Se c’è un periodo in cui le case e i luoghi di lavoro cambiano volto, è quello delle feste di Natale. Vera e propria tradizione, negli ultimi anni, gli addobbi sono diventati parte integrante di un rito che spesso viene sempre più anticipato rispetto alla data “storica” dell’8 dicembre, giorno in cui da armadi, soffitte e cantine riemergono presepi e decorazioni natalizie.

Come ogni anno tutto ciò porta anche delle domande, curiosità e richieste di approfondimento. Uno dei dilemmi più ricorrenti è se sia più sostenibile l’abete vero o quello finto. Quest’anno a porsi la domanda è anche il Washington Post.

Rileva la nota testata americana come il dilemma per i cittadini sia tra lo scegliere l’albero vero che rappresenta la tradizione – che rimanda al ricordo di quando si prendeva o nel bosco o in un lotto di alberi del quartiere, e che è il The One, l’unico, l’abete perfetto per la propria casa – o un albero artificiale. Negli ultimi anni una percentuale di piante vere è stata infatti sostituita da quelle finte, perché ritenute più pratiche da mettere via e riprendere e in alcuni casi anche per avere decorazioni e luci già incorporate.

Considerato che quando si parla di sostenibilità, spesso si valorizzano le pratiche del riuso e al contempo si sa bene che la deforestazione che colpisce molte aree del pianeta sta “togliendo ossigeno” alla specie umana (incidendo sui livelli di emissioni climalteranti), a molti è venuta la legittima domanda se sia più sostenibile avere in casa un albero vero o uno artificiale.

Gli alberi di Natale veri e la filiera corta italiana

In Italia in media – secondo i dati Coldiretti 2020 – l’albero vero entra nelle case di 3,6 milioni di famiglie. Nel tempo è però andato rimpicciolendosi (in media quasi di un metro, attestandosi circa sul metro e mezzo), per questioni economiche ma non solo: facilità di trasporto e minor spazio nelle abitazioni hanno infatti ridimensionato l’angolo natalizio.

Secondo uno studio diffuso sempre da Coldiretti nel 2018 un albero artificiale di circa 1,90 metri può avere un’impronta di carbonio equivalente a circa 40 chili di emissioni di gas serra, che è più di 10 volte quello di un albero vero. Perché l’impatto ambientale di un albero finto è così alto?

Ad incidere sul calcolo dell’impronta ecologica di un abete artificiale sono due aspetti. Il primo è la materia prima, essendo solitamente realizzato in PVC, plastica, ed essendo difficile da riciclare al fine vita (anzi, si stima che la degradazione possa richiedere anche 200 anni!). Il secondo è che di norma sono prodotti in Cina e – rileva Coldiretti – per arrivare nelle nostre case devono in media percorrere 9mila chilometri.

Secondo i diversi studi riportati dal Washington Post, per ammortizzare le emissioni di un albero artificiale, questo dovrebbe essere riutilizzato per 20 anni, anche se rimarrebbe alla fine il problema del fine vita, come rilevato da Bill Ulfelder, direttore esecutivo della Nature Conservancy di New York, che ricorda come non ci sia una alternativa alla discarica.

In Italia invece esistono diverse colture di abeti veri, si può propendere quindi per il Made in Italy – verificabile facilmente al momento dell’acquisto – sostenendo così anche una filiera che consente di manutenere correttamente zone montane e collinari, aspetto fondamentale nella lotta al dissesto idrogeologico e alla cura per la prevenzione degli incendi. Secondo i dati Coldiretti 2018, gli abeti utilizzati come ornamento natalizio derivano per circa il 90% da coltivazioni vivaistiche mentre il restante 10% (cimali o punte di abete) dalla normale pratica forestale che prevede interventi colturali di “sfolli”, diradamenti o potature indispensabili per lo sviluppo e la sopravvivenza del bosco.

Curiosità: dove vengono maggiormente coltivati gli alberi di Natale in Italia? In Toscana e Veneto, l’avreste mai pensato?

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La sostenibilità degli alberi di Natale

A spiegare perché abbia valore – anche ambientale – lo scegliere alberi naturali è ancora Bill Ulfelder. Come riportato sulle pagine del Washington Post, egli afferma infatti che “non dovrebbe esserci alcun rimorso, nessun senso di colpa, tipo, ‘Oh mio Dio, è un albero tagliato’. È assolutamente il contrario”, in quanto “gli alberi sono una risorsa rinnovabile”, purché la filiera venga gestita in maniera responsabile aggiungiamo noi.

A confermare che la scelta più ecosostenibile sia l’albero vero è anche PEFC Italia, il sistema di certificazione per la gestione forestale sostenibile più̀ diffuso in Italia e al mondo che ricorda come tra le virtù della scelta di un albero naturale vi è il fatto che l’abete svolga una funzione di “filtro” in natura, anche da reciso, assorbendo anidride carbonica, rilasciando ossigeno ma anche olii essenziali nell’ambiente. Riporta il WP come, secondo il Sightline Institute, la crescita degli alberi di Natale possa sequestrare quasi una tonnellata di anidride carbonica per acro. E per ogni albero raccolto, secondo l’NCTA, negli Stati Uniti vengono piantate da una a tre piantine la primavera successiva. A fine vita può poi tornare in natura grazie al compostaggio.

La scelta dell’albero, non è quindi indifferente: come ci ha spiegato Francesco Dellagiacoma, presidente di PEFC Italia: “Scegliere un abete vero significa anche farlo con coscienza: rivolgersi a vivai specializzati o assicurarsi che provenga da attività di gestione forestale sostenibile, vuol dire sostenere aziende agricole che impiegano centinaia di persone in aree montane a rischio spopolamento e creare una relazione positiva tra città e montagna, prendendo le distanze da sistemi produttivi incompatibili con l’ambiente. Evitare la plastica significa quindi contribuire all’economia di aziende che lavorano nelle aree interne del nostro Paese e che hanno al centro della loro attività la sostenibilità e il rispetto delle nostre foreste”.

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Cosa fare dell’albero vero dopo le feste

Gli alberi recisi o con la terra possono essere smaltiti presso le isole ecologiche o i punti specifici di raccolta per essere avviati agli impianti di compostaggio. Se si ha un giardino privato, si può anche provare a ripiantarlo – stando attenti alla distanza dagli edifici, considerato che parliamo di piante a rapido accrescimento – ma mai va reinserito in natura, specie nei boschi perché sarebbe una pianta alloctona rispetto all’ecosistema e bisogna evitare di inserire piante estranee al contesto ambientale.

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