Lo studio “Insights into plastic biodegradation: community composition and functional capabilities of the superworm (Zophobas morio) microbiome in styrofoam feeding trials”, pubblicato su da Jiarui Sun, Apoorva Prabhu, Samuel Aroney e Christian Rinke dell’Australian Centre for Ecogenomics, School of Chemistry and Molecular Biosciences dell’università del Queensland, ha scoperto che i bruchi di Kaimano, il coleottero Zophobas morio della grande famiglia dei tenebrionidi, possono mangiare il polistirene, grazie a un enzima batterico presente nel loro intestino.
Per 3 settimane, il team ha nutrito i superworm Kaimano con diete diverse: somministrando ad alcuni bruchi schiuma di polistirene, ad altri crusca e altri sono rimasti a digiuno e Rinke spiega che «Abbiamo scoperto che i superworm alimentati con una dieta a base di solo polistirene non solo sono sopravvissuti, ma hanno anche avuto un aumento marginale di peso. Questo suggerisce che i bruchi possono ricavare energia dal polistirene, molto probabilmente con l’aiuto dei loro microbi intestinali».
Il team di ricerca australiano hanno utilizza la metagenomica per trovare diversi enzimi codificati con la capacità di degradare il polistirene e lo stirene e sottolinea che «L’obiettivo a lungo termine è progettare enzimi per degradare i rifiuti di plastica negli impianti di riciclaggio attraverso la triturazione meccanica, seguita dalla biodegradazione enzimatica».
Rinke spiega ancora: «I superworm sono come mini impianti di riciclaggio, che distruggono il polistirene con la bocca e poi ci alimentano i batteri nel loro intestino. I prodotti di degradazione di questa reazione possono quindi essere utilizzati da altri microbi per creare composti di alto valore come le bioplastiche».
All’università del Qeensland sperano che questo riciclo biologico incentivi il riciclaggio dei rifiuti di plastica e riduca le discariche. La Sun ha aggiunto: «Puntiamo a far crescere i batteri intestinali in laboratorio e testare ulteriormente la loro capacità di degradare il polistirene. Possiamo quindi esaminare come possiamo aumentare questo processo a un livello richiesto per un intero impianto di riciclaggio».
Rinke ha concluso: «Ci sono molte opportunità per la biodegradazione dei rifiuti di plastica. Il nostro team è molto entusiasta di spingere la scienza a realizzarla».
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