Dopo anni di rimpalli legislativi, adesso è più vicina l’approvazione definitiva della legge Salvamare, su cui è arrivato l’ok della commissione Ambiente della Camera e che aspetta ora il via libera definitivo da parte del Senato.

«La legge Salvamare aiuterà i pescatori ad assumere un ruolo importante per la qualità delle nostre acque – spiega Rossella Muroni, deputata di FacciamoEco e già presidente nazionale di Legambiente –

Lo scopo del testo, che prende spunto dalla mia proposta di legge sul ‘fishing for litter’ ed ora dovrà tornare in Senato in quarta lettura, è infatti consentire ai pescatori di portare e conferire a terra i rifiuti che recuperano in mare, nei fiumi, nei laghi o nelle lagune, senza doverne sostenere i costi di smaltimento e promuovere il riciclo dei materiali ‘pescati’. Considerando che i rifiuti plastici che finiscono in mare si scompongono in parti sempre più piccole che vengono ingerite dai pesci entrando nella catena alimentare, si tratta di un’arma in più a tutela di ambiente e salute».

In altre parole la legge Salvamare ha come obiettivo quello di porre fine a un’assurdità normativa, quella per cui i pescatori che raccolgono i rifiuti (finora classificati come speciali) finiti nelle loro reti ne diventano produttori, assumendosene gli oneri economici e giuridici. Attualmente, la normativa nazionale prevede infatti che un pescatore che raccoglie questi rifiuti con le reti ne diventa poi responsabile, e ne debba dunque pagare lo smaltimento, se vuole riportarli a terra anziché lasciarli a inquinare il mare.

Non a caso anche dal Wwf ritengono decisiva «la classificazione dei rifiuti accidentalmente pescati come semplici rifiuti urbani (Rsu), che facilita le modalità di conferimento a terra e lo smaltimento consentendo, finalmente, di superare i problemi operativi e i rischi a carico in particolare dei pescatori che con senso di responsabilità intendono contribuire allo sforzo comune di pulizia dell’ambiente marino. Importante è anche che si preveda di varare entro sei mesi un decreto del ministero della Transizione ecologica che favorisca il riciclo della plastica e degli altri materiali recuperati in mare, stabilendo criteri e modalità per cui questi rifiuti cessano di essere classificati come tali».

Sotto questo profilo, le iniziative di fishing for litter già condotte con successo lungo le nostre coste offrono già dati importanti sulle possibili modalità di gestione di questi rifiuti marini.

Dei rifiuti raccolti con questa modalità lungo il litorale laziale, ad esempio, il 34% è costituito da imballaggi in plastica (8% bottiglie, 8% film, 1% polistirolo, 17% altri imballaggi) mentre il restante 66% è costituito da residui organici, reti da pesca e da cantiere, stracci e corde in canapa e altri materiali; una volta raccolto, quel 34% di rifiuti è stato tutto avviato a riciclo o a recupero energetico. L’esperienza maturata precedentemente dalla Toscana con l’analogo progetto “Arcipelago pulito” mostra dati simili, col 20% dei rifiuti pescati che è stato avviato a riciclo, operazione impossibile per il restante 80% che è stato avviato a recupero energetico o smaltito in discarica.

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