Ieri alle 5:15 di mattina una quindicina di attivisti di Greenpeace France hanno fatto irruzione nel cantiere dell’EPR a Flamanville e ne hanno bloccato l’ingresso per denunciare «La volontà di Emmanuel Macron e di altri candidati alle elezioni presidenziali di costruire nuovi reattori EPR, a dispetto di i rischi e le incertezze legate al nucleare».

Gli attivisti sono arrivati a poche decine di metri dall’edificio del reattore dove hanno dispiegato  uno striscione con la scritta “ Nucléaire : Macron irresponsable”. Un camion con la scritta “+ EPR = + fiascos” con sopra due attivisti incatenati al mezzo ha bloccato l’ingresso al sito nucleare, impedendo il passaggio, mentre altri ambientalisti hanno montato due strutture metalliche alte 5 metri sulle quali sono saliti due climbers di Greenpeace muniti di scritte “Pour la paix, ni fossiles, ni nucléaire”.

Tra gli attivisti che hanno effettuato il blitz c’era an che Jean-François Julliard, direttore generale di Greenpeace France, che è stato arrestato e che ha spiegato così il senso della sua partecipazione a un’azione diretta: «Ho scelto di impegnarmi personalmente in questa azione perché siamo a pochi giorni da un’elezione cruciale per il futuro ecologico ed energetico della Francia. La maggior parte dei candidati a queste elezioni presidenziali ignorano i rischi nucleari e vogliono condannarci all’uso di questa energia fino alla fine del secolo. Come Greenpeace abbiamo il dovere di mettere in atto tutti i mezzi pacifici necessari per ricordare alla gente i pericoli del nucleare e le possibili alternative».

Durante la campagna presidenziale, Emmanuel Macron, Marine Le Pen, Eric Zemmour, Valérie Pécresse e Fabien Roussel hanno scelto di competere su chi prometteva da 6 a 20 nuovi EPR. Nicolas Nace, responsabile transizione energetica di Greenpeace France sottolinea che «I candidati che si affidano alla costruzione di nuovi reattori sono irresponsabili: stanno sostenendo un’energia pericolosa, carente, costosa e fuori tempo massimo di fronte all’emergenza climatica».

Greenpeace France fa notare che «La guerra condotta dalla Russia in Ucraina mostra fino a che punto avere centrali nucleari sul proprio suolo rappresenti una forte vulnerabilità in caso di conflitto armato. Dall’inizio del conflitto, sempre più cittadini in Francia hanno espresso legittime preoccupazioni sui rischi nucleari. Ad oggi, le autorità francesi non sono molto trasparenti sulla protezione delle centrali nucleari, presenti e future, contro gli attacchi diretti e gli incidenti e la destabilizzazione insita nelle guerre. Costruire nuove EPR significa anticipare nuovi fiaschi, come quello dell’EPR di Flamanville, che è in ritardo di 10 anni e il cui costo totale supererà i 19 miliardi di euro».

Nace aggiunge: «Chiedere un rilancio del nucleare è candidarsi al fiasco. Intraprendendo questa strada, la Francia perderà tempo e risorse preziose nella lotta al cambiamento climatico. Questi ritardi non possono essere compensati».

E’ lo stesso Julliard, a ricordare che «L’industria nucleare francese è fortemente dipendente dall’estero, in particolare dalla Russia, sia per la fornitura di uranio da un Paese sotto l’influenza russa, il Kazakistan (45% del nostro fabbisogno) sia per il trattamento di scorie radioattive di cui non sappiamo più cosa fare sul nostro territorio. Inoltre, per ogni reattore nucleare costruito e venduto da Rosatom (il colosso nucleare russo), fino a un miliardo di euro andrebbe alle aziende francesi che progettano e forniscono componenti per reattori. In altre parole, EDF e il resto dell’industria nucleare francese hanno tutto l’interesse a vedere Rosatom prosperare. E’ particolarmente ipocrita nel contesto attuale chiedere di fermare le importazioni di gas russe senza mettere in discussione le solide partnership industriali forgiate con l’industria nucleare russa. Di fronte agli innegabili problemi posti da petrolio, gas fossile, carbone e nucleare, la vera indipendenza energetica richiede una politica proattiva di risparmio energetico ed efficienza energetica unita allo sviluppo delle energie rinnovabili, le uniche energie sicure che non finanziano il conflitto e lo rendono possibile affrontare la crisi climatica».

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