Le tecnologie di riciclo chimico per la produzione di nuovi po­limeri con le stesse caratteristi­che di quelli vergini, “plastic to plastic” o di materie prime per l’industria chimica “plastic to chemicals”, rappresentano una strategia di valorizzazione dei rifiuti di imballaggi in plastica al­ternativa e preferibile al recupe­ro energetico per quelle frazioni di rifiuti che non sono valorizza­bili con le tecnologie esistenti di riciclo meccanico.

Fino a qualche tempo fa le espe­rienze di conversione chimica di rifiuti in plastica, non solo imballaggi, su scala industriale attraverso processi di pirolisi e gassificazione erano prevalen­temente finalizzate alla produ­zione di combustibili “plastic to fuel”. Questa forma di impiego si è scontrata con problemati­che di sostenibilità economica e ambientale delle tecnologie im­piegate, oltre al fatto che la pro­duzione di combustibili a partire da rifiuti di imballaggi in plasti­ca non può essere conteggiata ai fini del conseguimento degli obiettivi di riciclo previsti dalle norme europee.

Non sono mancate in realtà esperienze di processi “plastic to plastic”, come la depolime­rizzazione del Pet seguita da purificazione dei monomeri e produzione di nuovo polimero e “plastic to chemicals”, attraver­so le già citate pirolisi e gassifi­cazione, principalmente di flussi di rifiuti a base poliolefinica. Su molti di questi progetti Corepla ha profuso i suoi sforzi di ricerca e sviluppo. Finora i vari progetti avviati non avevano mai raggiunto una scala indu­striale poiché non concorrenzia­li con il riciclo meccanico.

Recentemente sono stati però sviluppati impianti industriali, sebbene su scala ancora ridot­ta, che utilizzano proprio quei rifiuti che trovano difficoltà a essere riciclati meccanicamen­te (per mancanza di sbocchi dei materiali di riciclo da essi otte­nuti) e per i quali, data anche la congiuntura, la convenienza economica diventa fattibile. Inoltre, a livello europeo, l’at­tenzione è aumentata al punto che alcuni Paesi hanno conces­so autorizzazioni al trattamen­to rifiuti per queste finalità.

Parallelamente si è registrata un’apertura da parte del legi­slatore europeo, che dovrebbe portare alla possibilità di con­teggiare ai fini del raggiungi­mento degli obiettivi di riciclo la quota parte di imballaggi che escono dal processo come pro­dotti e non combustibili, sulla base di un bilancio di massa. Pur con rese inferiori a quelle di un processo di riciclo meccanico, questa possibilità renderebbe il riciclo chimico attrattivo per la quota di imballaggi in plastica per i quali la destinazione prin­cipale oggi è rappresentata dal recupero energetico.

Nel corso del 2021, sono state effettuate forniture per circa 1.000 t verso impianti pilota che impiegano questa tecnologia. Già a partire dal 2022 sono in vi­sta nuove installazioni su scala industriale in grado di ampliare i volumi indirizzati a questa for­ma di riciclo.

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Un’evoluzione futura del set­tore riguarda la possibilità di utilizzare le tecnologie di rici­clo chimico, che consentono di trasformare il Plasmix in nuovi materiali utilizzabili come base per la sintesi di numerosi com­posti, oppure come vettori ad alto contenuto energetico.

Appare rilevante considera­re l’applicazione di tecnologie innovative di riciclaggio delle frazioni di scarto (ad esempio, mediante processi di riciclaggio chimico per le frazioni non rici­clabili meccanicamente e quindi destinate a discarica o termova­lorizzazione).

Questo testo è estratto dal volume Il riciclo in Italia 2022, realizzato dalla Fondazione per lo sviluppo sostenibile e disponibile integralmente qui: https://www.ricicloinitalia.it/wp-content/uploads/2022/12/Il-Riciclo-in-Italia-2022.pdf

L’articolo Il ruolo del riciclo chimico per la plastica, spiegato dalla Fondazione per lo sviluppo sostenibile sembra essere il primo su Greenreport: economia ecologica e sviluppo sostenibile.