Il Piano regionale rifiuti e bonifiche (Prb) approvato in Toscana nel 2014 è ormai ampiamente scaduto senza aver traguardato nessuno dei principali obiettivi che si era dato su produzione rifiuti, raccolta differenziata, riciclo effettivo, recupero energetico e smaltimenti in discarica.

Da anni la Regione sta lavorando al suo sostituto, declinato stavolta in un Piano dell’economia circolare: gli ultimi annunci lo davano per atteso in Consiglio regionale lo scorso settembre, mentre adesso la deadline si è spostata a fine anno, come annunciato oggi dall’assessora regionale all’Ambiente Monia Monni, intervenuta questa mattina a Palazzo Strozzi Sacrati a Firenze al convegno Economia circolare e nuove pratiche per la raccolta ed il recupero, organizzato dalla Cgil Toscana con la partecipazione di Legambiente e dei principali gestori dei servizi d’igiene urbana attivi sul territorio.

«Entro la fine dell’anno consegnerò il nuovo Piano dell’economia circolare al Consiglio regionale – afferma Monni – Ci siamo dati obiettivi importanti: aumentare la qualità e la quantità della raccolta differenziata, introdurre l’obiettivo del 65% di riciclo e superare le discariche attraverso la realizzazione di impianti efficienti di riciclo e recupero. Questi elementi sono strettamente connessi tra loro, perché la raccolta differenziata è il mezzo più efficace per arrivare al raggiungimento dello scopo finale: estrarre valore dai rifiuti e far ritornare questo valore in circolo. Ricordiamoci però che è un mezzo, non un fine. I nostri obiettivi sono raggiungibili, ma ce la faremo solo se sapremo liberarci da gabbie ideologiche e pregiudizi per trovare le giuste soluzioni».

Tra queste spicca l’aspetto tecnologico più innovativo colto dall’Avviso pubblico bandito a monte del Piano regionale: il riciclo chimico, ovvero una tecnologia in grado di ricavare nuovi prodotti chimici utili alla transizione ecologica (come idrogeno e metanolo) da rifiuti secchi non riciclabili meccanicamente, destinati altrimenti a termovalorizzazione o discarica, quando non all’export.

Ad oggi l’ipotesi progettuale più avanzata sul riciclo chimico in Toscana è quella presentata per Empoli dall’Alleanza circolare capitanata da Alia, il gestore interamente partecipato dai Comuni dell’Ato centro e che per loro conto si occupa dei servizi d’igiene urbana sul territorio.

«L’Ato centro e la Toscana ne hanno bisogno – argomenta il presidente di Alia, Nicola Ciolini –, la sfida per la regione è quella di ridurre nel giro di pochi anni i conferimenti in discarica dal 35% al 10%,  e per fare questo c’è bisogno di impianti che comprano tutto il ciclo di gestione dei rifiuti. Questo com’era naturale attendersi vede posizioni diverse, un confronto che è già acceso sul territorio empolese in merito all’impatto di una tecnologia nuova. Alia ha deciso di sfidare il sistema tramite un percorso partecipativo, che abbiamo fatto partire subito coi vantaggi ma anche gli svantaggi che questo comporta, dato che la progettazione è ancora a un livello non definitivo; noi siamo sicuri della bontà di quello che abbiamo presentato e vogliamo condividerlo nella maniera più trasparente possibile coi territori. Con le ideologie purtroppo non è possibile discutere, di questo siamo più che consapevoli, ma vorremmo aprire un confronto con la maggioranza delle persone – che ha spirito critico – un confronto che sia veramente costruttivo, e possa rappresentare una strada per definire una volta per tutte il ciclo dei rifiuti».

In particolare, l’impianto di riciclo chimico “waste-to-chemicals” proposto dall’Alleanza circolare a Empoli prevede la possibilità di gestire 256mila t/a di rifiuti, dai quali sarebbe possibile ottenere circa 125mila t/a di metanolo (impiegabile come combustibile alternativo per la mobilità sostenibile o come materia prima seconda nell’industria chimica e manifatturiera) e 1.400 t/a di idrogeno (che può essere utilizzato nei processi industriali per decarbonizzare le industrie energivore e hard-to-abate).

«La rivoluzione che questa regione si attende dal Piano per l’economia circolare dipende anche da quanto riusciremo a raccontare il riciclo chimico – sottolinea nel merito il presidente di Legambiente Toscana, Fausto Ferruzza (nella foto, ndr) – Se lo raccontiamo dicendo semplicemente che in questo impianto arrivano 200mila tonnellate di rifiuti si crea il panico; spieghiamo invece che quella stessa quantità di rifiuti in questo momento sta andando in Germania, a Brescia, al cementificio di Varna (è qui che avrebbero dovuto arrivare le ecoballe di rifiuti disperse invece per errore nel Golfo di Follonica, ndr), e col riciclo chimico ovviamo a un problema che abbiamo sul groppone da anni e che facciamo finta di non vedere. Finora abbiamo messo la polvere sotto il tappeto facendo finta che non esista, ma invece il problema continua esistere. Il tema è cominciare a spiegare che quello è un impianto industriale per la produzione di metanolo e idrogeno, per creare opportunità di sviluppo e occupazione, per le industrie di quel territorio; serve una buona concertazione e partecipazione, una trasparenza che dev’essere cristallina rispetto agli impatti. Questa narrazione può convincere le persone, dobbiamo spiegare che quelli sono impianti industriali che servono ed evitano inceneritori e discariche».

Una prospettiva ampiamente condivisa da Monni nel suo intervento conclusivo: «Si tratta di impianti il cui scopo è produrre un certo output, non smaltire rifiuti. La logica è quella di realizzare nuove filiere industriali, in grado di partire dai nostri rifiuti per realizzare un pezzo d’industria, possibilmente all’interno di aree già industriale dove i vari soggetti presenti possano dialogare tra loro. Questo non rende meno importanti i termovalorizzatori esistenti in Toscana, all’interno di un ciclo di gestione rifiuti che ha bisogno di molteplici risposte per poter stare in piedi: il riciclo chimico non toglie il valore dei termovalorizzatori, ma per il futuro della Toscana abbiamo voluto provare ad avere uno sguardo più lungo e contemporaneo. I termovalorizzatori sono comunque una scelta assolutamente preferibile alla discarica, dunque il sostegno agli impianti già presenti sul territorio è assoluto e totale».

L’articolo Empoli e non solo: perché il riciclo chimico serve alla Toscana, spiegato da Legambiente sembra essere il primo su Greenreport: economia ecologica e sviluppo sostenibile.