Parlare di Natale può far venire l’acquolina. Le feste natalizie, in Italia soprattutto, si portano dietro pranzi, cenoni, panettoni e torroni che sono tra i protagonisti indubbi di queste festività. Ener2Crowd, piattaforma italiana di crowdfunding energetico, ha stimato qualche anno fa che a Natale lo spreco alimentare fa un balzo e supera, nel nostro Paese, le 500 mila tonnellate. 500 mila tonnellate di cibo – soprattutto frutta e verdura, ma anche pane, latticini, carne –  che finiscono in discarica insieme a tutta l’acqua, l’energia, le materie prime necessari per produrli, confezionarli, trasportarli.

Ma da questo punto di vista un Natale diverso, come direbbe qualcuno, è possibile: un Natale che oltre alla gola – giustamente, sia chiaro – pensa anche all’ambiente e alle persone.

Vi raccontiamo qui – a titolo di esempio perché citarle tutte esula dai nostri obiettivi – alcune esperienze che aiutano a dare nuova luce ai banchetti di Natale. Lavorando non tanto sui consumatori finali, ma sulle fasi di produzione e distribuzione.

Bestbefore

Se volete ad esempio fare un regalo ad un amico risparmiando denaro e salvando del buon cibo dalla discarica, allora Bestbefore fa per voi. “Acquista il cibo imperfetto, di fine stock o vicino alla scadenza e risparmia fino al 70% sul prezzo di vendita”. Con questo claim la start up Bestbefore, fondata alla fine del 2020 da Nikas Bergaglio (Ceo), sta cercando di hackerare un modello economico, alimentare e infine anche sociale fondato sui diktat della grande distribuzione e del consumismo che porta con sé milioni di tonnellate di spreco. Bestbefore acquista il cibo imperfetto, di fine stock o vicino alla scadenza e lo vende online sulla propria piattaforma con sconti fino al 70%. “Andiamo direttamente dei produttori, là dove vediamo che c’è più spreco alimentare”, spiega Bergaglio: “Stiamo iniziando ad avere rapporti anche con la Gdo, ma oggi il 90% dei nostri prodotti arrivano direttamente dai produttori. O da locali che per vari motivi hanno chiuso e azienda fallite, dove ritiriamo tutto l’invenduto”. Si tratta di prodotti che hanno difetti di confezionamento, packaging obsoleto o grafiche non più in produzione, o che hanno un aspetto non conforme agli standard ricercati dalla Gdo e spesso proposti dalla pubblicità ai consumatori (“Gli imperfetti”). E poi prodotti fine stock: “In surplus di stock, perché magari prodotti in più dal produttore e mai venduti o di fine stock di un particolare lotto”. Dietro c’è una delle pratiche della Gdo che alimentano lo spreco: la cosiddetta FIFO (first in, first out): “Se  un’azienda produce il lotto numero 1 di un certo prodotto e poi, pur non avendo esaurito questo lotto, produce il lotto due, allora la Gdo acquista solo quest’ultimo, lasciando quello invenduto e bloccato in magazzino che resta del primo”. Terzo tipo di prodotti che possiamo acquistare da Bestbefore sono quelli a scadenza ravvicinata. Ma se pensate di alimenti che scadranno entro due o tre giorni vi sbagliate. Racconta ancora Bergaglio: “Scadenza ravvicinata per la grande distribuzione vuol dire anche il 60% della data di scadenza, oltre il quale i prodotti non vengono più acquistati. Parliamo a volte anche di 3, a volte 6 mesi dalla data di scadenza”.

I prodotti arrivano in tutta Italia (2,90 € a spedizione, gratuita invece per gli ordini superiori ai 29€) entro 4 giorni dall’ordine. Bestbefore propone anche una gift card e per Natale, offre “una deliziosa selezione di prodotti a sorpresa: ideale da regalare come alternativa ai soliti e ripetitivi cesti di Natale o da regalarsi per scoprire nuovi prodotti”.

