L’inquinamento da plastica, di fatto, ha raggiunto livelli enormi e preoccupanti e deve essere affrontato su più fronti. Tra questi, vi è l’assoluta necessità che la ricerca trovi valide alternative e che, di contro, le aziende siano disposte a impegnarsi per scegliere i materiali più sostenibili.
In questa direzione, non possono non avere un ruolo chiave gli stessi produttori di imballaggi, sempre più attenti all’uso di materie prime rinnovabili da fonti sostenibili e di bioplastiche compostabili e bio-based, con una maggiore attenzione all’impatto ecologico e al rispetto dell’ambiente.
L’obiettivo comune a tutti, dai produttori ai consumatori, insomma, deve essere quello di avere la realizzazione da un lato e l’acquisto dall’altro di prodotti circolari, dalla rinnovabilità delle risorse al recupero dei materiali.
A costituire un’efficace alternativa alla plastica tradizionale è senza dubbio il packaging compostabile, che contribuisce al consolidamento del settore biologico dell’economia: la bioeconomia circolare.
Cosa vuol dire “compostabile”
Un materiale si definisce “compostabile” se può essere conferito nei rifiuti organici, perché in grado di trasformarsi in anidride carbonica, acqua e biomassa ricca di nutrienti mediante compostaggio (un processo di decomposizione biologica di una sostanza organica in presenza di calore, umidità, ossigeno e microorganismi), appunto, assieme all’umido in compost.
Ne deriva un prodotto finale chiamato compost, una sostanza organica biologicamente stabile, inerte, inodore fatta per lo più da humus, microorganismi attivi e microelementi, identica a quella generata dai residui organici, e standard internazionali garantiscono che il prodotto dei materiali compostabili è assolutamente sicuro e utilizzabile in agricoltura.
Ma attenzione: la compostabilità di un materiale non si traduce automaticamente in compostabilità di un prodotto finito. Un piatto o un sacchetto, per esempio, per essere considerato compostabile deve disintegrarsi e biodegradarsi completamente entro un preciso lasso di tempo. Questo è garantito da organismi indipendenti che certificano il prodotto dopo averlo sottoposto a test di laboratorio che simulano le condizioni ambientali, secondo precisi protocolli normativi.
Un packaging è compostabile, infine, quando soddisfa tutti i requisiti definiti nella norma tecnica italiana, armonizzata a livello europeo, UNI EN 13432:20021.
A questo punto la domanda è lecita: è davvero compostabile quello che viene venduto sul mercato come tale?
Per saperlo, il consumatore deve leggere le diciture riportate sul prodotto: se è presente il logo di un ente certificatore (ad esempio, CIC, DIN CERTCO o TÜV AUSTRIA) e la conformità alla norma EN13432, il consumatore può stare tranquillo e smaltire il prodotto nel bidone dell’organico, ci risponde Annalisa Nissola, Regional Senior Sales Director di TIPA, leader mondiale di imballaggi compostabili.
Da gennaio 2023 l’apposizione di uno di questi loghi diventerà obbligatoria per tutti i prodotti e le confezioni dichiarate compostabili. Chi immetterà sul mercato un prodotto non certificato dichiarandolo “compostabile” sarà passibile di pesanti sanzioni.
Imballaggi flessibili compostabili come alternativa alla plastica convenzionale, VERO vs FALSO
Il packaging compostabile posso dispenderlo nell’ambiente. FALSO, anche gli imballaggi compostabili vanno assolutamente smaltiti nei rifiuti organici (o umido). Da lì saranno indirizzati agli impianti di compostaggio industriale, è sufficiente verificare le indicazioni del proprio comune, leggere le indicazioni sulla confezione, e controllare la presenza del logo di compostabilità. Esistono packaging compostabili adatti al compostaggio industriale, ma anche al compostaggio domestico.
