La società interamente partecipata dai Comuni di Massa e Carrara dedita all’economia circolare, Cermec, ha iniziato da tempo un percorso di riconversione impiantistica che porterà il polo industriale ad essere incentrato su un biodigestore anaerobico: la tecnologia più avanzata a disposizione per ricavare nuova materia (compost) ed energia (biometano) dai rifiuti organici raccolti in modo differenziato.
Un bel salto rispetto all’attuale configurazione Cermec, che fa perno su un impianto di trattamento meccanico biologico (Tmb) che gestisce la frazione indifferenziata dei rifiuti urbani – da cui ricava una frazione organica stabilizzata (Fos) e una frazione secca utilizzabile come combustibile –, oltre a compostare la raccolta differenziata organica (Forsu) e gli sfalci e potature; a selezionare ulteriormente carta, cartone e plastiche raccolte in modo differenziato per avviarle a riciclo; avviare a riciclo gli imballaggi in legno.
Si tratta di un percorso di transizione ecologica incardinato in un Piano industriale che finalmente inizia a marciare spedito, ma paradossalmente c’è che ritiene opportuno provare ripetere gli errori del passato.
«È davvero necessario spendere tutto questo denaro pubblico in progetti così faraonici, quando, per ottenere combustibile dai rifiuti Css, sarebbe sufficiente riattivare ErreErre?», chiede sul quotidiano locale La Nazione Alessandro Nicodemi, già nei cda di Cermec e ErreErre.
Un quesito che pare mal posto (il biodigestore Cermec otterrà biometano da rifiuti organici, mentre il Css è prodotto a partire da rifiuti secchi) e che non sembra fare i conti col passato.
«La società ErreErre spa fu costituita nel 2003 da Cermec spa (al 51%) con un partner privato e divenne “operativa” nel 2008. La crisi societaria della controllata si aprì quando il nuovo management, rinnovato nel 2010, commissionò una due diligence sui conti aziendali di Cermec che portarono alla luce un “buco” di quasi 25 milioni di euro – ricordano oggi proprio da Cermec – ErreErre non vendeva il combustibile prodotto ma pagava i cementifici perché lo utilizzassero».
Ecco dunque che «riattivare ErreErre significherebbe investire su un’impresa che oltre ad essere diventata di fatto obsoleta, non risolverebbe alcunché nel ciclo dei rifiuti e sarebbe, oltretutto, economicamente “in perdita”. Che senso avrebbe, poi, investire in un’impiantistica di questo tipo senza essere in grado di valorizzare adeguatamente le crescenti raccolte differenziate? Sarebbe una imperdonabile perdita di occasioni per questo territorio», osservano da Cermec.
In particolare, per quanto riguarda ErreErre «non è dunque “un caso” se le aste fallimentari, ripetute dal curatore, sono andate costantemente deserte, facendo scendere la base d’asta fino agli attuali 1,3 milioni: evidentemente non c’è nessun imprenditore serio disposto ad investire su impianto malconcio, obsoleto, inadeguato alle esigenze odierne e vecchio – forse? – nella sua concezione fin dalla sua nascita. Cermec ha voltato pagina, rispetto agli anni 2000, e dopo aver risanato i propri bilanci oggi vuole essere un attore dell’economia circolare. Che qualcuno voglia ancora oggi guardare a quel remoto passato, alla luce di un nuovo Piano industriale che può finalmente rilanciare industrialmente ed ecologicamente l’azienda, risulta veramente tragicomico», concludono dalla società.
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