Legambiente ha rivolto un appello al governo Draghi: «Con il nucleare non si scherza. Il Governo italiano chieda la chiusura della vecchia centrale nucleare di Krško, sita in Slovenia e distante a poco più di 100 chilometri dal confine italiano, e si opponga al prolungamento della vita della struttura per altri vent’anni, ossia dal 2023 al 2043. Non sono ammessi più ritardi, l’Italia in qualità di Paese confinante si pronunci nel merito come ha già fatto l’Austria».
All’appello il Cigno Verde ha allegato le osservazioni E per la VIA transfrontaliera sull’estensione del ciclo di vita dell’impianto fino al 2043, e spiega: «Stiamo parlando di una struttura ormai vecchia e obsoleta, entrata in esercizio nel 1983, costruita in una zona sismica, priva di un deposito per smaltirne i rifiuti e che la Slovenia vuole anche ampliare. Il progetto di prolungamento della vita dell’impianto ad altri 20 anni è stato sottoposto a VIA transfrontaliera e sono stati chiamati ad esprimersi i Paesi confinanti e quelli coinvolti: Italia, Austria, Slovenia, Croazia, Bosnia, Ungheria.
Ad oggi l’Italia non si è ancora espressa nel merito, nonostante sia stata anche presentata a febbraio un’interrogazione parlamentare dall’ On. Rossella Muroni insieme a Cecconi, Fioramonti, Fusacchia e Lombardo, indirizzata al presidente del Consiglio dei ministri Mario Draghi e ai ministri degli esteri Luigi Di Maio e della Transizione ecologica (MiTE) Roberto Cingolani, per chiedere loro “Se il Governo intenda comunicare alla Slovenia la contrarietà dell’Italia al prolungamento della vita della centrale”. Interrogazione a cui non è mai seguita una risposta. Intanto in questi mesi le associazioni ambientaliste di tutti i paesi coinvolti si sono unite per ribadire il proprio no alla centrale nucleare e lo scorso 16 giugno hanno manifestato davanti all’impianto».
Di fronte al silenzio del governo italiano, Legambiente è tornata a sollecitare l’esecutivo Draghi con una sulla questione e lo fa attraverso una conferenza stampa organizzata da Legambiente Friuli Venezia Giulia, Legambiente Trieste e GLOBAL2000 ,che ha descritto le osservazioni presentate dalla parte austriaca. Il sismologo Livio Sirovich, che ha spiegato le osservazioni inviate formalmente al Ministero da un gruppo di scienziati (geologi, sismologi e geofisici) nell’ambito della Consultazione transfrontaliera sulla proposta di estensione del funzionamento della centrale nucleare di Krško per altri 20 anni. Sulla questione dell’estensione del ciclo di vita della centrale.
La centrale nucleare di Krško è stata costruita in prossimità di tre faglie attive: gli studi sismologici più recenti prendono atto che il contenitore del reattore era stato progettato per resistere a scosse con una PGA (massima accelerazione al suolo) di 0,3 g. Gli stress test condotti per volontà dell’UE indicano in 0,8 – 0,9 g il limite oltre il quale il contenitore si potrebbe lesionare, con fuoriuscita di materiale fissile, e gli studi più recenti dimostrano che tali valori possono venire superati dai terremoti possibili nell’area. È dimostrato, infatti, che il reattore progettato negli anni ’70, dell’altro secolo, è protetto dai terremoti in modo assolutamente insufficiente. I nuovi edifici, più sicuri, previsti nella proposta di estensione al 2043 non possono ovviare alla vetustà del contenitore del reattore in cemento (vessel), che, sottodimensionato già all’origine, ha anche subito finora quasi 50 anni di corrosione.
Resta poi irrisolto il problema del deposito definitivo del materiale radioattivo ad alta intensità, cioè le barre di uranio attualmente giacenti in una piscina nei pressi della centrale, che costituiscono un altro rischio da valutare, dato che la Slovenia non ha ancora risolto il problema e tende a scaricarlo alla vicina Croazia, proprietaria di metà delle scorie prodotte dalla centrale.
I sismologi francesi, italiani, austriaci e sloveni hanno accertato che il sito di Krško non è adatto a una centrale nucleare, proprio per il forte rischio sismico dovuto alla prossimità del sito di ben tre faglie attive (Orlica, Libna e Artiče) in grado di produrre terremoti di magnitudo massima pari a circa 7 (30 volte l’energia dei terremoti de L’Aquila del 2009 e Emilia 2012). Valutazione fatta anche dall’IRSN (istituto francese di radioprotezione e sicurezza nucleare), consultato dalla Slovenia nel 2013 al fine di costruire a Krško una seconda centrale (NEK 2), e che aveva constatato l’inadeguatezza del luogo proprio a causa del rischio sismico. Una valutazione che si può certamente estendere alla vecchia centrale esistente, nonostante la Slovenia, nel 2013, ignorò il parere dell’IRSN procurandosi un altro consulente (un’azienda privata USA).
