Il primo gennaio, in Giappone un terremoto di magnitudo 7,6 ha quasi provocato un nuovo incidente nucleare: le centrali di Shika e Kashiwazaki-Kariwa, i due siti nucleari vicini all’epicentro del sisma, erano fortunatamente chiuse dal 2011. Il terremoto è stato avvertito su quasi tutta l’isola di Honshu, l’isola principale del Giappone. Nella penisola di Noto, il sisma ha causato numerosi crolli di edifici e un numero significativo di vittime (più di 70 morti registrati il 3 gennaio 2024). Un incendio è scoppiato in un vecchio quartiere della città di Wajima, distruggendolo. Sono state osservate anche numerose frane. La Japan meteorologic agency (JMA) ha emesso un vasto allarme tsunami, il primo dal terremoto di Tōhoku (che dette il via alla catastrofe nucleare di Fukuscima Daiichi) nel 2011.
Gli attivisti no-nuke dicono che «Gli incidenti causati dal sisma nella centrale di Shika, così come le difficoltà della compagnia elettrica e della autorità di gestire questa crisi in modo corretto e trasparente dimostrano ancora una volta che la sicurezza nucleare presenta ancora dei difetti in Giappone… E questo rischia di essere sempre così se alcune misure non vengono prese con urgenza. Il piano di evacuazione del distretto di Fukura, a 1 km dalla centrale, ad esempio, prevede che i residenti si dirigano verso nord-est in caso di incidente nucleare. Ma il 1° gennaio questo avrebbe significato avvicinarsi all’epicentro del terremoto. Inoltre, circa il 70% dei comuni che potrebbero essere evacuati in caso di tsunami non hanno mai svolto un’esercitazione invernale».
Nonostante questi problemi e le promesse fatte dai diversi governi che si sono succeduti dalla catastrofe di Fukushima ad oggi, il Giappone sta prolungando la durata di vita di 60 anni degli 11 reattori nucleari rimessi in servizio dopo il disastro dell’11 marzo 2011 e mentre 43 reattori sono fermi per gravi problemi strutturali e di obsolescenza, il governo di Tokio sta costruendo nuovi reattori nucleari. Anche se, proprio come in Francia, il progetto rischia di rivelarsi complesso da realizzare, estremamente costoso e, ovviamente, molto pericoloso. Intanto, molti degli 11 reattori sopravvissuti alla tragedia nucleare di Fukushima Daiichi sono attualmente in manutenzione e nel 2020 meno del 5% dell’elettricità prodotta in Giappone proveniva dall’energia nucleare, rispetto al 30% prima del disastro di Fukushima.
E a 13 anni dall’incidente di Fukushima, il disastro non è finito: nell’agosto 2023, nonostante l’opposizione della popolazione giapponese, dei pescatori , delle popolazioni e dei governi dei Paesi vicini, la Tokyo Electric Power Company (TEPCO) che gestiva la centrale di Fukushima Diichi e che ora ne gestisce il cadavere radioattivo, ha iniziato a scaricare nell’oceano gli 1,3 milioni di m3 di acqua radioattiva accumulata in giganteschi serbatoi i dopo l’incidente. Nonostante quest’acqua sia stata trattata, contiene ancora elementi radioattivi: trizio, cesio 134 e 137, stronzio 90, iodio 129, carbonio 14, ecc. La stessa operazione di filtraggio ha causato l’irradiazione di diversi “liquidatori” e la fuoriuscita di 5,5 tonnellate di acqua estremamente radioattiva sul sito di Fukushima Daiichi.
L’intrernational atomic energy agency ha dato il suo benestare a questo piano di rilascio di acqua contaminata nell’oceano Pacifico perché il tasso di concentrazione del trizio nell’acqua è inferiore agli standard internazionali, ma molte associazioni ambientaliste e dei cittadini e le cooperative dei pescatori denunciano che l’impatto del trizio sull’ecosistema e sulla catena alimentare a lungo termine è stato studiato molto poco e chiedono che venga attuato il principio di precauzione e quindi lo stoccaggio dell’acqua contaminata in loco e sotto sorveglianza.
Ruiko Muto, delegata dei cittadini e del movimento antinucleare nel processo penale contro i dirigenti della TEPCO, ha detto che «Il giorno prima dell’inizio dei rilasci, sono salita sulla barca noleggiata dal Centro cittadino per le misurazioni della radioattività nella città di Iwaki. E dal mare, ho guardato la centrale elettrica di Fukushima Daiichi con un sentimento di disperazione insopportabile. Dal marzo 2011, un’enorme quantità di sostanze radioattive continua a riversarsi nel mare. A queste si aggiungerà ormai, per decenni, quest’acqua contaminata che avvelenerà tutti i mari del mondo! Bisogna impedire la decisione del governo che ci ferisce profondamente».
L’articolo A 13 anni da Fukushima, il nucleare giapponese non è diventato più sicuro sembra essere il primo su Greenreport: economia ecologica e sviluppo sostenibile.