Anno dopo anno, continua ad ampliarsi il deficit impiantistico per la gestione dei rifiuti urbani generati ogni giorno in Italia – per non parlare dei rifiuti speciali, che sono il quintuplo –, con pesanti ricadute sia in termini di sostenibilità ambientale sia sul portafoglio dei cittadini.

A spiegarlo è il Green book 2023, il nuovo rapporto sui rifiuti urbani promosso da Utilitalia e realizzato dalla fondazione Utilitatis, quest’anno in collaborazione con Ispra, Enea e Ancitel energia e ambiente.

Nel 2021il fatturato di settore (considerando un campione di 534 aziende) ha raggiunto circa 13,5 miliardi di euro, pari a circa lo 0,8% del Pil nazionale, occupando circa 100mila addetti: numeri imponenti dietro i quali si cela però una realtà molto frammentata.

L’analisi delle gare per l’affidamento dei servizi (pubblicate nel periodo 2014-2022) documenta infatti che la maggior parte delle gare (l’87% di 2.499 analizzate) viene bandita per affidamento del servizio ad un solo Comune; inoltre l’85% delle gare per l’affidamento dei servizi di gestione ha una durata pari o inferiore a 5 anni. La maggior parte delle gare (il 67%) è localizzata al Sud, per effetto della ridotta presenza di gestioni industriali in questa parte del Paese.

Proprio il Mezzogiorno continua a presentare un significativo deficit impiantistico che non consente la corretta chiusura del ciclo dei rifiuti, contribuendo al differenziale di spesa per il servizio di igiene urbana.

A causa del maggiore costo sostenuto per il trasporto dei rifiuti verso impianti fuori Regione, infatti, il Sud registra la Tari più alta del Paese, con 368 euro/abitante nel 2022, staccando Centro (335 euro) e Nord (276 euro): una realtà che è peggiorata rispetto a quella censita nel Green book 2022, che testimoniava gap inferiori, seppur di poco.

Qualche esempio? Si guardi alla frazione organica dei rifiuti urbani: a livello nazionale sono circa 1,3 milioni le tonnellate trattate in impianti di Regioni diverse da quelle di produzione. Con il raggiungimento degli obiettivi europei di economia circolare – riciclo al 65% e discarica massimo al 10% – la stima del fabbisogno impiantistico al 2035 per il trattamento dell’organico mette in rilievo l’autosufficienza del Nord Italia e della Sardegna, mentre Centro, Sud peninsulare e Sicilia presentano un importante deficit.

Come migliorare? Secondo una stima di Utilitalia del 2023 che non tiene conto degli interventi finanziati dal Pnrr, per rispettare gli obiettivi Ue il fabbisogno impiantistico al 2035 è stimato in 4-5 miliardi di euro per il trattamento della frazione organica e per il recupero energetico delle frazioni non riciclabili; a questi vanno sommati 1,2 miliardi di euro per l’incremento della raccolta differenziata, 600 milioni di euro di investimenti finalizzati a mettere in servizio le strutture dedicate al fabbisogno residuale di discarica del 10% e infine altri 300 per l’implementazione della tariffa puntuale.

«Nel complesso quindi – evidenzia il presidente di Utilitalia, Filippo Brandolini – la stima del fabbisogno di settore al 2035 è pari a 6-7 miliardi di euro, ovvero tra i 0,5 e i 0,6 miliardi di euro l’anno. Il Green Book evidenzia l’importanza di una gestione industriale dell’intero ciclo dei rifiuti, la necessità di realizzare impianti soprattutto al Centro-Sud e l’urgenza di superare le frammentazioni gestionali».

L’articolo All’economia circolare dei rifiuti urbani mancano investimenti per 600 mln di euro all’anno sembra essere il primo su Greenreport: economia ecologica e sviluppo sostenibile.