Realizzare impianti industriali per valorizzare i rifiuti che tutti generiamo giornalmente è una necessità imprescindibile per un’economia davvero circolare, che può e deve essere soddisfatta in modo armonico col paesaggio: possibile? È quanto sta accadendo a Montespertoli, nel cuore delle terre del Chianti, dove grazie ad un investimento pubblico sta nascendo un importante impianto di digestione anaerobica per trasformare rifiuti organici in compost e biometano.

Ieri i sindaci e gli amministratori del circondario empolese, insieme ai vertici Alia – il gestore interamente pubblico incaricato dei servizi d’igiene urbana sul territorio, che sta realizzando il biodigestore – si sono recati in visita al cantiere per monitorare i lavori, che proseguono secondo il cronoprogramma: nonostante le difficoltà di approvvigionamento dei materiali (che hanno contribuito ad innalzare i costi dell’opera, dagli inizialmente annunciati 30 mln di euro a 55 mln di euro), l’impianto sarà avviato a fine 2023 e collaudato nel corso del primo semestre 2024.

In questi mesi è prevista la realizzazione di un nuovo edificio adibito alla ricezione ed al pretrattamento dei rifiuti organici, quattro biodigestori, una sezione di trattamento del biogas prodotto ed upgrading a biometano, un locale per il trattamento del digestato in uscita, una nuova palazzina servizi, oltre alle infrastrutture accessorie ed al revamping delle sezioni di compostaggio esistenti.

Se l’impianto di compostaggio attualmente presente a Montespertoli tratta, annualmente, circa 75mila ton di Forsu (frazione organica di rifiuti raccolti in maniera differenziata) e 15 mila ton di rifiuti verdi (sfalci, potature, producendo oltre 22 mila ton di ammendanti da utilizzare in agricoltura e florovivaismo, il nuovo impianto avrà una portata molto più ampia.

«A regime, attraverso il processo biologico naturale di digestione anaerobica, ogni anno sarà possibile trattare complessivamente 160mila ton di rifiuti (145mila di rifiuti organici e 15mila di verde), producendo oltre 12 milioni di metri cubi di biometano e 35mila ton di ammendante», spiegano dalla società; quanto basta per garantirsi «l’autosufficienza nella gestione dei rifiuti organici urbani» e contribuendo così a colmare un grande deficit dell’attuale dotazione impiantistica toscana.

Secondo i dati messi in fila dall’Arpat, infatti, circa il 10% dell’organico raccolto in Toscana deve essere spedito fuori confine;  un recente report Ambrosetti-A2A documenta invece come la Toscana soffra un deficit pari a 279.847 ton/anno per l’organico (Forsu + verde): sono infatti 550.489 le ton raccolte ma solo 270.642 quelle gestite, affidandosi evidentemente all’export – con impatti ambientali ed economici rilevanti – per la quota rimanente. Proiettando questi dati agli obiettivi Ue al 2035, il gap impiantistico si allarga fino a 390mila ton/anno.

Grazie all’investimento di Montespertoli e agli altri biodigestori che nasceranno in Toscana, questo gap inizia a chiudersi e l’economia circolare si fa più concreta.

L. A. 

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