La frequenza con cui gli eventi atmosferici disastrosi si susseguono è tale da non poter più essere considerata eccezionale e anche i calcoli statistici sulla periodicità delle alluvioni andrebbero rivisti.

A Campi Bisenzio, tanto per fare un esempio, nel Novecento ci sono state alluvioni nel 1926, nel 1966, nel 1991 e ora questa del 2023 peggiore delle precedenti.

Purtroppo a sei giorni di distanza dalle rotture degli argini e degli straripamenti, l’emergenza a Campi Bisenzio e nel pratese c’è ancora.

Tutti noi siamo in contatto con i nostri consiglieri comunali che sono sul campo ad aiutare e che ringrazio, ma da loro apprendiamo che i soccorsi si stanno muovendo in gran parte in modo autonomo, spontaneo, grazie alle migliaia di persone, soprattutto giovani, che si sono recate ogni giorno a Campi a spalare il fango, inizialmente senza nemmeno l’attrezzatura idonea.

A Campi Bisenzio ancora ieri sera c’era un solo punto di raccolta dei rifiuti, per una montagna indescrivibile di rifiuti e i camion erano in coda in attesa di scaricare nell’unico sito autorizzato di Alia.

Ancora ieri molte cantine erano allagate; le idrovore dei pompieri hanno una sezione dei tubi troppo grande che se non sono immersi completamente non riescono a portare via l’acqua. I privati e i volontari si stanno organizzando in modo autonomo.

A Vaiano e Prato montagne di rifiuti industriali, filati e tessili infangati attendono di essere smaltiti; il torrente intubato è “riemerso” ed ha investito la frazione de La Briglia portando una gran massa di acqua e detriti dentro le case e le aziende dove, nonostante la pericolosità idraulica della zona, sono state autorizzate costruzioni impattanti proprio sul percorso dei torrenti.

C’è evidentemente un problema enorme nella gestione dell’emergenza, nella catena di comando, nella distribuzione delle risorse, nell’organizzazione dei soccorsi che non si può continuare ad  ignorare, ma deve essere risolto.

Quando sarà finita la fase dei soccorsi, della conta dei danni, dovremo cominciare a parlare delle cause, delle soluzioni, di cosa non è stato fatto, cosa è stato sbagliato, come si può rimediare e soprattutto cosa si può imparare da questa esperienza.

È un modello di società che va ripensato, va rivista la pianificazione urbanistica; va capito che non si possono ignorare le leggi dell’idraulica, che la regimentazione delle acque non può essere casuale, che non si può più rimandare la transizione energetica, che non si possono considerare le foreste solo come fonti di reddito per la produzione di legno, che la natura va rispettata.

In questa fase di emergenza tutti dovrebbero fare la loro parte senza rimpalli di responsabilità fra Governo, Regione e Comuni. I cittadini toscani si aspettano una risposta univoca da parte delle istituzioni.

 

di Silvia Noferi

Consigliera della Regione Toscana, Movimento 5 Stelle

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