Nella settimana del Black Friday, mentre siamo sommersi da offerte di prodotti in saldo, il Wwf ricorda che il Pianeta non fa sconti e, anche con il video #IlPandaSiamoNoi vuole fare riflettere le persone sull’impatto delle loro scelte negli acquisti, che apparentemente fanno risparmiare, ma fanno pagare un caro prezzo alla Natura e alla nostra salute.
Nel video c’è una scena di shopping sfrenato nella quale alcune persone si contendono, strappandosi letteralmente dalle mani, vestiti a basso costo, come se poterseli accaparrare fosse un’esigenza vitale, una necessità. Il Wwf sottolinea che «L’immagine è volutamente eccessiva, simbolo del sovra consumo camuffato da affare che raggiunge l’apice in questo periodo dell’anno attraverso numerosi acquisti online e in negozio. Questa scena, infatti, rappresenta l’emblema del paradosso che stiamo vivendo: ci contendiamo vestiti e prodotti di moda, che acquistiamo magari a un prezzo basso, per poi indossarli pochissime volte e buttarli velocemente. Dietro il costo molto basso che paghiamo per portare a casa quel capo si nascondono infatti l’utilizzo di materie prime di bassa qualità e additivi chimici, elevate emissioni di gas serra, l’utilizzo e lo spreco di risorse come suolo e acqua e l’inquinamento delle falde acquifere e degli ecosistemi acquatici, ma anche lo sfruttamento di lavoratori che spesso vivono dall‘altro capo del mondo».
Negli ultimi 20 anni, il tempo di utilizzo dei vestiti è diminuito del 36%, con ogni capo utilizzato in media solo 7 o 8 volte. Ogni anno in Europa vengono buttati via circa 5 milioni di tonnellate di indumenti, circa 12 kg a persona che finiscono negli inceneritori e nelle discariche, dentro e fuori l’Europa. Si stima che solo l’1% di tutti i vestiti in Europa venga riciclato in nuovi prodotti.
Il Wwf ricorda che «La produzione e il consumo di tessili sono direttamente collegati al degrado del suolo, alla conversione di ecosistemi naturali in terreni coltivati, all’inquinamento, al cambiamento climatico e alla perdita di biodiversità. L’industria tessile è al quarto posto per l’impatto ambientale, dopo la produzione alimentare, l’edilizia e la mobilità. Per produrre i capi di abbigliamento, le calzature e i tessili per la casa acquistati dalle famiglie europee, infatti, vengono utilizzatecirca 175 milioni di tonnellate di materie prime primarie, pari a 391 chili ad abitante, di cui il 40% è attribuibile ai vestiti. Questi dati classificano i tessili come il quinto maggiore settore di consumo in Europa in termini di utilizzo di materie prime primarie. La produzione di tessili richiede anche grandi estensioni di terreno: ogni anno sono necessari 180.000 chilometri quadrati, di cui solo l’8% in Europa. Oltre il 90% del consumo di suolo avviene fuori, soprattutto in Cina e India. Il settore tessile diventa così il terzo maggiore utilizzatore di suolo, dopo il la produzione alimentare e il settore abitativo. A persona il consumo di tessili richiede 400 m2 di terreno, 9 m3 di acqua, 392 chili di materie prime e l’emissione di 270 kg di CO2».
Il Panda sottolinea che «Il consumismo, elemento centrale di un sistema economico perverso che mira alla crescita infinita, è forse il fenomeno più sorprendente nella storia della civiltà umana. Va oltre l’aspetto del consumo elevato, è un modo di relazionarsi con le cose, un insieme di atteggiamenti e abitudini che finiscono per modellare la persona e il suo comportamento. Abbiamo fatto e stiamo facendo un uso insostenibile delle risorse naturali: il Pianeta su cui viviamo non è in grado di sostenere ancora a lungo l’impatto delle nostre attività e l’eccesso del consumo di risorse».
Ma il wwf ricorda anche che esistono tanti i modi per ridurre l’impatto dell’azione umana sul Pianeta, anche nel settore tessile: «In fase di progettazione dei capi, ad esempio, un’attenta selezione della qualità dei materiali aumenta la resistenza e la solidità del colore, garantendone la durata e la riparabilità dei tessuti, quindi la loro longevità. Il passaggio a un modello di business sostenibile, che ottimizzi l’uso delle risorse è oggi più che mai necessario, insieme all’aumento del riutilizzo e riciclo dei materiali. Anche i consumatori possono fare la loro parte acquistando il giusto, facendo più attenzione al design senza tempo (il vintage non passa mai di moda), alla cura del prodotto e all’offerta di servizi di riparazione».