A partire da novembre 2020, data ufficiale del lancio, Bestbefore ha salvato dalla pattumiera duemila tonnellate di cibo.

Leggi anche lo SPECIALE | Spreco alimentare

Babaco market

Altra start up antispreco nata nel 2020, anche questa, in piena pandemia è Babaco market, fondata da Luca Masseretti e Francesco Giberti. Il nome è quello di è un frutto dalla forma a stella: “A prima vista potresti scambiarlo per un peperone ma se lo assaggi sa un po’ di ananas e un po’ di fragola. Un vero e proprio frutto fuori dall’ordinario per natura”. Frutto scelto a simboleggiare i prodotti che Masseretti e Giberti vogliono mettere in commercio mentre le regole del mercato li tengono fuori: “Con Babaco market – spiegano – vogliamo portare a casa tua frutta e verdura diverse da quelle che sei abituato a vedere. Prodotti con piccoli difetti di buccia, dalle forme simpatiche e misure più piccole del solito, che non vengono accettati dai canali tradizionali, come i supermercati, e per questo sono spesso destinati allo spreco”. Tutta frutta e verdura IGP o DOP, proveniente da piccoli produttori e presidi slow food: “Prodotti che rispecchiano l’amore per il cibo e il rispetto delle tradizioni, dove il bello non esiste ma esiste solo il buono”. Ci si abbona (ma l’abbonamento si può interrompere in qualsiasi momento e senza costi aggiuntivi) ad un Box settimanale o quindicinale. Ci sono Bonsai Box: circa 6 kg, con 8-10 tipi di frutta e verdura di stagione, al costo di €20,90; o Jungle Box: circa 10 kg, con 11-13 tipi di prodotti per €28,90. La maggior parte dei prodotti, sottolineano gli ideatori di Babako market, “sono forniti sfusi all’interno della scatola, per limitare al massimo l’utilizzo dei materiali di imballaggio, plastica in primis”. La consegna, per ora, copre Piemonte, Lombardia, Veneto, Emilia Romagna. Babaco market permette di regalare gift card dal valore che va da €20,90 € fino ad oltre €230. E a Natale c’è uno sconto del 20% sulla prima e sulla seconda box acquistata.

E se ci sono alternative per poter fare una spesa anti-spreco anche a Natale, c’è chi ha fatto della lotta allo spreco alimentare il punto di partenza per costruire un sistema semplice e replicabile, che punta sull’inclusione e sulla partecipazione. Un nuovo modo di fare volontariato in cui i confini tra il volontario e il beneficiario sono sempre più sottili. In Italia sono diverse le realtà territoriali che si occupano di raccogliere il cibo invenduto, per lo più dei mercati rionali ma non solo, per poi distribuirlo gratuitamente. Vediamone alcune.

Leggi anche: Empori solidali: cosa sono, dove trovarli e perché sono utili contro lo spreco alimentare

Recup, nuova vita al cibo invenduto dei mercati di Roma e Milano

Recup nasce nel 2016 nel mercato di Papiniamo, a Milano, dall’idea di una ragazza che aveva visto un recupero di cibo a fine mercato quando era in Erasmus in Francia e ha voluto provare a replicarlo. Con altre due volontarie ha iniziato a cercare di dare una forma più organizzata ed igienica ad una raccolta che, di fatto, veniva già effettuata da alcune persone bisognose all’interno dei mercati milesi: così invece di sostituirsi a queste persone si è iniziato a collaborare con loro.

“Noi ci inseriamo – ha detto ad EconomiaCircolare.com Eleonora D’Elia, volontaria di Recup – in un momento in cui le bancarelle stanno chiudendo, i commercianti stanno andando a casa perché il loro turno di lavoro è finito ma non hanno ancora buttato il cibo invenduto. Facciamo il giro tra le bancarelle, recuperiamo frutta e verdura e poi allestiamo un banchetto in mezzo al mercato, anche insieme alle persone che hanno fatto il recupero, dove chiunque può prendere ciò che vuole”.

