5.000 euro per poter dare avvio ad una tecnologia che recupera terre rare dai rifiuti elettronici (RAEE), miniere di risorse decisamente poco sfruttate. Questo è il target della campagna di crowdfunding dell’Università di Milano Bicocca, lanciata da un gruppo di giovani ricercatori.
Cosa sono le terre rare e perché sono così importanti (e così importante recuperarle)
Le terre rare sono elementi chimici essenziali per il funzionamento di moltissimi dispositivi elettronici ormai indispensabili per le cosiddette economie avanzate. Non sono rare affatto in realtà ma, come molti altri elementi, sono presenti nella crosta terrestre in modo disomogeneo, concentrati in territori prevalentemente al di fuori dei Paesi europei.
Ma noi abbiamo altre miniere (e in generale dobbiamo davvero smetterla di continuare a prelevare risorse dal nostro Pianeta), i prodotti elettronici stessi che usiamo e che poi non funzionano più (ovvero “a fine vita”). Recuperare gli elementi da lì non è affatto facile, ma è necessario trovare il modo di farlo per la nostra salvezza.
A raccogliere questa sfida è (anche) un gruppo di giovani ricercatori dell’Università di Milano-Bicocca con il progetto RARE: in particolare, il sistema messo a punto da loro impiega due tipologie di rifiuto e, grazie alle nanotecnologie, le terre rare vengono “estratte” da apparecchi elettronici in disuso utilizzando un dispositivo realizzato con materiale poroso partendo dagli scarti dell’industria chimica e dell’acciaio.
Come spiegano i ricercatori, l’estrazione e la purificazione di queste sostanze ha diverse problematiche: innanzitutto, il processo estrattivo è molto inquinante, infatti, secondo le stime, per ogni tonnellata di terre rare estratta da processi minerari, vengono prodotti 13 Kg di polveri, fino a 12.000 m3 di scarichi gassosi e 75 m3 di acque inquinate e una tonnellata equivale ad altrettanti residui radioattivi, nocivi per la salute umana e di difficile smaltimento.
Esiste poi un enorme problema sociale e umano: l’estrazione di queste risorse avviene prevalentemente in Paesi in via di sviluppo, con poche se non assenti tutele non solo ambientali ma anche del lavoro minorile e in generale rivolte alla sicurezza.
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Con questo progetto intendiamo affrontare il problema sfruttando il potenziale di materie prime ottenute come scarti di diverse industrie (metallurgica, edilizia, fosfati, fluoroderivati ecc.) – spiegano ancora gli scienziati – Normalmente, questi rifiuti richiedono dei trattamenti costosi e difficili per il loro smaltimento, ma grazie al nostro progetto diventeranno risorse di fondamentale importanza
La tecnologia dell’Università di Milano-Bicocca
L’idea alla base del progetto RARE è di utilizzare e valorizzare dei materiali porosi di scarto, ovvero contenenti numerosi canali e aperture, adatti per la cattura delle terre rare, in particolare dell’industria chimica e dell’acciaio che, con opportune lavorazioni, formano dei prodotti solidi con elevata area superficiale e capacità di assorbimento.
A questi materiali possono essere legate molecole in grado di catturare le terre rare, in modo più selettivo delle tecnologie convenzionali. L’idea ora è di testare in laboratorio diversi materiali per quantificarne la capacità e la selettività effettiva quando si cerca di “catturare” un elemento in miscela con altri.
RARE ha già incassato il sostegno della EIT Raw Materials, consorzio europeo che si occupa delle materie prime non fossili a supporto della transizione energetica, da quest’anno partner di BiUniCrowd.
Ma per partire il progetto ha bisogno di 5.000 EUR, che possono essere raccolti tramite la pagina dedicata di Produzioni del Basso: da oggi partono sessanta giorni per arrivare al traguardo, ma già a 2.500 EUR scatterà il contributo dell’azienda partner che coprirà la restante parte della somma.
Fonte: Produzioni dal Basso
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