Gli impatti ambientali del Black Friday in termini di inquinamento atmosferico preoccupano il presidente della Società Italiana di Medicina Ambientale (Sima) Alessandro Miani: «La crescita costante del numero di italiani che aderisce al Black Friday attraverso acquisti online e nei negozi fisici ha ripercussioni dirette sull’ambiente. Basti pensare che nella settimana di sconti speciali un numero ingente di utenti si sposta utilizzando l’automobile per recarsi presso centri commerciali e punti vendita e fare acquisti a prezzi ribassati, incrementando così le emissioni inquinanti di CO2, ossidi di azoto e poveri fini rilasciate in atmosfera. Ma sono soprattutto gli acquisti online ad avere un forte impatto sull’ambiente: un prodotto comprato sul web in Italia deve essere infatti imballato, spedito e consegnato al domicilio del cliente, passando da hub e magazzini vari, spesso percorrendo migliaia di chilometri a bordo di aerei e camion prima di arrivare a casa dell’acquirente. Quando sono milioni i consumatori che fanno acquisti contemporanei in un arco di tempo ristretto, i costi ambientali si impennano raggiungendo livelli altissimi».
In base alle stime di Sima, «gli italiani che acquisteranno online e nei negozi fisici durante l’intera settimana del Black Friday, contribuiranno all’immissione in atmosfera di circa 500mila di tonnellate di CO2 a livello globale, considerando sia il trasporto merci legato alle consegne dei prodotti ordinati online e provenienti dalle varie parti del mondo, sia la maggiore circolazione di autoveicoli privati, con conseguenze negative sull’inquinamento atmosferico e sul cambiamento climatico».
E, a proposito di cambiamento climatico, commentando l’allarme lanciato da Copernicus secondo il quale a novembre la temperatura media della superficie degli oceani è stata di 20,79 gradi, la più alta finora registrata e ben 0,4 gradi sopra le medie del periodo, la Sima evidenzia che «L’aumento delle temperature ha effetti diretti sulla salute umana, e incrementa il rischio di malattie trasmesse attraverso acqua, cibo, insetti e parassiti».
La Sima spiega che «Il surriscaldamento globale altera l’equilibrio di tutti gli ecosistemi minacciando gli elementi essenziali della vita umana come acqua, aria e cibo, e modifica la frequenza e la distribuzione di molte malattie infettive. L’aumento delle temperature medie crea le condizioni ideali per la trasmissione di molteplici agenti patogeni: grazie alla maggiore umidità proliferano ad esempio zecche, zanzare e parassiti che diffondono malattie anche gravi come il virus Zika, la febbre dengue e la malaria. Ma a crescere è anche il rischio di malattie idrotrasmesse: piogge intense e alluvioni, eventi direttamente connessi al cambiamento climatico, fanno straripare corsi d’acqua e mandano in tilt le reti fognarie, diffondendo tra la popolazione agenti virali quali virus delle epatiti A ed E, Enterovirus, Adenovirus, Norovirus, Rotavirus, contaminando anche la catena alimentare. E proprio sul fronte del cibo l’innalzamento delle temperature medie incrementa la sopravvivenza delle cisti di protozoi patogeni e i batteri responsabili di alcune sindromi gastroenteriche, anche a causa della contaminazione di alcuni prodotti alimentari, come ad esempio i prodotti ittici».
Miani conclude: «A tali fenomeni si associa quello psicologico, che non deve essere sottovalutato. E’ stato di recente coniato il termine “solastalgia” per indicare proprio l’angoscia provocata dal drastico cambiamento del clima: gli eventi climatici estremi provocano uno stato di stress e ansia tra i cittadini più vulnerabili che può sfociare in disturbi post-traumatici e addirittura in suicidi».
L’articolo Black Friday, Wwf: il pianeta non è scontato (VIDEO) sembra essere il primo su Greenreport: economia ecologica e sviluppo sostenibile.