Il 5% in più rispetto al 2018. È uno dei dati che emerge dal rapporto di Ipsos e CONOU presentato nella prima giornata di lavori del X Ecoforum di Legambiente, Nuova Ecologia e Kyoto Club. Ciafani, presidente dell’associazione ambientalista: “Ma norme farraginose e autorizzazioni lente non fanno decollare il settore”
Economia circolare e green jobs rappresentano la strada del futuro secondo gli italiani. Lo dice il sondaggio Ipsos “L’Italia e l’economia circolare” realizzato da Ipsos e CONOU e presentato il 4 luglio nella prima giornata di lavori del X Ecoforum di Legambiente, Nuova Ecologia e Kyoto Club con il patrocinio del Ministero della Transizione Ecologica e della Regione Lazio.
Secondo la ricerca nel 2023 cresce sia la quota dei conoscitori dell’economia circolare che arriva al 45%, segnando un incremento del +5% rispetto a cinque anni fa, sia il numero dei cittadini – ben il 60% – secondo i quali i green jobs aumenteranno in futuro (+12% rispetto al 2022). È fondamentale però una maggiore consapevolezza della leadership italiana nel settore visto che il 43% dei cittadini non sa e non ritiene credibile che l’Italia abbia la percentuale più alta in Europa sul riciclo dei rifiuti. Idee chiare e grande consapevolezza invece sulla crisi climatica: il 63% dei cittadini ritiene i disastri (siccità, alluvioni e trombe d’aria, etc.) la prima conseguenza dei cambiamenti climatici che generano a cascata conseguenze economiche per gli individui (aumento del costo dei prodotti alimentari e della vita più in generale). Le azioni di protesta come imbrattare monumenti e opere d’arte sono ritenute necessarie e comprensibili dal 20% degli intervistati, mentre sono bocciate dal 49%, che le considera gesti irresponsabili e incomprensibili.
Per gli intervistati l’Italia deve accelerare il passo sull’economia circolare, superando i tanti ostacoli burocratici e tecnologici che ancora frenano lo sviluppo di questo nuovo modello di sviluppo economico. Al tempo stesso deve colmare anche i gravi ritardi sulla qualità della raccolta differenziata, a partire da quella dell’organico. Ad oggi solo in un impianto su quattro lo scarto della frazione organica è inferiore al 2,5%, quantità massima ottimale per ottenere compost di qualità in uscita dagli impianti. Nell’organico raccolto ancora ci sono percentuali significative di materiali non compostabili (MNC) che compromettono la qualità e sono un problema per chi gestisce gli impianti.
Tra gli altri dati, per i cittadini la plastica, gli olii esausti e i Raee sono i materiali ritenuti più pericolosi per l’ambiente, in particolare la plastica dura. I materiali riconosciuti come più facilmente rigenerabili sono quelli percepiti come meno pericolosi per l’ambiente: il vetro e la carta. Per quel che riguarda l’olio minerale esausto, quasi metà del campione sa che viene raccolto (+2% dal 2022). Una volta informati i cittadini che non ne sono a conoscenza che l’olio minerale esausto raccolto può essere completamente rigenerato e riutilizzato, quasi 1 italiano su 2 vede in questa pratica un supporto all’indipendenza energetica del Paese.
“Nonostante in Italia l’economia circolare abbia trovato da molti anni un terreno fertile – dichiara Stefano Ciafani, presidente nazionale di Legambiente – come dimostrano le tante esperienze virtuose di comuni, consorzi, aziende pubbliche e private, sono ancora diversi gli ostacoli da rimuovere e i ritardi da colmare. Norme farraginose, autorizzazioni lente, controlli pubblici a macchia di leopardo, progetti calati dall’alto non aiutano a far decollare l’economia circolare in modo omogeneo su tutto il territorio nazionale. Servono mille nuovi impianti di economia circolare e progetti innovativi che vadano nella giusta direzione, come quelli che stiamo raccontando e visitando dal Nord al Sud della Penisola con la nostra campagna nazionale sui cantieri della transizione ecologica. È fondamentale anche rivendicare la nostra leadership sull’economia circolare in Europa, per rafforzare ulteriormente il Green Deal, al centro di polemiche strumentali, davvero incomprensibili, che non fanno altro che isolare l’Italia e il suo sistema produttivo nel percorso verso la decarbonizzazione del vecchio Continente entro il 2050”.
“L’Italia vanta molti record sull’economia circolare – dichiara Francesco Ferrante, vicepresidente del Kyoto Club – ci sono però due problemi. Il primo è che spesso non ce ne rendiamo nemmeno conto e non li valorizziamo abbastanza. Il secondo è che sono record ottenuti dal vitale sistema economico italiano senza essere appoggiati da una visione politica generale lungimirante. Ciò mette a rischio quegli stessi record: dobbiamo avere più coraggio nello spingere su innovazione e sostenibilità a partire dalle risorse messe a disposizione dall’Europa sul green deal e invece troppo spesso assistiamo a frenate incomprensibili su questi temi da parte della politica e delle classi dirigenti”.
“C’è ancora molto lavoro da fare perché in Italia si diffonda una piena contezza dell’importanza e necessità dell’economia circolare per l’ambiente e lo sviluppo, ma è incoraggiante che in un solo anno il numero delle persone consapevoli dell’urgenza di questa sfida sia cresciuto con all’avanguardia i più giovani – commenta Riccardo Piunti, presidente del CONOU – L’economia circolare è un cambio di approccio “totale” che dovrà pervadere tutta l’economia, ma, soprattutto, il nostro sistema culturale e valoriale. Spiace peraltro che gli Italiani non abbiano consapevolezza di come il nostro Paese abbia dimostrato, nell’Economia Circolare, una eccellenza di risultati e di modello organizzativo – I Consorzi – senza pari in Europa. L’esperienza del CONOU, che rigenera tutto (98%) l’olio minerale usato, dimostra non solo che l’economia circolare non è un’utopia, ma anche che è una leva in grado di apportare benefici concreti: nel solo 2022, grazie al lavoro delle imprese del CONOU, si è evitata l’immissione in atmosfera di 64 mila tonnellate di CO2 e di una serie di innumerevoli inquinanti, ma anche si sono risparmiati circa 130 milioni di euro di importazioni di greggio. Il futuro dunque è già qui, ma non può prescindere dalla collaborazione sinergica di tutti – Istituzioni, imprese, cittadini – per accelerare verso la transizione circolare”.