La plastica è uno dei materiali più inquinanti che l’uomo abbia mai potuto concepire: non solo necessita di petrolio per essere prodotta (con il conseguente rilascio di gas serra nell’ambiente), ma è anche praticamente impossibile da smaltire in modo sostenibile dal punto di vista ambientale – per non parlare dell’inquinamento aggiuntivo connesso alle pratiche di riciclo di questo materiale.
Sappiamo che un quinto della plastica prodotta nel mondo non viene correttamente stoccata e smaltita, ma si disperde nell’ambiente – finendo spesso bruciata in discariche a cielo aperto o dispersa negli ecosistemi marini (dove di degrada fino a formare pericolosissime microplastiche). Diversi governi del mondo si stanno attivando per provare a mettere un freno all’indiscriminata produzione di milioni di tonnellate di nuova plastica ogni anno, ma la strada sembra essere ancora lunga e ostica.
In questo mare di plastica, la plastica biodegradabile viene spesso proposta come alternativa ecologica e sostenibile, e questo indirizza ovviamente le scelte d’acquisto di molti consumatori attenti all’ambiente. Ma è proprio così? Cerchiamo di fare chiarezza.
(Leggi anche: L’inquinamento da plastica del mondo è ormai quasi irreversibile, lo studio)
Biodegradabile o compostabile?
Nonostante sia nell’occhio del ciclone, rimangono in circolazione molti oggetti in plastica che usiamo soltanto pochi minuti prima di gettarli. Per questo, oggetti monouso in bioplastica, cioè plastica ottenuta da materiali di origine vegetale, sono sempre più diffusi.
Ma attenzione, Bio non significa necessariamente raccolta dell’organico: il prodotto non deve essere soltanto biodegradabile, ma anche compostabile e recare simboli o diciture che attestino la relativa certificazione di compostabilità. È necessario, quindi, fare una distinzione fra i diversi termini:
Si intende plastica riciclabile quel materiale che può essere recuperato e riplasmato per dare vita a nuovi prodotti, come imballaggi o bottiglie: questo permette da una parte di diminuire la quantità di rifiuti stoccati nelle discariche, e dall’altra di evitare di produrre nuovo materiale partendo dal petrolio.
La plastica biodegradabile è un tipo di plastica non necessariamente bio-based (ovvero prodotto utilizzando risorse biologiche, come mais o bucce della frutta), ma che contiene un additivo importante, aggiunto in fase di produzione del materiale: esso permette un’accelerazione del processo di biodegradazione del materiale, in combinazione con specifici enzimi e batteri che scompongono la plastica in biomassa, anidride carbonica e acqua.
Infine, la plastica compostabile è pensata per trasformarsi in un compost ricco di sostanze nutritive per il terreno alla fine del suo ciclo vitale, che dura in linea generale tre mesi al massimo. Molti dei nuovi prodotti monouso che sostituiscono quelli in plastica tradizionale (cucchiaini, cannucce, piatti e bicchieri) sono ormai realizzati con questo tipo di plastica.
Ora che abbiamo fatto chiarezza su questi importanti termini e sul loro significato, possiamo spiegare perché un bicchiere in plastica biodegradabile non può essere smaltito nell’organico e divenire compost, mentre uno in plastica compostabile sì. Come specificato dalla norma tecnica UNI EN 13432:2002 dal titolo “Requisiti per imballaggi recuperabili mediante compostaggio e biodegradazione”, promulgata nel 2002 e tuttora in vigore nel nostro Paese:
Gli oggetti compostabili sono trattati per produrre compost e devono essere sufficientemente biodegradabili in modo da non ostacolare la raccolta separata e il processo o l’attività di compostaggio in cui sono introdotti. Al contrario, i rifiuti biodegradabili sono di natura tale da poter subire una decomposizione fisica, chimica, termica o biologica grazie alla quale la maggior parte del compost risultante finisca per decomporsi in biossido di carbonio, biomassa e acqua.
Quindi, i prodotti biodegradabili hanno bisogno di alcuni mesi per degradarsi nell’ambiente, nonché della “collaborazione” di specifici enzimi, pertanto la loro decomposizione non può avvenire nel sacchetto dei rifiuti organici ma in specifici impianti di compostaggio industriale.
Al contrario, la plastica compostabile può essere gettata nell’umido di casa ed essere usata come componente del compost da giardino, poiché pensata proprio con questo scopo e in grado di degradarsi completamente nel giro di poche settimane.
Se si hanno ancora dubbi sulla raccolta differenziata degli oggetti in plastica riciclabile, biodegradabile e compostabile, consigliamo di fare riferimento all’app per cellulare Junker, che è in grado di riconoscere i vari tipi di prodotti da gettare semplicemente scansionando il codice a barre, e suggerire il cassonetto giusto per il loro conferimento.
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Fonti: UNI / Senato della Repubblica / Junker
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