Nel corso del 2021 sono oltre 510mila le tonnellate di rifiuti da apparecchiature elettriche ed elettroniche (Raee) che gli impianti italiani hanno avviato a recupero, ma – come testimonia il Centro di coordinamento Raee, che ha appena pubblicato il nuovo rapporto annuale sull’attività di gestione – una crescita del 6,6% rispetto ai dati dichiarati nel 2020 non basta per avvicinarsi al target europeo, che continua anzi ad allontanarsi.
Uno dei fattori a cui si deve ricondurre questo ritardo è la forte crescita dell’immesso al consumo di apparecchiature elettriche ed elettroniche (Aee), la cui media nel triennio 2018-2020 si attesta a 1.476.955 tonnellate (+13,5% rispetto al triennio precedente).
A far “esplodere” i dati d’immesso degli ultimi anni hanno contribuito l’open scope, entrato in vigore nell’agosto 2018, che ha esteso gli obblighi dei produttori a tutte le Aee eccetto quelle esplicitamente escluse dalla direttiva stessa, e l’aumento delle vendite di apparecchiature domestiche avvenuto nei recenti mesi di pandemia; questo ha determinato un immediato incremento delle tipologie di apparecchiature conteggiate come immesso.
Non solo: entrando nel dettaglio delle tipologie, i maggiori quantitativi di Raee raccolti riguardano i grandi bianchi (R2) e freddo e clima (R1), ma l’incremento maggiore (+23,8%) lo registrano TV e apparecchi con schermi (R3), determinato dall’importante incremento della raccolta che ha caratterizzato l’ultimo quadrimestre dell’anno a seguito dell’erogazione del Bonus TV.
Di fatto, queste dinamiche si traducono in un tasso di raccolta Raee che in Italia si attesta al 34,56%, in linea con il trend di decrescita registrato dal 2019 e distante oltre 30 punti percentuali dal target europeo, che la direttiva 2012/19/Ue ha fissato al 65% (da intendersi come rapporto tra i Raee raccolti nell’anno di riferimento e la media delle Aee immesse sul mercato nel triennio precedente).
«Anche nel 2021 c’è stato un ulteriore incremento nella quantità di Raee avviati a trattamento in Italia – conferma Fabrizio Longoni, dg del Centro di coordinamento – Nonostante il buon lavoro effettuato da tutti i soggetti che costituiscono la filiera degli operatori del sistema, il tasso di avvio al trattamento dei rifiuti tecnologici in Italia scende rispetto all’anno precedente (34,5%), e si attesta su un valore di oltre 30 punti percentuali sotto il target che la comunità europea ha assegnato agli stati membri. Come sempre, ricordiamo si deve riflettere su quali siano le cause di una distanza così ingente dall’obiettivo. Sul banco degli indagati sale, da protagonista, la raccolta. L’impatto negativo sui risultati è dovuto alla carenza della raccolta e alla scorretta gestione favorita anche dalla pressoché assoluta mancanza di controlli da parte degli organi preposti mirati a contrastare la gestione illegale dei Raee. A questo dato negativo fa da contraltare il lavoro di qualità svolto dagli impianti italiani di trattamento dei Raee che proseguono in un iter di evoluzione qualitativa di assoluto livello, a cui si accompagnano costanti investimenti in sviluppo tecnologico».
Gli impianti di trattamento Raee che hanno dichiarato i volumi di rifiuti elettronici gestiti nel 2021 sono 1.058, in lieve crescita rispetto al 2020 e con una distribuzione assai diseguale sul territorio nazionale: 739 si trovano al Nord, 144 al Centro, 175 al Sud. Dati che comprendono sia gli impianti che si occupano del trattamento per il recupero delle materie prime sia quelli che svolgono semplice attività di stoccaggio dei rifiuti in attesa dell’invio a un impianto di trattamento.
Nel loro complesso, come già accennato questi impianti hanno avviato a recupero 510.367 tonnellate di Raee; il 76,9% dei volumi trattati proviene da nuclei domestici (+6,2%), mentre il restante 23,1% è riconducibile ai Raee professionali (+8%).
Si tratta di rifiuti particolarmente importanti da recuperare, in quanto contengono molte materie prime critiche di cui il nostro Paese – manifatturiero ma storicamente dotato di poche commodity – si approvvigiona dipendendo dall’import, una soluzione molto onerosa soprattutto in questa fase storica.
Al contrario, la corretta gestione dei Raee rappresenterebbe la migliore occasione per l’Italia di mettere a frutto quelle che già vengono definite “miniere urbane”, eppure anche su questo fronte resistono approcci troppo naif.
«Fanno sorridere, per non mettersi a piangere – chiosa Longoni – idee bizzarre provenienti dall’ambiente politico che, prive di una base industriale e di qualsiasi prospettiva logica e di mercato, fantasticano su immaginari percorsi di industrializzazione pseudo-mineraria, senza aver contezza di cosa sia realmente necessario fare per estrarre materie prime dai Raee. Soprattutto senza interrogarsi su quanto si raccoglie e con quanti Raee si deve alimentare un impianto di trattamento. Concentriamoci sul necessario per lo sviluppo futuro, la raccolta, e lasciamo la fantasia al mondo dell’irrealtà».
L. A.
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