A partire dal 1998 e con continuità tra il 2012 e il 2021, attraverso l’Indagine multiscopo “Aspetti della vita quotidiana” l’Istat rileva la percezione dei cittadini rispetto alle tematiche ambientali. Negli ultimi anni sono stati introdotti una serie di quesiti riguardanti i comportamenti ecocompatibili e secondo il rapporto “Preoccupazioni ambientali e comportamenti ecocompatibili” pubblicato oggi dall’Istat, «Nel 2021, i cambiamenti climatici si confermano al primo posto tra le preoccupazioni per l’ambiente: così si esprime oltre la metà della popolazione di 14 anni e più (51,5%). Seguono i problemi legati all’inquinamento dell’aria. Queste preoccupazioni sono però meno sentite negli ultimi tre anni, soprattutto al Nord e nel Mezzogiorno, in particolare nei grandi Comuni».
Al terzo posto, tra le preoccupazioni degli italiani c’è lo smaltimento e la produzione dei rifiuti (44,1% degli over14). Altri fattori di rischio ambientale percepiti a livello sono l’inquinamento delle acque (40,1%), ll’effetto serra e il buco nell’ozono (34,9%). Gli altri problemi ambientali preoccupano meno di tre persone su 10.
Istat evidenzia che «In fondo alla graduatoria vi sono le preoccupazioni del futuro che coinvolgono una quota ristretta di persone, come le conseguenze del rumore sulla propria salute e la rovina del paesaggio, quest’ultima percepita in modo crescente nelle regioni con vocazione turistica, come Trentino-Alto Adige, Veneto, Marche, oppure in regioni industrializzate come la Lombardia».
Secondo il rapporto, «L’analisi dei dati in serie storica fa presupporre che le preoccupazioni più legate al clima abbiano un andamento fortemente legato alle policy e all’influenza mediatica. La preoccupazione per l’effetto serra, che nel 1998 coinvolgeva quasi sei persone su 10 (di 14 anni e più), è scesa di circa 20 punti percentuali e interessa nel 2021 soltanto il 34,9% degli intervistati. In senso inverso, il timore per i cambiamenti climatici, indicato nel 1998 dal 36,0% delle persone, sale al 52,5% nell’ultimo anno (+16 punti percentuali). Valutando insieme i due problemi – effetto serra e cambiamenti climatici – emerge che l’attenzione aumenta in misura decisa a partire dal 2019 in concomitanza ai movimenti di protesta che hanno preso avvio a livello globale: oltre il 60% della popolazione si è infatti espressa in questa direzione».
Istat conferma la mutevolezza delle opinioni (e delle paure) dell’italiano medio: «La preoccupazione per l’inquinamento dell’aria è invece una costante per oltre la metà de cittadini da più di venti anni. Sul dissesto idrogeologico, che era tra le tematiche più preoccupanti nel 1998 (34,3%), l’attenzione è scesa molto, nel 2021 viene indicata solo dal 22,0% della popolazione di 14 anni e più.Rispetto ai problemi legati all’inquinamento del suolo, dell’acqua e alla distruzione delle foreste il più sentito è, negli anni in esame, l’inquinamento delle acque che interessa in maniera costante circa il 40% delle persone di più di 14 anni. La distruzione delle foreste, che preoccupava nel 1998 il 25,2% della popolazione, scende al 22,3% nel 2021. Aumenta lievemente la percentuale di coloro che ritengono l’inquinamento del suolo tra le cinque preoccupazioni prioritarie in tema ambientale (da 20,3% a 22,9%)».
Una percezione delle tematiche ambientali che si polarizza tra Nord e Sud del Paese: i cambiamenti climatici preoccupano il 54,4,3% degli abitanti del Nord-est rispetto al 46,5% di quelli del Sud. L’inquinamento delle acque è particolarmente sentito dagli abitanti del Nord, molto meno nel Mezzogiorno, soprattutto nelle Isole.
Invece, i residenti del Centro e del Mezzogiornosono più preoccupati per la produzione e allo smaltimento dei rifiuti (47,7% al Centro, 46,6% al Sud e 40,0% del Nord-est) e all’inquinamento del suolo (25,5% al Sud e 20,1% al Nord-ovest). Con punbte di proccupazione più alte nel Lazio e della Campania per la produzione e lo smaltimento di rifiuti, rispettivamente, a 52,2% (51,2% nel 2018) e 51,9% (53,0% nel 2018), contro la media nazionale del 44,1% (46,0% tre anni prima).
Ad essere più preoccupato per inquinamento dell’aria e acustico e i rifiuti è chi vive in città. Mentre chi vive nei piccoli comuni è più sensibile all’inquinamento del suolo e al dissesto idrogeologico.
