Lo scorso autunno è stato pubblicato il decreto End of waste per i rifiuti da costruzione e demolizione, i cosiddetti inerti, ma paradossalmente con questo strumento normativo in campo continuano a peggiorare le prospettive per il riciclo di questi rifiuti: il risultato opposto rispetto a quello atteso.
L’allarme stavolta viene lanciato dalla Siteb, l’associazione di riferimento per Strade italiane e bitume, che si rivolge direttamente al ministero dell’Ambiente per chiedere modifiche al decreto, definendolo una «normativa che mette a rischio la gestione e il riciclo dei rifiuti provenienti dai cantieri stradali».
Secondo stime Ispra si parla di 14,45 mln di tonnellate annue di fresato d’asfalto (il rifiuto proveniente dalla demolizione di pavimentazioni stradali), arrivando a 17 mln di ton secondo le stime fornite invece dalla Siteb.
«Tali rifiuti – dettagliano dall’associazione – sono riciclati oggi, secondo la normativa vigente ante Decreto, con impieghi nella produzione di nuovo conglomerato bituminoso a caldo, per circa 9.600.000 tonnellate; nella produzione di nuovo conglomerato bituminoso a freddo, per circa 800.000 tonnellate; nella produzione di aggregati riciclati, per il restante quantitativo 4.100.000 tonnellate».
Il nuovo decreto End of waste rende però di fatto impraticabile il riciclo di quest’ultima frazione – che secondo stime Siteb arriva a 6,6 mln di ton l’anno – che dunque dovrebbe essere destinata a discarica.
Tali aggregati, prodotti con miscele bituminose, non sarebbero infatti conformi alle limitazioni di concentrazione di idrocarburi previste,in netto contrasto con la norma tecnica di riferimento che prevede un impiego di “fresato” anche del 30%.
«Se la norma dovesse rimanere così com’è senza le necessarie modifiche, dovranno essere conferite in discarica, disperdendo le potenzialità economiche, ambientali e occupazionali legate al riciclo dell’asfalto. Chiediamo al ministero dell’Ambiente di accogliere le nostre osservazioni», dichiara nel merito il presidente Siteb Stefano Ravaioli.
In particolare, si tratta di intervenire su tre fronti: rivedere i limiti di concentrazione massima di sostanze legate agli idrocarburi; chiarire gli ambiti di sovrapposizione tra questa normativa e quella già esistente sull’End of Waste per il fresato d’asfalto (DM 69/18); modificare la previsione secondo cui le attività di riciclo del fresato d’asfalto dovranno essere sottoposte a certificazione di qualità ISO9001, oltre alla marcatura CE già oggi obbligatoria.
I vantaggi ambientali legati alla massimizzazione del riciclo del fresato appaiono evidenti: «Secondo nostre stime – argomenta Ravaioli – il riutilizzo del 30% del fresato, dato attualmente registrato in Italia,nella produzione di conglomerato bituminoso, comporta ogni anno il minor impiego di 380.000 tonnellate di bitume vergine (riduzione del fabbisogno di petrolio) e il recupero di 9.480.000 tonnellate di inerti, equivalenti in termini economici ad un risparmio di circa 370-380 milioni di euro di sole materie prime. Producendo conglomerato con il 100% del fresato il risparmio economico salirebbe fino a 1.200 milioni di euro/anno di sole materie prime».
Se invece si interrompesse la produzione di aggregati riciclati, la destinazione di questi rifiuti sarebbe altrettanto evidente: la discarica. Ma non ci sono sufficienti impianti per ospitare il fresato. Dunque, senza modifiche normative al decreto Eow, all’orizzonte si staglia già «la necessità di pianificare urgentemente nuove adeguate discariche (pena il blocco delle demolizioni)».
L’articolo Inerti, il decreto End of waste toglie 4 mln di ton di materiali al riciclo per darli alle discariche? sembra essere il primo su Greenreport: economia ecologica e sviluppo sostenibile.