L’Università di Firenze ha presentato a Siena, nel corso di un convegno organizzato da Cispel Toscana – in collaborazione con Utilitalia e col patrocinio della Regione – quali sono i vari materiali presenti tra i rifiuti toscani, che necessitano tutti di una filiera impiantistica di gestione adeguata.
Come si configura in questo contesto il territorio servito da Retiambiente, il gestore unico dei servizi di igiene urbana dell’Ato costa? A valle del convegno, il vicepresidente Maurizio Gatti pone l’accento su alcune frazioni merceologiche: «Tra i dati presentati è stato evidenziato che circa il 9% dei rifiuti totali è costituito da prodotti tessili o pellame, mentre il 6% è formato da prodotti sanitari, come pannolini e pannoloni. Il convegno ha quindi portato alla luce un’esigenza, a cui Retiambiente sta già offrendo una risposta».
Ovvero, è in previsione «la realizzazione di impianti proprio per il trattamento di rifiuti tessili, pannolini e pannoloni, ottenendo il finanziamento per investire nella zona lucchese di Capannori».
Ma c’è molto di più tra i nostri rifiuti differenziati, non solo tessile e pannolini. Frazioni estranee comprese, come quei rifiuti mal conferiti dalla cittadinanza che minano alla base la possibilità di un loro successivo riciclo.
«Esiste la necessità di migliorare ancora, perché purtroppo si riscontrano ancora materiali estranei, soprattutto nel multimateriale, che presenta un 28% di frazione estranea nella raccolta tradizionale e un 21% in caso di porta a porta – spiega Gatti – Per altre frazioni c’è uno scarto meno importante, ovvero un 5% di impurità, ma anche l’indifferenziato presenta talvolta materiali preziosi che potrebbero essere recuperati. Questo ci fa comprendere la necessità di riprendere comunicazioni mirate, concentrandoci in primis su organico e multimateriale, ma estendendo poi l’azione di educazione ambientale verso tutto ciò che può essere separato ancor più correttamente. Il piano industriale prevede di sviluppare anche gli aspetti comunicativi, fondamentali per offrire una consapevolezza ambientale diffusa e una conoscenza del sistema impiantistico, temi necessari ai fini di una transizione ecologica consapevole e di un’economica circolare sempre più indispensabile nella vita sociale».
Le necessità del territorio per l’economia circolare passano dunque da comunicazione e nuovi impianti. E non solo nell’Ato costa, ma in tutta la Toscana. Dati consolidati negli anni mostrano infatti, ad esempio, che anche nel contesto regionale circa il 20% di quanto raccolto in modo differenziato è da buttare di nuovo: flussi di rifiuti che vanno dunque indirizzati verso impianti di riciclo chimico o termovalorizzazione – nel territorio dell’Ato costa l’unico impianto di questo tipo è il termovalorizzatore di Livorno, al momento attivo ma che potrebbe chiudere a fine anno –, per evitare un maggior ricorso alle discariche o peggio all’export.
Si tratta di una gerarchia per la gestione sostenibile dei rifiuti che continuerà a valere anche in futuro e che non può essere elusa neanche raggiungendo un ipotetico 100% di raccolta differenziata, perché –come insegna il secondo principio della termodinamica –, ad ogni trasformazione la materia e l’energia si degradano, rendendo impossibile recuperarle in toto. E questo senza considerare le frazioni estranee presenti nella differenziata, che ad oggi pesano appunto il 20% circa.
L. A.
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