Ciò che in autunno era solo un auspicio, adesso si è trasformato in realtà: a Livorno arriveranno 10 mln di euro dal Piano nazionale di ripresa e resilienza (Pnrr) per finanziare il progetto di digestione anaerobica combinata – per fanghi da reflui civili, frazione organica dei rifiuti (Forsu), verde (sfalci e potature) – dal costo di circa 12 mln di euro.
«Abbiamo oggi la certezza definitiva che potrà andare avanti grazie a questo finanziamento il progetto molto importante per la realizzazione di un moderno impianto totalmente green e ispirato ai principi dell’economia circolare», dichiara l’assessore comunale allo Sviluppo economico Gianfranco Simoncini, commentando il decreto del ministero dell’Ambiente che approva la relativa graduatoria.
Il progetto dovrebbe prendere corpo nell’area accanto all’inceneritore cittadino, dove sono già presenti due digestori anaerobici che hanno un’importante volumetria addizionale da poter sfruttare; sarebbe dunque sufficiente un adeguamento di infrastrutture già esistenti, che in ingresso avrebbero fanghi di depurazione (per circa 5mila t/a) e Forsu (17mila t/a), dai quali ottenere biometano (1,8 mln mc l’anno) e 7mila t/a di fanghi disidratati e/o essiccati. Questi ultimi verrebbero poi indirizzati verso un impianto di compostaggio Aamps – ancora da realizzare – insieme a sfalci e potature dal territorio, per ottenere un ammendante compostato misto con fanghi.
Ancora nessuna certezza, invece, per i destini del termovalorizzatore cittadino – che valorizza energeticamente frazioni di rifiuti secche, diverse rispetto a quelle umide di cui si occuperebbe il digestore anaerobico – il cui spegnimento è al momento previsto entro un anno.
Allo stato attuale, però, nel perimetro dell’Ato Toscana costa ci sono altri impianti in grado di sostituire il termovalorizzatore di Livorno. E non ci saranno neanche tra dodici mesi, costringendo dunque allo smaltimento in discarica (o all’export) dei rifiuti generati localmente, in attesa che si realizzino (forse) impianti alternativi.
Di fronte a questa prospettiva, sindacati e altre parti sociali chiedono di mantenere attivo il termovalorizzatore fino a quando non si saranno concretizzate alternative impiantistiche più sostenibili e di prossimità: tra le proposte più interessanti avanzate in tal senso spicca quella di una “bio-piattaforma energetica” in grado di integrare il funzionamento del termovalorizzatore con quello del biodigestore.
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