Il Governo Meloni ha concluso ieri il primo anno di esecutivo, e anche il ministro dell’Ambiente si è unito alle celebrazioni di rito elencando alcuni degli interventi messi in fila in dodici mesi.

«In questo anno – spiega il ministro Pichetto – abbiamo lavorato con grande determinazione, guardando a una nuova visione di ambiente: aperta, concreta, costruita sull’approccio scientifico, mai ideologica. Il nostro impegno per l’Italia continua con la guida di Giorgia Meloni e una squadra di governo coesa e consapevole delle sfide che abbiamo di fronte».

Nel breve video che accompagna le dichiarazioni del ministro, si elencano però molti presunti successi che non reggono alla prova dei fatti.

Si parla ad esempio degli incentivi per le Comunità energetiche rinnovabili (Cer), per i quali il ministero dell’Ambiente – nonostante le reiterate quanto frequenti promesse – non ha mai fatto pervenire il necessario decreto attuativo.

Nel passaggio dedicato al “Piano di adattamento ai cambiamenti climatici” (Pnacc) e al “contrasto al dissesto idrogeologico” non si fa menzione del fatto che il Piano non è stato ancora approvato, e si sorvola sui circa 1,3 miliardi di euro che il Governo ha definanziato dal Pnrr, togliendoli proprio alla lotta contro il rischio idrogeologico.

Va meglio sul fronte della gestione rifiuti: il nuovo sistema di tracciabilità col relativo Registro elettronico nazionale (Rentri) non è stato solo annunciato ma è effettivamente entrato in vigore, così come sono proseguite le assegnazioni di risorse Pnrr legate all’economia circolare, un’eredità che il Governo Meloni ha accolto dai precedenti esecutivi e che si sta limitando a svolgere. Resta comunque il dato di fatto, evidenziato da Legambiente nel corso dell’ultimo Ecoforum dedicato proprio all’economia circolare, che «norme farraginose, autorizzazioni lente, controlli pubblici a macchia di leopardo, progetti calati dall’alto non aiutano a farla decollare».

Si citano poi le “nuove infrastrutture per la mobilità elettrica”, nonostante il Governo Meloni in Europa abbia frenato tutte le iniziative comunitarie pensate proprio per favorire l’addio ai veicoli alimentati dai combustibili fossili.

Lo stesso si può dire per l’efficienza energetica degli edifici così come per la proposta di legge europea per il ripristino della natura, definita «fanatismo ultraecologista» dalla stessa premier Meloni, mentre tra i “successi” di questo primo anno il ministro Pichetto inserisce l’obiettivo (anch’esso ereditato) del “30% di aree marine e terrestri protette entro il 2030” e per il quale si è fatto poco e spesso nulla come nel clamoroso caso del mini-Parco nazionale di Portofino.

L’Italia dopo aver firmato – come sempre – tutti gli accordi internazionali per ampliare la protezione a terra e mare e dopo essersene a volte fatta promotrice, li ignora nei fatti e nelle tempistiche e non si è data una road-map per proteggere il 30% della terra e del mare entro il 2030, mentre circolano ipotesi di aree protette farlocche che vorrebbero far passare come tutelato ciò che non lo è e come fortemente tutelato quel che non lo è mai stato.

Gli obiettivi energetici, infine, si commentano da soli: si snocciola “41% di rinnovabili e 66% di elettricità green entro il 2030”, “73 GW al 2030” e il “via alla piattaforma per un nucleare sostenibile”, di cui ad oggi non c’è traccia.

Il Piano nazionale integrato energia e clima (Pniec) proposto dal Governo Meloni è stato bocciato all’unanimità da tutte le principali forze ambientaliste del Paese, presenta target di riduzione alle emissioni inferiori a quelli medi richiesti dall’Ue, e gli obiettivi di penetrazione delle energie rinnovabili sono più bassi rispetto a quelli avanzati non solo dagli ambientalisti ma anche da Elettricità futura (Confindustria).

Soprattutto, al di là degli obiettivi futuribili, il fallimento del Governo Meloni sulle rinnovabili si misura al presente: da inizio anno sono entrati in esercizio solo 3,9 GW di nuovi impianti contro i circa 12 necessari per traguardare gli obiettivi europei, che continuano ad allontanarsi mentre il decreto Aree idonee proposto in bozza dal Governo rischia paradossalmente di affossare del tutto il settore.

In definitiva, su questo primo anno di lavoro del Governo Meloni resta il giudizio espresso pochi giorni fa dall’Alleanza per lo sviluppo sostenibile (ASviS): «La mancanza di un impegno esplicito, corale e coerente da parte della società, delle imprese e delle forze politiche ci ha condotto su un sentiero di sviluppo insostenibile che è sotto gli occhi di tutti».

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