Nel post-pandemia la produzione di rifiuti in Toscana come in Italia è tornata a crescere, mentre il re-impiego di materiali riciclati nel mercato ha innestato la retromarcia: un contesto di grande sofferenza dunque per la sostenibilità ambientale, in cui la Regione è chiamata a tenere la barra dritta per rafforzare l’economia circolare.

Il nuovo Piano regionale dell’economia circolare è stato presentato dalla Giunta nel marzo di quest’anno; da inizio maggio il documento ha poi attraversato un ampio ciclo di audizioni in Consiglio regionale, dove dovrebbe tornare in commissione domani per poi approdare in aula il 27 settembre. Eppure nel fine settimana si sono registrate nuove fibrillazioni in merito all’interno del partito di maggioranza che governa la Regione Toscana, il Pd.

L’ala cosiddetta “riformista” del partito preferirebbe prendere altro tempo prima del pronunciamento definitivo, ma al termine della riunione fiume svoltasi nei giorni scorsi Vincenzo Ceccarelli (capogruppo Pd in Consiglio) ed Emiliano Fossi (segretario regionale Pd) hanno tentato una sintesi affermando che l’atto sarà «a breve adottato».

«È chiaro che, come sempre accade con atti di questa complessità – spiegano Ceccarelli e Fossi – ci sono ancora cose su cui ragionare con i territori, per apportare gli ulteriori e possibili miglioramenti, nonostante il buon lavoro fatto fino ad oggi dal presidente e dall’assessore. Questo piano non ha l’obiettivo di localizzare impianti per lo smaltimento, ma quello di fornire regole, criteri e indirizzi, fondamentali per dare alla nostra comunità le risposte attese su una questione importante come quella dello smaltimento dei rifiuti».

Un approccio promosso sin da subito dall’assessora regionale all’Ambiente, Monia Monni, e maturato dopo il fallimento del Piano regionale rifiuti adottato nel 2014: nessuno dei principali obiettivi contenuti nel documento elaborato dalla passata Giunta è stato infatti traguardato, né sono stati realizzati gli impianti previsti (a partire dal termovalorizzatore di Case Passerini).

Un fallimento che ha lasciato lunghi strascichi: il nuovo Piano regionale rifiuti avrebbe dovuto essere approvato nel 2018, per regolare il quinquennio che invece ci siamo appena lasciati alle spalle senza di fatto una programmazione politica.

Stavolta è stato dunque tentato un approccio più morbido, tramite un avviso pubblico bandito nel 2021 per raccogliere proposte impiantistiche direttamente dai territori, che hanno presentato 39 manifestazioni d’interesse, tra le quali spicca per importanza l’ossicombustore proposto a Peccioli.

Come informa la proposta di Piano, le potenzialità “teoriche” di trattamento che si genererebbero con l’attivazione di tutti gli impianti proposti sono pari a oltre 3 milioni di tonnellate di rifiuti, il che permetterebbe di dare «pieno soddisfacimento dei fabbisogni di trattamento a recupero dei rifiuti urbani e derivati, in totale autosufficienza», oltre a offrire «un’opportunità per migliorare la gestione dei rifiuti speciali prodotti negli importanti distretti produttivi regionali, rendendo gli stessi più “ambientalmente sostenibili” e più competitivi sul mercato».

L’alternativa è quello dello scenario inerziale, ovvero in continuità con l’attuale gestione, ovvero con un forte ruolo degli smaltimenti in discarica. Qualche esempio? Nel caso dello scenario inerziale, al 2028 la raccolta differenziata dei rifiuti urbani si fermerebbe al 65%, contro il 75% dello scenario programmatico; riciclo dei rifiuti urbani 44% vs 65%; rifiuti urbani in discarica 36% vs 1%.

Soprattutto, nello scenario inerziale verrebbero smaltiti in discarica 10,8 mln di tonnellate di rifiuti (urbani e speciali), mentre in quello programmatico il dato si fermerebbe a 8,3 mln di ton. Date le esigenze poste dalla gerarchia europea di gestione dei rifiuti, che pongono la discarica come necessario ma ultimo tassello, la necessità di uno scatto in avanti per l’economia circolare toscana appare evidente.

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