Nonostante la normativa italiana prevedesse la necessità di raggiungere una raccolta differenziata pari ad almeno il 65% entro il 31 dicembre 2012, a un decennio di distanza l’obiettivo non è stato ancora traguardato a livello di sistema-Paese e neanche all’interno di larga parte dei Parchi nazionali, come testimonia oggi Legambiente con un nuovo report sul tema.
Nel dossier, il cigno verde rielabora i dati Ispra relativi al 2021 sulla raccolta differenziata di 498 comuni dei 24 Parchi nazionali, che interessano 1.471.319 ettari di territorio protetto e una popolazione di 2.789.748 abitanti.
Dei 24 Parchi nazionali solo in 9 i Comuni raggiungono l’obiettivo del 65% di raccolta differenziata: Dolomiti bellunesi, Pantelleria, Maiella, Cilento, Cinque terre, Asinara, La Maddalena, Val Grande e Arcipelago toscano.
«Molteplici gli effetti negativi – argomentano da Legambiente – I rifiuti abbandonati e la non corretta gestione dei rifiuti urbani diventano non solo un detrattore ambientale e un rischio per la fauna selvatica protetta; ma impattano anche sull’attrattività turistica»
La percentuale media di raccolta differenziata di tutti i Comuni dei 24 Parchi nazionali è infatti ancora insufficiente e pari al 60,79% e cresciuta di appena il 3% tra il 2020 e il 2021; la miglior performance è del Parco nazionale delle Dolomiti bellunesi, con una media dell’86,68%.
Sono invece 265 (+9,3%) i Comuni che superano il 65% di raccolta differenziata e 87 (stabili) quelli in cui la produzione pro-capite di rifiuti avviati a smaltimento è inferiore ai 75 Kg/ab/anno.
«Per raggiungere gli obiettivi al 2030 e favorire la transizione ecologica soprattutto nei parchi, territori ricchi di natura ma più esposti ai cambiamenti climatici, serve un cambio di passo con politiche territoriali efficaci e coerenti. – dichiara Antonio Nicoletti, responsabile aree protette di Legambiente – I dati di Parchi Rifiuti Free fotografano una situazione di forte ritardo di troppi Comuni e desta particolare preoccupazione la situazione dei 56 Comuni che hanno il 100% del proprio territorio in un Parco nazionale che sono, però, ben lontani, tranne rare eccezioni, dall’obiettivo del 65% di raccolta differenziata».
Il cambio di rotta, secondo Legambiente, non può non passare dall’utilizzare al meglio le misure di sostegno previste dalla legge finanziaria 2021 (l.30/12/2020 n.178) che prevede per le Zea (Zone economiche ambientali) dei Parchi nazionali un totale di 30 milioni per il biennio 2021-2022. Risorse importanti, che però i parchi non sono ancora riusciti a impegnare, anche a causa di una difficile applicazione della norma, e che andrebbero rimodulate e indirizzate nella giusta direzione per far raggiungere ai Comuni gli obiettivi previsti.
Infine, sarebbe utile ricordare che la raccolta differenziata – l’unità di misura scelta da Legambiente per rappresentare l’efficacia della gestione rifiuti nei Comuni dei Parchi nazionali – non rappresenta un fine di per sé ma “solo” uno strumento utile a massimizzare la quota di rifiuti avviabile a riciclo: questo significa dotare i territori di tutta l’impiantistica di prossimità necessaria, dalle piattaforme di selezione agli impianti di riciclo chimico (o in subordine termovalorizzazione) e discarica per le frazioni non riciclabile, e infine favorire il ri-acquisto sul mercato dei prodotti riciclati.
Peraltro, da circa 20 anni per enti e società pubbliche vige l’obbligo di acquistare beni riciclati per almeno il 30% del fabbisogno annuale. Quanti dei Comuni e dei Parchi censiti ottemperano a quest’obbligo? Sarebbe utile saperlo, magari all’interno del prossimo report Legambiente in materia.
L’articolo Ancora insufficiente la raccolta differenziata nei Parchi nazionali, ferma in media al 60,79% sembra essere il primo su Greenreport: economia ecologica e sviluppo sostenibile.