Stefano Ciafani, presidente nazionale di Legambiente, ha sottolineato che «La vicenda della centrale slovena di Krško ma anche la guerra in corso in Ucraina, dove si trovano quattro centrali in funzione, ci ricordano che con il nucleare non si scherza. Stiamo parlando di una tecnologia insicura dove il rischio di un incidente è sempre dietro l’angolo, soprattutto in area sismica e sistemi di sicurezza inadeguati rispetto alla potenza dei terremoti prevedibili in quell’area. Per questo è importante che anche l’Italia prenda al più presto una posizione ferma e decisa sul caso Krško. Il nostro Paese, che sul proprio territorio ha bocciato l’atomo con ben due referendum nell’87 e nel 2011, deve essere in linea con i mandati referendari, dicendo no all’impianto nucleare sloveno e allo stesso tempo indichi con i fatti quale sia la strada da seguire, ossia quella tracciata dalle rinnovabili, diventando un modello anche per gli altri stati che ancora purtroppo puntano sull’atomo. Lo ricordiamo, il nucleare è una tecnologia di produzione di energia superata dalla storia, surclassata da tecnologie più mature e competitive che usano fonti pulite. L’incidente di Chernobyl ha mandato in coma l’industria dell’atomo, quello di Fukushima le ha dato il colpo di grazia, non dimentichiamo quanto la storia ci insegna».
Reinhard Uhrig, responsabile delle campagne sull’energia e il nucleare di GLOBAL 2000, ha rivelato che «I documenti del gestore della centrale omettono dati recenti e i risultati degli stress test e della ricerca” spiega. Questa rappresentazione riduttiva trasmette un’immagine abbellita del reattore, che ha oltre 40 anni di età. Allo stesso tempo, le alternative quali il risparmio energetico o le energie rinnovabili vengono presentate come non idonee e non competitive a causa di premesse chiaramente sfavorevoli. Chiedo che il rapporto ambientale sia rivisto: si devono eseguire studi internazionali aggiornati sull’invecchiamento del reattore e sul rischio sismico, prima di prendere una decisione sull’estensione del ciclo di vita di Krško per altri 20 anni, con la centrale che arriverebbe a 60 anni di vita».
Per Andrea Ehrenfennig di Legambiente Friuli-Venezia Giulia «E’ venuto il momento che, come ha già fatto il governo austriaco, anche il governo italiano pensi alla sicurezza dei propri cittadini – a un centinaio di km dalla centrale – e intervenga con autorevoli pareri scientifici – a partire dal pluriennale lavoro svolto dai sismologi italiani e austriaci – per opporre questi ragionevoli motivi di opposizione al prolungamento dell’attività della centrale di Krško”, istituire al più presto una commissione di esperti, tra cui sismologi, per esaminare le osservazioni della VIA ed elaborare una posizione italiana nei confronti della Slovenia. Inoltre, l’Esecutivo, in collaborazione con la Regione FVG, potrebbe organizzare un dibattito pubblico per esempio a Trieste, con gli esperti italiani e sloveni, ma aperto alla partecipazione dei cittadini».
Tomislav Tkalec dell’associazione slovena Focus, ha concluso: «All’inizio la parte slovena intendeva prolungare l’esercizio della centrale nucleare di Krško per altri 20 anni senza condurre una valutazione di impatto ambientale. Tuttavia, il Tribunale amministrativo, sulla base di un nostro ricorso, ha sentenziato che devono eseguire una valutazione di impatto ambientale. Il procedimento è in corso, ma con notevole ritardo. Inoltre, la settimana scorsa è stata annullata la gara per la scelta dell’esecutore dei lavori di costruzione del deposito di scorie radioattive a bassa e media intensità, perché tutte le offerte erano troppo alte. Nel Fondo per il decommissioning della centrale di Krško in questo momento ci sono un po’ più di 200 milioni di euro, il che – di fronte alle attuali iniziative edilizie – non bastano neppure per il deposito di scorie a bassa e media intensità. I costi maggiori però sono legati al decommissioning e al deposito per i rifiuti radioattivi ad alta intensità. Tenendo conto delle esperienze all’estero, servirà più di un miliardo di euro. I fondi necessari non sono stati raccolti, anche se inizialmente era previsto che il ciclo di vita della centrale di Krško 1 si concludesse entro la fine del 2023, il che significa che per quella data i fondi avrebbero dovuto essere già stati raccolti».
L’articolo Chiudete la centrale nucleare slovena di Krško: è vecchia e pericolosa anche per l’Italia sembra essere il primo su Greenreport: economia ecologica e sviluppo sostenibile.