Il dato emerge da un recente report di Unacea, l’Unione italiana macchine per costruzioni. Il presidente Michele Vitulano: “Abbiamo leggi vetuste che non ci permettono di riutilizzare i prodotti da scavo e demolizione”
Innovare le macchine per costruzioni integrando tecnologie “smart” e sistemi di abbattimento degli inquinanti. Un passaggio obbligato per un Paese come l’Italia in cui sono ancora 78.000 i mezzi che montano motori non più in linea con gli standard attuali a fronte di macchinari di ultima generazione che consentono invece una riduzione delle emissioni che oscilla tra l’86% e il 97%. Di questa e di altre priorità per il settore delle costruzioni si è discusso lo scorso 13 maggio a Roma in occasione della presentazione del report “Macchine per costruzioni: innovazione e sostenibilità per espandere la produzione e il mercato”, realizzato da Unacea, l’Unione italiana macchine per costruzioni. Nuova Ecologia ne ha parlato con Michele Vitulano, presidente di Unacea.
Anche il settore delle costruzioni dispone ormai di macchine sempre più performanti sul piano dell’innovazione tecnologica e sempre meno impattanti sull’ambiente. A che punto è l’Italia su questo fronte?
Michele Vitulano, presidente di Unacea
Sul totale del parco macchine per costruzioni circa il 40% nel nostro Paese è ancora obsoleto. Le nuove macchine hanno invece dei motori Stage V che riducono circa del 90% le emissioni. C’è poi da considerare l’impatto dell’inquinamento acustico. Gli italiani sono molto avanti nell’innovazione per creare le attrezzature per migliorare ed efficientare il processo produttivo delle costruzioni in generale. Purtroppo però abbiamo delle leggi vetuste che non ci permettono di riutilizzare i prodotti da scavo o da demolizione che sono circa il 60% di quelli totali di risulta. Queste leggi non si adattano ai nuovi macchinari. Oggi il settore effettua demolizioni controllate e utilizza macchine che possono riciclare in situ lo stesso materiale che può essere riutilizzato per nuovi manufatti. Eppure ci troviamo ancora con leggi che sono rimaste ai tempi delle demolizioni con gli esplosivi. L’Europa chiede che almeno il 20% del materiale da demolizione da risulta venga reimpiegato, noi in Italia siamo attorno al 7% e questo non è accettabile.
È ancora in fase di discussione un decreto end of waste che riguarda i materiali da costruzione e demolizione. Cosa chiede Unacea?
Siamo in attesa dell’approvazione di questo decreto al pari delle associazioni ambientaliste. La sostenibilità anche dei manufatti da costruzione è molto importante, perché le costruzioni sono una parte importante della nostra vita quotidiana. Sono stato recentemente in Australia, un Paese che è molto più avanti rispetto al nostro settore sotto questo punto di vista. Lì ci sono tantissime cave che non vengono più usate per la produzione di materiale ma per operazioni di riciclo. In queste ex cave vengono portati i materiali che sono risultati da scavi e demolizioni. Qui questo materiale viene selezionato, processato e riutilizzato dandogli nuova vita. È ciò a cui dobbiamo puntare anche in Italia, abbiamo la tecnologia per farlo e condividiamo tutti lo stesso approccio.
Cosa manca quindi per fare l’ultimo passo in avanti e accelerare il processo di transizione anche nel vostro settore?
Sicuramente manca da alcune parti la volontà politica. Sul piano della vetustà del parco macchine, assistiamo a uno scontro tra i produttori e i nostri clienti. Tutti vorremmo che all’interno dei centri storici in determinati contesti si utilizzino solo macchine eco compatibili e non quelle macchine che non rispondono ai nuovi standard. Perché allora dovremmo ammettere macchine operatrici che non rispettano questi stessi standard? Dovremmo essere più coerenti rispetto a un orientamento che riguarda i vari segmenti della mobilità dei mezzi, comprese le attività del nostro settore.
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