D’Elia vuole sottolineare, così come anche le associazioni intervistate, che non si tratta di una distribuzione tra una persona abbiente ad una meno abbiente: tutti collaborano e a prendere cibo sono spesso anche studenti fuorisede o persone attente all’ambiente, oltre ovviamente a una buona fetta di coloro che ne ha una vera necessità.

Al momento il progetto è attivo su 9 mercati a Milano e 8 a Roma, con un totale di 300 tra volontari e soci. Un’altra iniziativa dell’associazione è quella relativa al Mercato ortofrutticolo all’ingrosso di Milano dove Recup ha iniziato ad operare durante il lockdown con un progetto insieme al Comune di Milano e, in seguito, con l’Università degli Studi di Milano. “Ora siamo indipendenti, – racconta D’Elia – andiamo lì un giorno a settimana, il giovedì mattina: in una sola mattina, dalle 8 alle 12, recuperiamo in media 3 tonnellate di cibo”.

Numeri quelli riportati dall’associazione che fanno riflettere, se si pensa che è cibo ancora in buone condizioni che sarebbe potuto finire con buoni probabilità nell’indifferenziato: dall’inizio del progetto si sono salvate 600 tonnellate di cibo. In media vengono recuperate 8 tonnellate di frutta e verdura a settimana tra Milano e Roma e raggiunte 3000 persone.

ReFoodgees, tra lotta allo spreco alimentare e inclusione

A Roma poi sul cibo si sono costruite le fondamenta di un progetto di inclusione sociale che unisce una comunità e un quartiere. Nel 2017 al mercato dell’Alberone, nel settimo municipio, Viola Piroli De Andrade ha avviato, insieme ad altre due persone, un progetto di recupero degli invenduti del mercato.

“Dopo un anno, nel 2018, – racconta Viola Piroli De Andrade – siamo arrivati al mercato dell’Esquilino dove ReFoodgees è sbocciato: siamo passati da raccogliere un centinaio di chili a raccoglierne mille chili di cibo in due ore e siamo arrivati ad una trentina di volontari. Ci siamo resi conto che il cibo poteva anche essere un’occasione per socializzare, per la lotta all’esclusione sociale, alle discriminazioni e al razzismo”.

Una volta a settimana, il sabato pomeriggio – il giorno in cui si raccoglie con più facilità visto che i commercianti, essendo chiusi la domenica, sono più propensi a donare tutto ciò che è fresco e che non arriverebbe a lunedì – i volontari raccolgono frutta e verdura invenduta dal mercato, e pane da diversi panifici della città. Anche qui il cibo che finirebbe nel cassonetto è tantissimo: va da 600-700 chili a 1200-1300 chili in solo due ore.

Il nome ReFoodgees sta proprio a raccontare l’aspetto sociale del progetto, in cui ci si occupa sì di recupero di cibo ma anche e soprattutto di inclusione: tra le fila dei volontari ci sono persone che provengono da ogni parte del mondo così come tra le persone che vengono a fare la spesa gratuitamente; spesso sono proprio coloro che un tempo venivano a prendere il cibo ad essersi affezionati al progetto e essere passati dall’altra parte del tavolo, diventando volontari.

“Per noi l’impatto sociale – spiega Piroli De Andrade – è importante quanto lo spreco alimentare quindi abbiamo deciso di concentrarci sull’Esquilino che è una piazza che confà a quelle che sono le nostre aspirazioni di inclusione sociale. Nonostante non offriamo servizi sociali fungiamo da collante tra le richieste delle persone che intercettiamo, perché ormai dopo cinque anni siamo diventati anche un punto di riferimento per chi ha bisogno di diversi servizi: come quelli per le donne in gravidanza, per anziani soli o per chi è in cerca di lavoro”.

