Neanche sei mesi va il ministero della Transizione ecologica – oggi ministero dell’Ambiente – approvava la Strategia nazionale sull’economia circolare, definendo finalmente un quadro di riferimento su strumenti amministrativi e fiscali per realizzare in modo coordinato questo fondamentale aspetto dello sviluppo sostenibile.
L’economia circolare rappresenta infatti un modello di produzione e consumo dove i materiali e l’energia utilizzati per fabbricare i prodotti mantengono il loro valore il più a lungo possibile, i rifiuti sono ridotti al minimo e si utilizzano quante meno risorse naturali possibili, dando priorità alle materie prime seconde (riciclate). Molto resta ancora da fare su questo fronte, dato che al momento l’economia italiana è circolare solo per il 21,6%.
Tre mesi fa è stato pubblicato anche il cronoprogramma necessario per dare corpo alla Strategia, con indicate tre misure da attuare già con la legge di Bilancio 2023, quella appena proposta dal Governo Meloni. Che però non rispetta nessuna delle tre misure.
«Chi ha a cuore il futuro dell’economia circolare non può nascondere un moto di delusione di fronte alla legge di bilancio presentata dal Governo», dichiara Fabrizio Vigni, coordinatore del Circular economy network, che assomma – sotto al cappello della Fondazione per lo sviluppo sostenibile, guidata dall’ex ministro dell’Ambiente Edo Ronchi – alcuni dei principali attori italiani sul campo.
La prima misura indicata dal cronoprogramma, da inserire in legge di Bilancio, prevede l’aggiornamento del piano Transizione 4.0, rafforzando gli interventi a supporto dell’economia circolare, mediante credito di imposta sugli investimenti delle imprese; la seconda impone una revisione del sistema di tassazione ambientale dei rifiuti al fine di rendere più conveniente il riciclaggio rispetto al conferimento in discarica e all’incenerimento, sopprimendo una serie di sussidi ambientalmente dannosi che ostacolano l’implementazione della Strategia nazionale per l’economia circolare e riassegnando quelle risorse ad un fondo per la riduzione e prevenzione della produzione di rifiuti e per lo sviluppo di nuove tecnologie di riciclaggio; la terza sostiene l’incentivazione fiscale di prodotti riciclati e materiali di recupero.
Quasi niente di tutto questo è presente nella legge di Bilancio, come spiega Vigni: «Della prima misura, la più importante, non vi è traccia. Anche la seconda misura – la revisione del sistema di tassazione ambientale dei rifiuti – non è stata inserita nella legge di bilancio. Per quanto riguarda infine la fiscalità ecologica a sostegno dei materiali riciclati, l’unica misura prevista è il rifinanziamento con 10 milioni di euro del credito di imposta introdotto con la legge 145 del 2018 a favore delle imprese che acquistano prodotti realizzati con materiali riciclati (una agevolazione, si spiega nella relazione tecnica, che potrà interessare circa 500 imprese con un aiuto medio di 20mila euro). Non si può certo dire che sia sufficiente a sostenere adeguatamente il mercato delle materie prime seconde, per quanto riguarda sia il loro utilizzo nei processi produttivi che nei consumi finali. E a tutto ciò si aggiunge l’ennesima proroga dell’entrata in vigore della plastic tax».
L’unica speranza rimasta è che questi impegni disattesi vengano recuperati nel corso dell’iter parlamentare: «Non mancano le ragioni per essere preoccupati», conclude Vigni.
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