Sento parlare del Sin di Piombino rare volte, e sempre nelle situazioni critiche per la città che nel suo perimetro lo contiene.

L’ex polo siderurgico toscano, in passato tra i più importanti del Paese, da tempo riveste lo status di Sin: un acronimo gentile adoperato dalla burocrazia romana per ingentilire i territori inquinati – Siti di interesse nazionale –, devastati e modificati pesantemente in cui operavano con scarsa attenzione per la tutela ambientale in sé e, troppo spesso, anche per la salute delle popolazioni che vivevano a stretto o, meglio, subivano il contatto con queste industrie. Taranto e Priolo su tutte, ma anche Piombino e i piombinesi hanno sopportato un peso eccessivo.

Quindi le aree da bonificare dai veleni e dalle scorie tossiche, lasciate dall’industria chimica e siderurgica in particolare, sono state raggruppate tra le aree da bonificare sotto il nome asettico di Sin.

A distanza di svariati lustri ritengo lecito chiedere a che punto sono le attività di bonifica, chi sta seguendo l’evoluzione della bonifica dei siti inquinati e nella fattispecie del Sin di Piombino.

Purtroppo, credo che dall’istituzione del Sin ad oggi siano state compiute poche reali attività di bonifica: quello che ancora mi sorprende resta il fatto che ci sono poche informazioni pubbliche sull’avanzamento dei lavori nei siti ministeriali, regionali, comunali e degli enti di protezione ambientale deputati a questo compito istituzionale.

Manca, dal mio punto di vista, un osservatorio capace di seguire tutte le procedure e le relative attività, concordate in sede di conferenza di servizi, e di cui poi si fa una grande fatica a seguire gli sviluppi nel tempo.

Il Sin di Piombino e tante altre aree che versano nella stessa condizione di trascuratezza, se non di abbandono, avrebbero invece bisogno di essere seguite con certosina e costante attenzione e i progressi nell’avanzamento delle bonifiche – ove ce ne fossero – fatti conoscere alle popolazioni residenti, che spesso vivono dimentiche dell’enorme fattore di rischio cui sono giornalmente esposte.

La strada delle bonifiche e del risanamento dei siti inquinati può e deve essere percorsa, utilizzando un approccio nuovo, diverso; che sia costruttivo e rivolto a ricercare le soluzioni tecniche adeguate.

Per riuscire in tale impresa diventa necessario stimolare sia i residenti sia le istituzioni locali, spesso preda del torpore che l’abitudine temprata dagli anni, e la convivenza forzata anche con le situazioni di oggettivo rischio, purtroppo ingenerano.

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