Sono diverse anche le attività collaterali legate al progetto: dalla distribuzione direttamente a casa di frutta e verdura per alcune famiglie, ad attività di riciclo creativo con i bambini, a laboratori, concerti musicali, spettacoli teatrali sino a campagne online in cui si suggeriscono ricette anti-spreco.

Tra questi vi è anche Ai Fornelli: una parte del cibo recuperato viene messo da parte e trasportato in una cucina che ospita l’organizzazione di volontariato per l’occasione. Qui due cuoche – in genere di donne migranti non impiegate ma che sono brave cuoche – cucinano piatti deliziosi, per lo più a base di verdure, come riso, pasta o cous cous. Il giorno seguente, la domenica, un centinaio di pasti viene distribuito fuori dal mercato per chi passa e per i senza fissa dimora. “Allestiamo dei tavoli e mangiamo tutti insieme, anche quella è un’occasione per condividere un pasto caldo insieme, diventa come una tavola calda all’aperto”, conclude.

Leggi anche: Usato e solidarietà: al centro del riuso di Maruggio la circolarità fa a meno dell’economia

ReFoodgees, Roma. Foto: Giorgia Spigarelli

Da Torino a Bari alle Marche: la lotta allo spreco che attraversa l’Italia

Oltre a quelle citate, sono tante le realtà territoriali che ogni giorno si impegnano per combattere la lotta allo spreco alimentare con le formule più disparate. Nelle Marche, ad esempio, i Foodbusters raccolgono il cibo in eccesso recuperato durante feste, meeting, cerimonie matrimoni e lo portano alla mensa sociale più vicina al luogo dell’evento, prevenendo la produzione di rifiuti e supportando allo stesso tempo chi offre un servizio di assistenza sociale. (Leggi l’intervista ai Foodbusters). A Bari Avanzi Popolo 2.0, ogni settimana raccoglie le eccedenze alimentari donate dai commercianti di quartiere: ci si muove insieme, a piedi, in bicicletta o scivolando sull’asfalto coi Pattinatori di Bari e si portano frutta, verdura e pane alla sede Caritas o a famiglie in difficoltà. 

A Torino poi c’è un bel fermento in questo senso: qui il recupero delle eccedenze alimentari è esteso e capillarizzato. All’interno dell’associazione ambientale Eco dalle Città, il progetto Repopp, nato dal recupero di ortofrutta nel mercato di Porta Palazzo, si occupa ora del recupero di cibo in 7 mercati cittadini e anche nei negozi, coinvolgendo nel processo anche dei richiedenti asilo e producendo un miglioramento della qualità della raccolta differenziata. L’associazione Eufemia opera su altri due mercati e nel 2018 è diventata copofila di un’iniziativa cittadina, Food Pride, che unisce anche altre realtà che operavano nel settore. Nel mezzo della seconda ondata della pandemia è poi nata l’idea dei sabato salvacibo, che ha messo insieme tante associazioni e volontari per fare recupero in circa 15 mercati di Torino e distribuire gratuitamente.

La Carovana Salvacibo – attiva anche a Milano, all’interno del progetto Milano Salvacibo, che opera anche nella raccolta nel mercati – recupera invece l’invenduto dai grossisti del Caat (Centro Agro Alimentare Torino) e lo dona ad associazioni ed enti. Torino Solidale è poi un altro progetto solidarietà sociale, volontariato e assistenza, promosso dalla Città di Torino – in collaborazione con il Banco Alimentare del Piemonte, il Banco delle Opere di Carità, la Fondazione Cottino e la Rete del privato sociale del territorio – che ha visto, a partire dalla fase emergenziale legate al covid19, diverse associazioni che si occupavano di eccedenze alimentari da mercati, supermercati e negozi affiancare gli acquisti e le donazioni del Banco alimentare.

Leggi anche: Le eccedenze alimentari ai tempi del Covid, la storia dei Foodbusters

© Riproduzione riservata

L’articolo Dalle piattaforme online al recupero degli invenduti del mercato: il Natale è anti-spreco proviene da Economia Circolare.