Il rapporto evidenzia che «L’età rappresenta un’importante determinante della variabilità delle preoccupazioni ambientali. I giovani fino a 34 anni sono più sensibili di altre fasce di età per ciò che riguarda la perdita della biodiversità (32,1% tra i 14 e i 34 anni contro 20,9% degli over55), la distruzione delle foreste (26,2% contro 20,1%) e l’esaurimento delle risorse naturali (24,7% contro 15,9%). Gli ultracinquantenni si dichiarano invece più preoccupati dei giovani per il dissesto idrogeologico (26,3% contro 17,0% degli under35) e l’inquinamento del suolo (23,7% contro 20,8%)».
Ad essere più preoccupati per lo stato dell’ambiente sono gli italiani con un titolo di studio, con differenziali particolarmente elevati nel caso dei cambiamenti climatici (61,2% tra chi ha la laurea rispetto al 46,8% tra chi ha al massimo la licenza media), della produzione e lo smaltimento dei rifiuti (54,1% rispetto al 38,3%) e l’inquinamento delle acque (46,8% contro 36,5%).
Istat sottolinea che «L’analisi dei comportamenti ambientali e, degli stili di vita e di consumo sono di grande interesse per costruire un quadro complessivo dell’approccio dei cittadini rispetto all’ambiente. Nella popolazione di 14 anni e più i comportamenti ecocompatibili sono finalizzati soprattutto alla conservazione delle risorse naturali. Nel 2021 il 67,6% degli intervistati dichiara di fare abitualmente attenzione a non sprecare energia, il 65,9% a non sprecare l’acqua e il 49,6% a non adottare mai comportamenti di guida rumorosa al fine di diminuire l’inquinamento acustico. Inoltre, il 37,1% della popolazione legge le etichette degli ingredienti e il 24,4% acquista prodotti a chilometro zero. Nelle regioni del Nord si rileva una percentuale più elevata rispetto alla media nazionale di persone che hanno abitudini virtuose legate alla mobilità: il 52,4% fa attenzione a non adottare comportamenti di guida rumorosi (45,0% nelle regioni del Mezzogiorno) e il 19,9% sceglie mezzi di trasporto alternativi all’auto privata o ad altri mezzi di trasporto a motore privati1 (13,9% nel Sud e Isole). Nelle regioni del Centro si nota una maggiore attenzione nel leggere le etichette dei prodotti (39,3% contro il 35,4% del Mezzogiorno) e acquistare prodotti biologici (15,7% rispetto al 14,4% del Nord). I residenti nel Mezzogiorno si distinguono invece per l’elevata frequenza di acquisto di alimenti e prodotti locali (29,6% contro 21,1% del Nord). L’attenzione a non sprecare acqua ed energia non mostra variabilità legata al territorio.
L’attenzione verso comportamenti eco compatibili non riguarda solo i giovani, anzi dopo i 25 anni le percentuali di chi adotta comportamenti ecocompatibili è più elevata. Infatti «Non spreca acqua il 52,3% delle persone tra i 14 e i 34 anni rispetto al 71,2% degli over 55, così come mostra attenzione a non sprecare energia il 50,5% degli under 34 rispetto al 73,8% di coloro che hanno più di 55 anni. Quanto alla scelta di mezzi di trasporto alternativi all’auto privata o ad altri mezzi di trasporto a motore privati le percentuali più elevate si registrano tra i giovani sotto i 34 anni, li sceglie abitualmente il 22,4% contro il 16,3% degli over55».
Il genere non influisce sulle preoccupazioni ambientali, ma le donne sono più attente a mantenere comportamenti ecocompatibili. Le differenze più evidenti si colgono soprattutto sui comportamenti di acquisto: legge abitualmente le etichette degli ingredienti il 43,0% delle donne rispetto al 30,7% degli uomini e acquista come prassi alimenti o prodotti biologici il 17,2% delle donne e il 12,3% degli uomini. Le donne sono inoltre in media più accorte a non sprecare acqua (68,5% rispetto al 63,2%) ed energia (69,8% rispetto al 65,2%).
Il titolo di studio è una variabile determinante anche per l’analisi dei comportamenti ecocompatibili dei cittadini: «Al crescere del livello di istruzione aumentano le quote di coloro che abitualmente li adottano, infatti tra i titoli più elevati e i più bassi vi sono oltre 20 punti percentuali di differenza nell’abitudine a leggere le etichette dei prodotti, quasi 15 nell’acquistare prodotti biologici e circa 10 nel rivolgere abitualmente le proprie preferenze verso i prodotti a chilometro zero. Una maggiore propensione delle persone con titolo di studio più elevato si rileva anche nell’attenzione a non sprecare acqua ed energia, ma la differenza è di minore entità».
L’articolo Istat: aumenta la sensibilità degli italiani per i problemi ambientali sembra essere il primo su Greenreport: economia ecologica e sviluppo sostenibile.