La normativa europea definisce i rifiuti pericolosi come quelli che presentano una o più caratteristiche di pericolo – esplosive, irritanti, tossiche –, facendo rientrare in questo perimetro anche rifiuti generati giornalmente nelle nostre case: ad esempio alcuni medicinali, batterie usate, prodotti per la pulizia, apparecchiature elettroniche, etc.

Si tratta di una frazione di rifiuti che continua a crescere. Secondo il nuovo rapporto appena pubblicato dalla Corte di conti europea sul tema, nell’Ue la generazione di rifiuti pericolosi è cresciuta del 23% nel Vecchio continente dal 2004 al 2018 (arrivando a 228 Kg procapite l’anno), mentre in Italia è arrivata a segnare un +58% (168 Kg procapite l’anno) nello stesso periodo.

«La produzione di rifiuti pericolosi aumenta e l’Ue non può non affrontare la questione – commenta Eva Lindström, il membro della Corte responsabile dell’analisi – I metodi da preferire per occuparsi dei rifiuti pericolosi sono il riciclo e il recupero di energia. Si dovrebbe ricorrere allo smaltimento solo come estrema risorsa. Ciononostante, oltre il 50% del totale dei rifiuti pericolosi dell’Ue viene ancora smaltito».

Anche perché, come riconosce la stessa Corte, la «maggior parte di tali rifiuti non è adatta al riutilizzo e il riciclo è limitato da impedimenti tecnici e dalla mancanza di opportunità di mercato per i rifiuti riciclati». Se per alcune frazioni (in primis i Raee) è lecito e necessario attendersi importanti progressi sul fronte del riciclo, per altre occorre garantire una dotazione impiantistica adeguata per recupero energetico o smaltimento in sicurezza.

Ma anche qui c’è molto da migliorare. A livello Ue, nel 2018 il gap tra rifiuti pericolosi generati e quelli trattati è pari a 22 milioni di tonnellate (22%), con un divario che cambia molto tra gli Stati membri considerati: si spazia dall’1% di Bulgaria, Estonia o Grecia a oltre il 50% di Repubblica Ceca, Slovacchia, Austria o Lituania. Anche l’Italia si colloca vicino a quest’ultimo gruppo, con poco meno della metà dei rifiuti pericolosi generati annualmente che non vengono trattati. Come mai?

Per la Corte, il divario tra generazione e trattamento dei rifiuti pericolosi può essere dovuto a vari motivi: i rifiuti prodotti in un anno possono essere conteggiati come trattati in un altro periodo, la mancanza di dati completi sull’import/export, le diverse modalità di conteggio presenti tra i vari Stati membri, etc.

Per l’Italia, non è superfluo sottolineare la continua diminuzione degli impianti di trattamento presenti lungo lo Stivale, e non solo per i rifiuti pericolosi. Di fatto, il nostro Paese emerge dal report della Corte come uno dei più esposti alle criticità nella gestione dei rifiuti pericolosi.

A livello Ue, nel periodo 1990-2022 la Commissione ha avviato 216 procedure d’infrazione sui rifiuti pericolosi nei confronti degli Stati membri, e l’Italia risulta seconda in questa poco virtuosa classifica (con 25 procedure) dietro alla sola Spagna. Non mancano casi particolarmente critici, come quello della Terra dei fuochi: «I rifiuti tossici vengono bruciati e seppelliti illegalmente dalla fine degli anni ’80 nella regione Campania», rimarca la Corte, osservando che se tra gennaio 2012 e agosto 2013 sono stati segnalati nella regione 6.034 “incendi tossici”, ancora nel 2021 ne sono stati segnalati 1.406.

Le carenze nella filiera legale di gestione dei rifiuti pericolosi, com’è evidente, lascia spazi maggiori all’illegalità. «Il traffico illecito e lo scarico abusivo dei rifiuti pericolosi continuano a essere attività lucrative: secondo alcune stime, i ricavi annuali si attestano tra 1,5 e 1,8 miliardi di euro per il solo traffico illecito» a livello europeo, sottolinea la Corte.

In questo contesto, è utile investire in una corretta informazione e comunicazione ambientale verso la cittadinanza, per spiegare che i rifiuti pericolosi (urbani o speciali) non sono qualcosa di cui aver paura, ma da gestire con una particolare attenzione all’interno di impianti dedicati, in modo che non vengano dispersi nell’ambiente, arrecando danni all’ecosistema e/o alla salute umana. Al contrario, le sindromi Nimby e Nimto che bloccano la realizzazione di questi impianti – si pensi ad esempio ai moduli di discarica per smaltire i rifiuti contenenti amianto – favoriscono gli smaltimenti illegali.

L’articolo I rifiuti pericolosi continuano a crescere, ma l’Italia tratta solo la metà di quelli che produce annualmente sembra essere il primo su Greenreport: economia ecologica e sviluppo sostenibile.