorepack, «La pronuncia riguarda in concreto un vecchio decreto ministeriale (il DM 18 marzo 2013) che da tempo non è più in vigore che venne adottato dall’Italia quando ancora non era stata emanata la direttiva shopper 2015/720, che contempla espressamente la possibilità per gli Stati di vietare i sacchetti di plastica. Si tratta di un giudizio relativo quindi a normative già abrogate e del tutto superate dalle nuove e in cui, peraltro, la bocciatura della Corte è su aspetti formali e procedurali (errori nel processo di notifica all’Ue). Si è contestato all’Italia di aver adottato detti divieti “troppo presto”, ossia prima che l’Ue stessa prevedesse i divieti con la direttiva shopper 2015/720».

Luca Bianconi, presidente di assobioplastiche, e Marco Versari, presidente di Biorepack, commengtano: «Ce l’aspettavamo ma, per sgombrare il campo da equivoci, è bene sottolineare che la sentenza riguarda il “vecchio” ordinamento. La normativa europea sugli imballaggi è, com’è noto, nel frattempo positivamente evoluta e ora c’è la direttiva shopper, che consente i divieti e obbliga gli Stati a intervenire sui sacchetti. Il decreto ministeriale del 2013 contestato non c’è più e c’è una nuova normativa di recepimento della direttiva shopper, che non è messa in discussione dalla sentenza. Ci tengo a precisare, quindi, che l’attuale normativa sulle bioplastiche che recepisce la direttiva shopper del 2015 è perfettamente in vigore avendo seguito tutte le procedure previste. Purtroppo, quando non si riescono a trovare elementi contro normative pioniere che hanno anticipato l’evoluzione stessa del diritto europeo, ci si appella a forma e procedure. Ci siamo abituati, ma i fatti sono dalla nostra parte».

L’articolo Sacchetti di bioplastiche: la sentenza della Corte Ue riguarda un vecchio decreto non l’attuale legislazione italiana sembra essere il primo su Greenreport: economia ecologica e sviluppo sostenibile.