La sezione Unicircular di Assoambiente – l’associazione delle imprese private attive nell’economia circolare – ha pubblicato oggi l’aggiornamento del rapporto annuale L’Italia che ricicla, definendo un’agenda di lavoro 2024-25 dedicata alle istituzioni nazionali ed europee: una roadmap che mette in fila le priorità per rafforzare l’industria italiana dal riciclo.
Si parte dal presupposto che quest’ultima «si conferma leader in Europa ed è ormai vicina al raggiungimento degli obiettivi di recupero di materia fissati a livello U al 2025-2035. Il riciclo dei rifiuti urbani – riporta il rapporto citando dati Ue (relativi al 2020), sebbene il più aggiornato dato fornito dall’Ispra (riferito al 2021) sia pari al 48,1% – ha raggiunto quota 51,4% (obiettivo 2025: 55%), il tasso di riciclo degli imballaggi il 72,8% (ben oltre il target del 65% al 2025, anche se pure in questo caso Conai stima un dato più basso riferito al 2022). Maggiore impegno servirà per dimezzare, di qui al 2035 la quota di rifiuti che oggi finiscono in discarica, il 20,1% (l’Ispra in questo caso stima 19%, ndr)».
Certo, ampliando il quadro preso in esame risulta evidente come ci sia ancora molto da migliorare: il tasso di utilizzo di materia proveniente dal riciclo nel nostro Paese è al 18,7%, in diminuzione rispetto agli ultimi due anni, il che significa che l’81,3% dell’economia nazionale non è circolare.
Il motivo di quest’ampia discrepanza è facile da motivare; basti osservare il caso dei rifiuti inerti, provenienti in primis dai lavori di costruzione e demolizione, che risultano avviati a riciclo per l’80% anche se meno della metà torna poi effettivamente sul mercato.
«L’industria del riciclo richiede un adeguato sostegno da parte dei decisori politici – commenta Chicco Testa, presidente di Assoambiente – affinché vengano rimossi tutti gli ostacoli normativi, giuridici ed economici che ne frenano il pieno sviluppo trasversale alle diverse filiere. Solo così questo settore potrà davvero fungere da abilitatore della transizione green, in grado di intercettare efficacemente tanto gli aspetti di circolarità, quanto quelli energetici».
Sotto questo profilo, l’agenda di lavoro 2024-25 evidenzia la necessità di aumentare l’effettivo impiego dei materiali riciclati, oggi in parte inutilizzati; i mercati di sbocco per queste materie prime seconde devono dunque essere sostenuti da adeguati strumenti economici e fiscali (ad esempio tramite i cosiddetti certificati del riciclo e l’estensione del meccanismo dei certificati bianchi).
Uno dei modi migliori per farlo è prescrivere quote minime di contenuto riciclato nei prodotti in commercio, oltre all’auspicabile rafforzamento degli acquisti verdi della pubblica amministrazione (Green public procurement) e dei Criteri ambientali minimi, oltre all’introduzione di un’Iva agevolata per le materie prime ottenute da riciclo.
L’agenda sottolinea inoltre l’importanza dell’ecodesign, dato che «la fase della progettazione dei beni determina fino all’80% dell’impatto ambientale dei prodotti», come anche la necessità di nuovi schemi di responsabilità del produttore (Epr) di beni: «Va posto realmente in capo ai produttori dei beni (poi diventati rifiuti), il costo ambientale della gestione degli stessi lungo l’intero ciclo di vita».
Al contempo, l’agenda chiede «uno snellimento delle tempistiche degli iter autorizzativi per la costruzione di nuovi impianti e per l’aggiornamento di quelli esistenti», nonché il pieno riconoscimento della gestione dei rifiuti come ciclo integrato: «Va rispettata la gerarchia dei rifiuti che vede il recupero energetico subordinato alla prevenzione e al riciclo, ma preferibile all’incenerimento senza recupero di energia e allo smaltimento in discarica. Tale ruolo va rafforzato».
L. A.
L’articolo Come migliorare l’Italia che ricicla? Una nuova agenda di lavoro per le istituzioni sembra essere il primo su Greenreport: economia ecologica e sviluppo sostenibile.