Piuttosto che mettersi in cerca di miniere, l’Italia dovrebbe valorizzare le fonti secondarie di materia che ha in casa. Le tecnologie da implementare ci sono già

di CLAUDIA BRUNORI*

Enea da tempo sta provando a spostare l’attenzione dal tema dell’approvvigionamento mediante estrazione primaria a un approvvigionamento alternativo da fonti secondarie, sicuramente più sostenibile da tutti i punti di vista. Si parla molto di semplificare i processi di autorizzazione delle miniere. Allo stesso modo si dovrebbe parlare della necessità di semplificare le autorizzazioni per gli impianti di riciclo. Questi non vanno visti come impianti per il trattamento dei rifiuti ma, secondo un’inversione di paradigma, come impianti per la produzione di materie prime assimilabili. 

In un Paese come il nostro, che non dispone di tante fonti primarie e che da oltre trent’anni ha abbandonato le attività di estrazione primaria, occorre anzitutto capire qual è il potenziale di cui disponiamo, mediante una mappatura geomineraria. In considerazione del fatto che le materie prime critiche sono risorse a prescindere dalla tipologia della fonte da cui vengono estratte, è altrettanto necessario fare una mappatura delle nostre potenziali fonti secondarie. Tale mappatura, in correlazione con una mappatura delle esigenze attuali e future, è la base per la definizione di un piano strategico per le materie prime. Una volta fatto ciò, si potrebbero individuare le miniere necessarie per l’approvvigionamento delle materie prime non recuperabili da fonti secondarie e si dovrebbe iniziare il percorso che porti alla loro operatività, in adempimento di tutti i più recenti criteri di sostenibilità, con un processo che inevitabilmente non è realizzabile nel breve termine. 

“La circolarità deve partire dalla progettazione dei prodotti, prevedendo un uso sempre minore di materie prime critiche”

Al contrario la valorizzazione delle fonti secondarie, siano esse rifiuti, scarti industriali o scarti delle miniere, è un canale già disponibile. E le tecnologie brevettate per ottenere questa valorizzazione spesso, anche se non ancora su scala industriale, ci sono già.  

Occorre investire su tecnologie basate sui processi idrometallurgici. In questi processi si separano le singole componenti dell’oggetto estraendo i metalli a temperatura ambiente. Questi metalli vengono separati a loro volta in base alle loro caratteristiche chimico-fisiche. In quest’ottica, bisogna pensare a un’implementazione industriale secondo un approccio prodotto-centrico, recuperando da esso non solo le materie prime critiche ma anche tutto il resto e minimizzando scarti ed emissioni. Rimarrà comunque una parte di materie prime che dovremo continuare a importare da Paesi extra Ue. 

Alla luce di tutto ciò, la circolarità deve partire dalla progettazione dei prodotti, prevedendo un uso sempre minore di materie prime critiche. E, in ogni caso, meno importiamo e meglio è. L’impronta ambientale che le materie prime si portano dietro deriva per la maggior parte dal loro trasporto. 

*responsabile Divisione Uso efficiente delle risorse e chiusura dei cicli Enea

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