È stato presentato oggi a Ecomondo studio Utilities protagoniste della transizione ecologica: le sfide dell’economia circolare, realizzato dalla Fondazione Utilitatis in collaborazione con Agici, mettendo a fuoco i dati – relativi al 2020 – riferiti a un campione rappresentativo di utility associate a Utilitalia (la Federazione delle imprese idriche, ambientali ed energetiche) che, per i servizi idrici e ambientali, interessa rispettivamente più di 37 e circa 24 milioni di abitanti.
Dal report emerge che i territori serviti dalle associate di Utilitalia, la raccolta differenziata dei rifiuti raggiunge il 63% (un dato in linea con la media italiana) e lo smaltimento in discarica il 17,5% (quando la media nazionale è del 20%, ma il limite massimo stabilito dall’Unione europea per il 2035 è del 10%).
Ma il dato relativo alla raccolta differenziata non deve ingannare: il tasso di utilizzo di materia proveniente dal riciclo (Cmu) nella nostra economia è arrivato al 21,6% nel 2020, ovvero il 78,4% della nostra economia ancora non è circolare. Come mai tanta distanza rispetto al 63% di raccolta?
I motivi sono molti, ma basti osservare che la raccolta differenziata riguarda prevalentemente i rifiuti da imballaggio (l’8% di tutti i rifiuti che generiamo, tra urbani e speciali) e l’organico (Forsu, per un altro 4% circa).
L’Italia resta comunque «ben posizionata» rispetto agli altri Paesi europei per quanto riguarda il principale indicatore di economia circolare: «Mentre a livello europeo il rapporto tra uso di materia proveniente da processi circolari e uso complessivo di materia si attesta al 12,8%, in Italia tale valore è pari al 21,6%, secondo solamente a quello della Francia (22,2%) e di quasi dieci punti percentuali superiore a quello della Germania (13,4%)», documenta lo studio Utilitatis. Allargando il quadro d’osservazione anche ai Paesi europei più piccoli l’Italia scende un po’ in classifica, ma non di molto, risultando superata – oltre che dalla Francia – anche da Belgio e Paesi Bassi.
Per continuare a migliorare, come previsto nell’ambito delle riforme strutturali del Pnrr, l’Italia ha adottato la Strategia nazionale per l’economia circolare. Ma si tratta di un documento che è però ancora «sprovvisto dei necessari dettagli attuativi, ed è in ogni caso necessario risolvere numerosi nodi: dal superamento dell’emergenza rifiuti che periodicamente affligge diverse aree, a un cambiamento del sistema economico che consenta alla circolarità di esprimere a pieno il proprio potenziale. Ciò contribuirebbe anche ad attenuare le criticità connesse all’attuale situazione geopolitica, che ha portato alla carenza di alcune materie prime e alla relativa impennata dei costi. È infatti necessario accelerare il disaccoppiamento tra crescita del Pil e uso di materie prime, convertendo gli attuali modelli di produzione e di consumo in un’ottica di circolarità».
Nell’ambito di questo percorso, lo studio evidenzia che anche «i sistemi di deposito e restituzione potrebbero aiutare l’Italia ad aumentare il tasso di riciclo degli imballaggi in plastica, che attualmente si attesta al 45%; altri Paesi che attuano sistemi diffusi di vuoto a rendere ottengono infatti performance migliori: è il caso della Svezia (53%), dei Paesi Bassi (57%) e della Lituania (70%). Lo studio mostra come il tasso medio di raccolta per le bottiglie in Pet in Europa nel 2018 si attestasse sul 47% nei Paesi senza un Drs, e sul 94% nei Paesi con un sistema di deposito e restituzione degli imballaggi».
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