Un team di ricercatori del Joint research centre (Jrc) della Commissione europea, guidato da Dario Caro, ha elaborato il report Assessment of the definition of recycling per contribuire a fare chiarezza sulle rampanti tecnologie di riciclo chimico, in grado di valorizzare i rifiuti non riciclabili meccanicamente sottraendole a discariche ed inceneritori (per non parlare della sempre presente opzione export).

Tecnologie che si stanno affacciando anche in Toscana, nell’ambito dell’avviso pubblico bandito dalla Regione per dare corpo al prossimo Piano regionale dell’economia circolare. Il progetto in fase più avanzata è quello empolese, per il quale è in avvio un percorso partecipativo e che ad agosto ha visto la firma del contratto di ingegneria di base tra Alia e MyRechemical.

Contattato dalla nostra redazione, Caro – una delle firme scientifiche di punta del think tank di greenreport – afferma di guardare con favore al possibile sviluppo del progetto empolese, visto anche che la Commissione europea sta promuovendo attivamente lo sviluppo del settore.

Occorre però definire con maggiore precisione i tassi di riciclo legati ai processi chimici, facendo chiarezza in primis tra riciclo chimico e recupero chimico, in base all’output del processo – prodotti o combustibili –, oltre a distinguere tra le diverse tecnologie a disposizione: depolimerizzazione chimica, pirolisi, gassificazione (come nel caso empolese), cracking, etc.

Il rapporto del Jrc – non ancora pubblico, la fase di revisione è in ultimazione – punta a fornire un contributo essenziale in questo campo, e rappresenta il principale riferimento scientifico del position paper sul riciclo appena pubblicato dal laboratorio Ref ricerche.

Come riporta il position paper, il riciclo chimico è definito come «l’insieme delle “operazioni che mirano al recupero di materia, sostanze e prodotti dai rifiuti modificandone la struttura chimica mediante processi chimici”. In altre parole, è una tipologia di trattamento che consente di trasformare la materia in sostanze (liquide, gassose, solide) che costituiscono a loro volta gli input di altri processi industriali».

Lo stesso Jrc – anticipano da Ref – suggerisce «l’opportunità di ulteriori ricerche e approfondimenti, per le singole frazioni di rifiuto, al fine di chiarire come e dove il riciclo chimico è complementare al riciclo meccanico e preferibile ad altre forme di recupero, come il recupero energetico».

E per favorire una riflessione inclusiva sul tema, il Jrc ha condotto anche un’indagine tra gli stakeholder sulla possibile evoluzione del comparto: «In sintesi – riporta Ref – dal punto di vista dei principali stakeholders emerge come il riciclo chimico necessiti di essere incluso nei calcoli del tasso di riciclaggio, laddove l’output del processo è coerente con quanto definito dalla direttiva quadro sui rifiuti, fattore che da un lato porterebbe ad un aumento dei tassi di riciclaggio in Europa e che dall’altro favorirebbe anche la diffusione di tale tecnologia. Al contempo, a fronte di una richiesta degli stakeholders di impiegare l’approccio del bilancio di massa per il calcolo della quota di riciclo nei processi di riciclo chimico, il Jrc evidenzia come, ad oggi, manchino ancora regole chiare su come tale bilancio di massa debba essere computato. Pertanto, occorre innanzitutto chiarire come ciò debba avvenire e, in senso più ampio, codificare le regole di calcolo del riciclaggio».

Al contempo, è evidente che la potenziale diffusione su larga scala di una tecnologia emergente genererebbe degli impatti ambientali, ma anche sociali ed economici – come qualsiasi altra attività industriale – che occorre prevedere.

«Per quanto riguarda la dimensione economica – continuano nel merito da Ref ricerche – l’inclusione del riciclo chimico nel computo dei tassi di riciclo genererebbe un aumento degli investimenti nel comparto e al contempo una riduzione dei ricavi degli impianti di discarica e di incenerimento. A fronte di maggiori costi amministrativi e operativi per via dell’applicazione della nuova normativa, il Jrc individua una potenziale riduzione dei prezzi dei prodotti riciclati nel lungo periodo, generata dall’aumento dei volumi delle materie prime seconde immesse al consumo».

Ampliando le osservazioni anche alla dimensione sociale, l’inclusione del riciclo chimico nel computo dei tassi di riciclo «genererebbe un incremento dell’occupazione nel comparto, sebbene il Jrc non escluda dei potenziali impatti negativi sulle condizioni lavorative generati da inquinamento e aumento dei rifiuti trattati, che appaiono tuttavia superabili laddove l’impianto è progettato e condotto nel rispetto della normativa di settore».

Infine, la dimensione ambientale: «L’inclusione del riciclo chimico nel computo dei tassi di riciclo secondo il Jrc avrebbe un impatto positivo, per via della riduzione delle emissioni di gas serra generata dall’aumento del materiale riciclato in sostituzione di quello vergine e dal minore ricorso agli impianti di incenerimento per il trattamento degli scarti che non possono essere riciclati meccanicamente. Tuttavia, quest’ultima valutazione andrebbe corroborata da un’analisi di Lca, allo scopo di verificare per quali flussi le tecnologie di riciclo chimico risultano essere preferibili alla termovalorizzazione».

In conclusione, premessi i concetti ancora da chiarire nel dibattito scientifico in merito a queste tecnologie, Ref ricerche sintetizza che «nelle valutazioni del Jrc l’inclusione del riciclo chimico nel computo dei tassi di riciclo avrebbe un impatto trasversale sulla dimensione economica, socioeconomica e ambientale».

Con la Toscana che potrebbe così trovarsi nella posizione ideale per giocare in anticipo e sviluppare una nuova filiera industriale utile alla transizione ecologica, marcando un vantaggio competitivo rispetto ad altre aree del Paese e d’Europa.

L’articolo Il riciclo chimico dalla Toscana all’Europa sembra essere il primo su Greenreport: economia ecologica e sviluppo sostenibile.