L’accelerazione del processo di transizione energetica in atto a livello globale comporta un incremento notevole della domanda di alcune materie prime e delle cosiddette terre rare.
Prima del 2010 il settore energetico rappresentava una quota marginale della domanda della maggior parte dei minerali e metalli presenti in natura. Tuttavia, secondo la IEA, nei prossimi due decenni, se gli obiettivi degli Accordi di Parigi venissero raggiunti (scenario che l’agenzia definisce SDS – Sustainable Development scenario), il settore energetico rappresenterà la principale voce di consumo per molte materie prime.
Ogni settore utilizza tecnologie che si compongono di metalli e minerali di vario tipo. Per quanto riguarda le tecnologie la cui applicazione contribuisce al processo di transizione energetica, entrano in gioco, con diversa intensità, materie prime di varia natura.
Per esempio litio, nichel, cobalto, manganese e grafite sono fondamentali per le prestazioni, la longevità e il contenuto energetico delle batterie. Gli elementi delle terre rare sono essenziali per i magneti permanenti utilizzati nelle turbine eoliche e nei motori elettrici. Le reti elettriche, alla luce anche della sempre maggiore elettrificazione dei consumi, necessitano di un’enorme quantità di rame e alluminio, in pagina è riportato uno schema non esaustivo di alcune materie prime necessarie alle principali tecnologie per la transizione energetica.
Le principali tecnologie alla base del processo di transizione energetica, a parità di condizioni, necessitano di una quota di minerali e materie prime molto maggiore rispetto all’equivalente fossile. Ad esempio, una vettura elettrica utilizza un quantitativo di materie prime di circa 6 volte quello di un’auto alimentata a combustibili fossili (Figura 88). Anche nel caso di un impianto eolico on-shore il quantitativo di materie prime è circa nove volte quello che si sarebbe utilizzato per la costruzione di un equivalente impianto alimentato a gas.
Secondo la IEA il raggiungimento degli obiettivi stabiliti nell’Accordo di Parigi (scenario SDS) al 2040, comporterebbe un incremento della domanda di minerali e materie prime di almeno quattro volte il consumo registrato nel 2020. Il comparto dei veicoli elettrici e dei sistemi di accumulo sarebbe quello con la maggior crescita, circa trenta volte in più.
Nella Figura 89 si illustra la crescita attesa per alcune delle principali materie prime secondo lo scenario SDS e secondo lo scenario con le politiche vigenti. Come si evince dall’istogramma, il litio, componente fondamentale per i sistemi di accumulo e i veicoli a trazione elettrica, dovrebbe avere la crescita più sostenuta rispetto alle altre materie prime. Ciò vale sia nello scenario base (domanda attesa al 2040 circa 13 volte maggiore di quella del 2020) in cui si assume continuino ad essere in vigore a livello globale solo le politiche già adottate, che in uno scenario in linea con gli obiettivi dell’accordo di Parigi (scenario SDS), in cui l’incremento della domanda si stima al 2040 essere di circa 42 volte quella attuale (2020).
A livello europeo ogni tre anni viene aggiornata la lista delle “materie prime critiche”, ovvero delle materie prime più importanti dal punto di vista economico e che presentano un elevato rischio di approvvigionamento. Tali materie prime sono essenziali per il funzionamento del sistema produttivo e sono anche impiegate nei settori e nelle tecnologie necessarie per favorire la transizione energetica.
L’ultimo aggiornamento del 2020 ha classificato come “critiche” 30 materie prime, rispetto alle 14 del 2011, alle 20 del 2014 e alle 27 del 2017. Nella maggior parte dei casi esse sono concentrate in pochi paesi e ciò potrebbe creare rischi di approvvigionamento nei prossimi anni. Ad esempio, la Cina da sola soddisfa il 98% del fabbisogno delle terre rare necessarie all’UE, la Turchia il 98% del borato e il 62% dell’antimonio, mentre il Sud Africa fornisce oltre il 90% dell’iridio e del rutenio.
Rispetto ai combustibili fossili, la concentrazione geografica della maggior parte delle materie prime necessarie alle tecnologie per la transizione energetica è maggiore, sia per quanto riguarda la loro estrazione sia per quel che concerne la loro lavorazione. Nel 2020 sono state prodotte 240.000 tonnellate di terre rare, quasi il 60% della produzione ha avuto luogo in Cina, seguita da Stati Uniti, Birmania e Australia. Questi quattro paesi hanno rappresentato oltre il 90% della produzione mondiale nel 2020 (Tabella 41).
