Anche in fatto di transizione ecologica non esistono pasti gratis, e un esempio ormai classico – vista la mole di studi scientifici accumulati in materia – sta nella quantità di materie prime critiche, in particolare metalli, per alimentare la diffusione dei veicoli elettrici.

Il nuovo studio Trade-off Between Critical Metal Requirement and Transportation Decarbonization in Automotive Electrification, appena pubblicato su Nature communications da un team di ricercatori della Cornell University, documenta che la domanda di litio, nichel, cobalto, manganese e platino per batterie aumenterà vertiginosamente nei prossimi anni, ponendo problemi cogenti di natura geopolitica.

Ad oggi l’estrazione di metalli e minerali critici è basata soprattutto in Paesi come Cile, Congo, Indonesia, Brasile, Argentina e Sud Africa, politicamente instabili (non meno della quasi totalità degli Stati dai quali ci approvvigioniamo di combustibili fossili, è utile notare).

«Le forniture instabili di metalli e minerali critici possono esacerbare i rischi di approvvigionamento in caso di domanda in aumento», spiega l’autore senior della ricerca, Fengqi You.

Soprattutto di fronte ai tassi di crescita richiesti dall’elettrificazione. Se si realizza uno scenario in cui il 40% dei veicoli è elettrico entro il 2050, secondo lo studio la necessità di litio a livello globale aumenterà del 2,909% rispetto al livello del 2020. Se invece il 100% dei veicoli sarà elettrico entro il 2050, il fabbisogno di litio sarà più che raddoppiato (+7.513%).

I numeri assoluti restano comunque meno impressionanti dell’incremento percentuale: dal 2010 al 2050, in uno scenario in cui tutti i veicoli sono elettrici, la domanda annua di litio a livello globale aumenterebbe da 747 tonnellate a 2,2 milioni di tonnellate.

Per quanto riguarda il nichel, invece, il fabbisogno globale annuo al 2050 varia da 2 milioni di tonnellate, dove il 40% dei veicoli è elettrico, a 5,2 milioni di tonnellate, dove tutti i veicoli sono elettrici. La domanda annuale di cobalto (da 0,3 a 0,8 milioni di tonnellate) e di manganese (da 0,2 a 0,5 milioni di tonnellate) aumenterà dello stesso ordine di grandezza nel 2050, secondo lo studio.

Ne vale la pena? «Migliorare l’efficienza dei veicoli con motore a combustione interna può ridurre le emissioni di gas serra, ma – sottolinea You – una profonda decarbonizzazione del trasporto su strada richiede l’elettrificazione e il passaggio a un’energia più pulita, come l’elettricità generata da fonti rinnovabili». Per la decarbonizzazione, i veicoli elettrici sono dunque una strada obbligata: occorre dunque farci i conti per tempo.

In primis investendo nel riciclo delle batterie esauste (e non solo), da cui è possibile ricavare importanti quantitativi di materie prime critiche, ma anche intessendo rapporti commerciali affidabili per diversificare le fonti di approvvigionamento. Senza dimenticare che, come sottolinea la Commissione Ue nella nuova proposta legislativa sulle materie prime critiche, che sarà impossibile dare corpo alla transizione ecologica senza aprire nuove miniere anche su territorio europeo.

L’articolo La corsa alle materie prime per l’auto elettrica è necessaria per decarbonizzare la mobilità sembra essere il primo su Greenreport: economia ecologica e sviluppo sostenibile.