Il ministero dell’Ambiente e quello delle Imprese hanno attivato il nuovo “Tavolo nazionale per le materie prime critiche”, coinvolgendo anche gli altri principali attori pubblici e privati interessasti: la presidenza del Consiglio, il ministero degli Affari esteri, l’Istat, ma anche rappresentanti della Commissione europea e di agenzie europee, le associazioni di impresa ed esperti di settore.
«Dinanzi a una realtà che vede l’Europa fortemente dipendente da Paesi stranieri per queste materie prime, strategiche per la decarbonizzazione, è necessario adottare misure che promuovano sempre più l’economia circolare – spiega il ministro dell’Ambiente, Gilberto Pichetto – Dovremo investire di più per una migliore gestione degli scarti, puntando alla raccolta, alla selezione, e al recupero delle materie prime contenute nei rifiuti».
Sul fronte del riciclo c’è ancora moltissimo da fare, come testimonia ad esempio il recupero ancora molto basso di materie prime seconde dai rifiuti elettrici ed elettronici (Raee), tra le principali miniere urbane su questo fronte. Le idee in campo non mancano (si pensi all’innovativo progetto per recuperare materie prime critiche dagli scarti delle miniere sarde di granito), ma è già evidente che non basterà puntare sul riciclo: occorre sviluppare al contempo la diversificazione dei fornitori e l’apertura di nuove miniere su territorio europeo.
Si tratta di un’esigenza fondamentale non solo per dare corpo alla transizione ecologica, ma anche per sostenere l’intera economia italiana, dato che il 32% del Pil nazionale dipende proprio dall’impiego delle materie prime critiche.
«Il tavolo – argomenta nel merito il ministro delle Imprese, Adolfo Urso – è anche funzionale a definire il fabbisogno del Paese nella duplice transizione green e digitale, e per fornire utili elementi in vista del “Critical raw materials act” che sarà presentato dalla Commissione europea in primavera. Siamo assolutamente convinti che occorra soprattutto in questo campo una politica europea assertiva che utilizzi risorse comuni anche attraverso il Fondo sovrano europeo».
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