Gli imballaggi compostabili limitano la quantità di scarto alimentare che finisce in discarica. VERO, l’uso di imballaggi compostabili, anche di quelli flessibili, consente di recuperare in modo più proficuo i residui alimentari. Ciò evita il loro smaltimento in discarica e dà un maggior contributo organico all’impianto di compostaggio. Una certa quantità di prodotto che inevitabilmente rimane in un imballaggio flessibile, per esempio, rischierebbe di andare sprecato se non fosse confezionato in materiali compostabili.
Gli imballaggi compostabili semplificano la vita. VERO, l’utilizzo di un incarto compostabile, costituisce un incentivo a fare più volentieri la raccolta differenziata perché non richiede noiose separazioni. Oggi la plastica è il tipo di imballaggio più diffuso per gli alimenti – sostituendola con imballaggi compostabili contribuiamo a non disperdere i residui alimentari, una risorsa preziosa da conferire nella raccolta dell’umido.
Anche se non uso la compostabile, sono sicuro che la plastica tradizionale viene comunque avviata al riciclo. FALSO, riciclare gli imballaggi in plastica flessibile è antieconomico e in alcuni casi è tecnicamente complesso, e per questo motivo non vengono riciclati se non in minima percentuale. Sono leggeri, spesso contaminati da residui di cibo e troppo piccoli per essere correttamente selezionati negli impianti di separazione. Vengono facilmente trasportati dal vento e sono gli imballaggi più a rischio di dispersione nell’ambiente: li troviamo sul ciglio delle strade, impigliati nella vegetazione e nei corsi d’acqua, dove vengono facilmente scambiati per cibo o diventano trappole mortali per i pesci. Inoltre, proprio perché sottili, si trasformano in breve tempo in frammenti piccolissimi, che finiscono nella catena alimentare, inquinano i terreni agricoli e penetrano nelle falde acquifere. Un recente studio ha calcolato che mangiamo 5 grammi di microplastiche e nanoplastica alla settimana, l’equivalente di una carta di credito.
Come ovviare allora a tutto ciò? La risposta è negli imballaggi flessibili compostabili. Leader del settore è TIPA®, che fornisce soluzioni compostabili per l’intera filiera degli imballaggi per promuovere, sostenere e ispirare soluzioni dall’alto per i consumatori di tutto il mondo.
Curiosi di sapere in cosa mai differisca il loro prodotto? È di nuovo Nissola a darci una risposta a tutto tondo:
I polimeri compostabili sono in commercio da più di 20 anni, ma a causa delle loro prestazioni fortemente limitate hanno trovato applicazione solo in pochi segmenti di mercato, come buste della spesa, sacchi per l’immondizia e stoviglie usa e getta.
TIPA® invece presenta una nuova generazione di imballaggi con proprietà equiparabili a quelle della plastica tradizionale. Non facciamo compromessi su prestazioni, aspetto e design, durata di conservazione e tutte le altre caratteristiche fondamentali per la protezione dei prodotti alimentari e non.
Invece di limitarsi semplicemente a provocare meno danni, i nostri materiali contribuiscono alla rifertilizzazione del suolo. A causa delle pratiche agricole moderne e del cambiamento climatico si stima che quasi metà del suolo europeo abbia ormai perso la capacità di immagazzinare carbonio. I rifiuti organici e i materiali compostabili sono una fonte utile di materia organica stabile. Secondo gli studi (rapporto ZWE), quando nella raccolta del rifiuto organico si includono gli imballaggi e i materiali plastici compostabili certificati, la raccolta di rifiuti organici domestici potrebbe incrementare fino a sei volte. Si produrrebbe più compost, che a sua volta aiuterà ad alimentare il terreno contribuendo alla ricostruzione di un sano ecosistema.
It’s not magic, it’s compostable. www.tipa-corp.com
Posted by TIPA on Wednesday, July 20, 2022
In tutto questo processo si inserisce per forza di cose il ruolo di noi consumatori: siamo noi consumatori i primi, importanti selezionatori e abbiamo un ruolo determinante per migliorare la qualità in ingresso alla filiera del riciclo. E anche scegliere gli imballaggi flessibili compostabili può fare la differenza.
In collaborazione con TIPA®