Un altro aspetto da non trascurare è legato alla dinamica dei prezzi delle materie prime critiche per la transizione energetica. La pandemia da Covid-19, con le conseguenti restrizioni, ha generato una contrazione dei consumi nella maggior parte dei settori e la domanda di materie prime è fortemente diminuita causando un calo dei prezzi delle principali commodities.
Questa dinamica è stata particolarmente marcata per le materie prime energetiche, il cui indice ha registrato una caduta superiore al 60% da febbraio ad aprile 2020. La successiva ripresa economica globale è stata più rapida del previsto, facendo crescere notevolmente la domanda di materie prime e di semilavorati. A questa crescita della domanda non è corrisposto un incremento adeguato dell’offerta, generando un forte rialzo dei prezzi.
Oltre ai fattori di natura congiunturale, hanno agito anche fattori strutturali (accelerazione delle politiche di transizione energetica, crescita degli investimenti legati alla ripresa economica), geopolitici e speculativi. A maggio 2021, l’indice dei prezzi dei metalli e dei minerali era più che raddoppiato rispetto all’inizio della pandemia, per poi gradualmente scendere nel corso dei mesi successivi. I prezzi delle commodities energetiche hanno invece continuato la forte tendenza al rialzo anche nei mesi più recenti.
Infine, anche se in misura meno marcata rispetto ai valori degli indici delle altre materie prime, anche i prezzi delle commodities agricole hanno registrato un progressivo incremento dall’inizio della pandemia. Oltre al rischio geopolitico, legato alla concentrazione geografica della produzione/estrazione e, in alcuni casi, della lavorazione, e alla volatilità dei prezzi, nei prossimi anni potrebbero emergere ulteriori criticità connesse alla disponibilità di materie prime per la transizione energetica, dovute:
– alla lunghezza dei tempi per lo sviluppo di nuovi giacimenti: infatti mediamente dalla scoperta di un sito minerario alla produzione effettiva della materia prima possono passare oltre 15 anni;
– alla riduzione della qualità delle materie prime: per esempio si stima che in Cile il rame negli ultimi 15 anni abbia perso circa il 30% di contenuto minerale;
– ai rischi di eventi climatici estremi: l’estrazione di diverse materie prime, soprattutto litio e rame, comporta un importante consumo di risorse idriche il cui impatto in alcuni Paesi si sta già manifestando; in alcune aree (Australia, Cina, Africa in primis) sono elevati i rischi legati al calore estremo o alle inondazioni;
– ai rischi ambientali e sociali legati all’estrazione e alla lavorazione delle materie prime: in alcuni siti e aree le procedure relative alla riduzione dei rischi ambientali e alla tutela dei lavoratori non sempre sono adeguate agli standard internazionali, e in alcuni casi danneggiano le comunità locali.
Il riciclo e il recupero delle materie prime sono le azioni principali da mettere in campo per attenuare il disallineamento tra domanda e offerta, soprattutto nei paesi che ricorrono quasi totalmente all’import, come la maggior parte degli Stati membri UE.
Tuttavia per le materie prime la cui domanda è destinata a crescere negli anni a venire in maniera molto sostenuta, in particolare per litio e terre rare, la possibilità di riciclare una quota importante di tali elementi non avverrà prima di un decennio o due. Per le materie prime il cui utilizzo è già su livelli molto sostenuti, si registrano, a livello UE, già delle buone performance di riciclo.
Per ridurre i rischi legati all’utilizzo delle materie prime critiche per la transizione energetica sono state individuate numerose sfide da affrontare, a livello europeo (secondo quanto previsto dal Piano d’azione dell’UE per le materie prime critiche) e globale; occorre infatti:
– sviluppare catene del valore resilienti per gli ecosistemi industriali: in termini di crescita dell’offerta, l’ostacolo principale risiede nella fase di lavorazione, che è complessa e richiede conoscenze specifiche per esempio per separare i singoli elementi delle terre rare e convertirli in magneti permanenti di alta qualità; è pertanto necessario che i sistemi industriali si riorganizzino per far fronte alle nuove esigenze;
– creare condizioni favorevoli per gli investimenti per nuovi giacimenti;
– favorire il riciclo e il recupero delle materie prime critiche attraverso l’uso circolare delle risorse, i prodotti sostenibili e l’innovazione;
– differenziare l’approvvigionamento e la trasformazione delle materie prime attraverso partenariati strategici con paesi terzi ricchi di risorse.
a cura di Antonello Di Pardo – Gse, Relazione sulla situazione energetica nazionale
L’articolo Come ridurre i rischi legati alla necessità di materie prime critiche per la transizione energetica sembra essere il primo su Greenreport: economia ecologica e sviluppo sostenibile.