Sono  tanti gli ostacoli da rimuovere e i ritardi da colmare: norme farraginose, autorizzazioni lente, controlli pubblici a macchia di leopardo, progetti calati dall’alto

L’economia circolare è uno dei pilastri della transizione ecologica del nostro Paese. Abbiamo già molte esperienze virtuose di Comuni, consorzi, aziende pubbliche e private che la praticano quotidianamente. Ma sono ancora tanti gli ostacoli da rimuovere e i ritardi da colmare: norme farraginose, autorizzazioni lente, controlli pubblici a macchia di leopardo, progetti calati dall’alto. Servono mille nuovi impianti di economia circolare e progetti innovativi. Al tempo stesso, l’Italia deve colmare anche i gravi ritardi sulla gestione dei rifiuti, in termini di quantità, qualità e avvio a riciclo dei materiali raccolti e differenziati. Bisogna implementare la capacità impiantistica di riciclo e riuso a partire dalle filiere più urgenti, come quella dell’organico, colmando il divario tra Nord e Centrosud e fermando il trasferimento dei rifiuti verso le regioni più infrastrutturate, perseguendo la strategia “Rifiuti zero, impianti mille” che predichiamo da anni.

Ma la transizione richiede anche di rafforzare, innovare e avviare filiere strategiche, come quelle per l’approvvigionamento delle materie prime critiche e dei Raee, per evitare di alimentare future dipendenze dall’estero, o dei rifiuti tessili, la nuova frontiera per decarbonizzare un settore importante come quello della moda. La strada è in salita. Bisogna cambiare passo, mettendo a frutto le esperienze virtuose che fanno già parte del patrimonio e del know how italiano. E va fatto subito.

(Andrea Minutolo, Roberto Scacchi, Laura Brambilla)