Senegal, Egitto e Marocco, ma anche zone residenziali e diverse acciaierie italiane: se vi chiedevate che fine fanno i vostri rifiuti elettronici una volta che li avete dati all’apposita isola ecologica, sappiate che in Italia 1 RAEE su 3 sfugge alla corretta filiera e va verso destinazioni decisamente anomale.

La causa? È da ricercare soprattutto nella raccolta: se una parte dei RAEE resta (inutilmente) nelle nostre case, moltissimi altri finiscono nelle mani sbagliate di soggetti che li utilizzano per estrarre materie in modo economico senza curarsi dell’aspetto ambientale. E questo comporta anche una significativa diminuzione della capacità di riciclare tutte le materie prime seconde e le materie prime critiche.

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Un chiaro allarme che arriva da Altroconsumo e da Erion WEEE che nell’indagine “RAEE: Chi l’ha visto?” hanno seguito per 6 mesi e grazie all’utilizzo di tracker GPS i percorsi di oltre 350 RAEE dal momento dell’uscita dalle case dei consumatori fino alla loro destinazione finale.

Questa inchiesta evidenzia ancora una volta il cuore del problema: accanto al Sistema RAEE italiano che funziona e porta benefici al Paese c’è una zona grigia fatta anche di traffici illeciti. Affinché non vengano vanificati gli sforzi dei cittadini e dei soggetti virtuosi che operano nel settore, è necessario intensificare i controlli lungo tutta la filiera e prevedere sanzioni più dure per chi alimenta questi flussi, dichiara Giorgio Arienti, DG di Erion WEEE.

L’inchiesta 

In Italia sono poco più di 6 su 10 i Rifiuti di Apparecchiature Elettriche ed Elettroniche, sia di grandi che di piccole dimensioni, che, una volta usciti dalle nostre case, seguono il percorso che porta a un impianto accreditato in grado di garantirne il corretto riciclo. Che fine fanno tutti gli altri?

Proprio per rispondere a questo interrogativo, l’inchiesta ha previsto il monitoraggio di 370 RAEE (300 grandi apparecchiature e 70 piccole) provenienti da tutte le regioni di Italia. All’interno del campione analizzato ci sono rifiuti elettronici differenti e appartenenti a 4 Raggruppamenti:

R1 (come frigoriferi o congelatori)
R2 (come lavatrici o lavastoviglie)
R3 (come notebook o tablet)
R4 (elettronica di consumo e piccoli apparecchi)

Su ognuna di queste apparecchiature è stato installato un dispositivo GPS in grado di monitorarne la posizione lungo tutto il percorso, a partire dalla casa in cui si trovava prima del conferimento.

A fronte di un campione di 264 RAEE considerato valido ai fini dell’inchiesta (per gli altri 106 la trasmissione è stata interrotta nel luogo del primo conferimento o il trasmettitore è risultato difettoso), solo 175 (il 66,3%) sono giunti in uno degli impianti accreditati al Centro di Coordinamento RAEE (CdC RAEE), rimanendovi per un periodo di tempo sufficiente a poter essere trattati correttamente.

In 12 casi (4,5% del campione), invece, la permanenza dei RAEE nell’impianto accreditato è stata troppo breve per consentire una lavorazione plausibile, in linea con gli standard qualitativi dal Centro di Coordinamento RAEE, mentre altri 15 rifiuti (5,7%), sono stati trasportati in impianti registrati, ma non accreditati e quindi non tenuti formalmente a rispettare gli standard di trattamento riconosciuti dal Centro di Coordinamento.

Anche i restanti 62 RAEE monitorati (pari al 23,5% del campione), hanno intrapreso un percorso non virtuoso: i rifiuti, infatti, dal luogo di conferimento hanno raggiunto una destinazione diversa da quella prevista, finendo in alcuni casi addirittura illegalmente all’estero (3 notebook per esempio sono arrivati in Senegal, Egitto e Marocco). In altri casi, la trasmissione si è interrotta presso zone residenziali dove la batteria del tracciatore si è scaricata o dove il tracciatore è stato rilevato e messo fuori uso. Inoltre, non mancano RAEE gettati in discariche abusive o consegnate direttamente ad acciaierie o attività di recupero e riciclo di metalli ferrosi senza essere lavorati.

Perché accade?

Nel nostro Paese gli impianti accreditati al Centro di Coordinamento RAEE sono in grado di riciclare oltre il 90% in peso dei RAEE.

Il problema, quindi, secondo gli studiosi, è da ricercarsi non nel riciclo, ma nella raccolta: una parte di questi resta nelle case degli italiani, ma gli altri?

Secondo l’ultimo Rapporto annuale del CdC RAEE, il dato di raccolta pro-capite di RAEE Domestici in Italia si attesta su 6,12 kg per abitante, a fronte di un obiettivo europeo pari a 11 kg: secondo le stime di Erion WEEE, mancano all’appello circa 400mila tonnellate di RAEE domestici, cioè 3 milioni di grandi elettrodomestici (come frigoriferi, condizionatori e lavatrici) e più di 400 milioni di piccoli elettrodomestici (come cellulari, microonde, radio).

È un “buco nero” allarmante – conclude Arienti – perché per ogni RAEE che viene sottratto perdiamo un’opportunità. Il nostro è un appello alle istituzioni affinché vengano attuati interventi efficaci di tutela di un interesse collettivo, ambientale ed economico.

Cosa fare? Noi consumatori dovremmo essere certamente più attenti nello smaltire correttamente i rifiuti, anche se – in ogni caso – servirebbero regole stringenti, certezza delle sanzioni e più vigilanza.

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