In Toscana si generano ogni anno circa 2,2 mln di tonnellate di rifiuti urbani, quelli provenienti essenzialmente dalle nostre case: è qui che si concentra la massima attenzione da parte di pubblico e istituzioni – nonostante gli altri, i rifiuti speciali, siano approssimativamente il quintuplo – ma di fatto non è semplice sapere con precisione di che rifiuti si tratti.
Per scoprirlo, il dipartimento di Ingegneria civile e ambientale dell’Università degli studi di Firenze ha condotto uno studio con apposite analisi merceologiche, i cui contenuti sono stati presentati oggi in un convegno senese, organizzato da Confservizi Cispel Toscana in collaborazione con Utilitalia e con il patrocinio della Regione.
«Conoscere cosa c’è dentro i rifiuti urbani è indispensabile per la pianificazione ma anche per la gestione – spiega Nicola Perini, presidente Cispel – Sempre più la gestione dei rifiuti, difatti, è vista come valorizzazione di quella miniera di materiali che i rifiuti contengono e che sono sempre più scarsi e costosi. Questa è la base dell’economia circolare, e i risultati delle campagne ci danno indicazioni precise e chiare. Ci sono flussi di rifiuti sempre più consistenti che non vengono ancora intercettati: tessili, pannolini, ma anche parte dei Raee e delle plastiche non imballaggi. Nei rifiuti indifferenziati ci sono ancora risorse materiali preziose, ma soprattutto un alto potere calorifico che può essere sfruttato una volta riciclato il riciclabile. Oggi vanno in discarica rifiuti ancora ricchi, e nelle nostre discariche quindi c’è una miniera ancora da sfruttare».
In particolare, lo studio dell’Università di Firenze è stato condotto sui risultati delle attività di campionamento svolte dai tutti i soggetti gestori dell’igiene urbana, che nell’arco di due mesi (novembre 2021 e aprile 2022), hanno analizzato in tutto 754 campioni di rifiuti solidi urbani toscani (tratti da raccolte differenziate e indifferenziate, stradali e porta a porta).
Dall’analisi di questi rifiuti emerge come le principali frazioni di materiali siano le seguenti: scarti alimentari (16,94%), imballaggi in plastica (12,28%), verde (11,97%), cartone da imballo ondulato (9,6%), tessili e cuoio ( carta e frazioni merceologiche similari (fms) 7,52%, imballaggi vetro (7,15%), ma anche rifiuti pericolosi (0,07%), farmaci (0,01%), etc.
«Il tema delle qualità richiede un cambiamento culturale e delle abitudini e, soprattutto, un coinvolgimento proattivo delle comunità che animano i territori in cui i gestori lavorano – aggiunge Alessandro Fabbrini, vicepresidente di Cispel e presidente di Sei Toscana – Oltre ad accompagnare lo sviluppo delle raccolte verso servizi sempre più efficienti e rispondenti alle esigenze dei contesti territoriali, credo sia necessario lavorare con impegno anche nella comunicazione al cittadino, così da sensibilizzare sull’importanza dei corretti conferimenti in un’ottica di economia circolare e di riduzione degli scarti che risultano dai processi di lavorazione agli impianti».
Basti osservare che in Toscana (come nel resto del Paese) circa il 20% di quanto raccolto in modo differenziato è da buttare di nuovo: un dato costante negli anni, come mostrano i dati offerti dalla Regione e dall’Arpat.
Per migliorare occorre lavorare su due fronti, quello della buona informazione e comunicazione da un lato, e quello di una dotazione impiantistica di prossimità sull’altro, che riguardi tutti i passaggi di gestione: avvio a riciclo meccanico, riciclo chimico o recupero energetico, discarica. Anche perché pur raggiungendo un ipotetico 100% di raccolta differenziata, ad ogni trasformazione la materia e l’energia si degradano – come insegna il secondo principio della termodinamica –, rendendo impossibile recuperarle in toto. E questo senza considerare le frazioni estranee presenti nella differenziata, messe in evidenza anche dallo studio Unifi.
L’articolo Ecco di quali materiali sono composti i rifiuti urbani della Toscana sembra essere il primo su Greenreport: economia ecologica e sviluppo sostenibile.