L’intelligenza artificiale (IA) sta rapidamente affinando le sue capacità di imitazione dei creatori umani. Oggi, l’IA generativa è in grado di intrattenere conversazioni, produrre arte, realizzare film e perfino imparare autonomamente a replicare i giochi al computer. Tuttavia, un recente studio condotto dai ricercatori dell’Accademia Cinese delle Scienze e dell’Università di Reichman in Israele evidenzia una preoccupazione crescente: l’IA potrebbe riprodurre anche un tratto meno nobile della modernità, cioè la propensione a danneggiare l’ambiente.

Il boom dei sistemi di IA generativa, che comprendono chatbot come ChatGPT e altri sistemi per la creazione di contenuti, potrebbe generare tra 1,2 e 5 milioni di tonnellate metriche di rifiuti elettronici aggiuntivi entro il 2030. Lo studio si concentra sui modelli di linguaggio di grandi dimensioni (LLM), strumenti che elaborano e producono testi simili a quelli umani e interpretano le complesse relazioni statistiche alla base del linguaggio. Oltre a offrire vantaggi pratici e innovativi, l’IA generativa solleva una serie di domande filosofiche e pratiche, come la minaccia ai posti di lavoro o il rischio di manipolazioni. Ma ora, questa tecnologia sembra contribuire anche a un problema ambientale grave.

Modelli di linguaggio e il peso della loro infrastruttura

I modelli di linguaggio di grandi dimensioni richiedono una potente infrastruttura di calcolo, con hardware complesso e chip avanzati. Le continue migliorie necessarie per supportare la crescita della tecnologia rischiano di peggiorare la questione dei rifiuti elettronici:

Gli LLM richiedono risorse computazionali rilevanti per il training e l’inferenza, e questo implica un forte impatto in termini di consumi energetici e impronta di carbonio.

Precedenti studi si sono concentrati maggiormente sull’impatto energetico e sulle emissioni di carbonio, trascurando però i materiali fisici necessari per il ciclo di vita di questi sistemi e i rifiuti elettronici generati.

Peng Wang, esperto dell’Accademia Cinese delle Scienze, ha calcolato che entro il 2030 la produzione di e-waste legata all’IA potrebbe toccare i 5 milioni di tonnellate metriche, equivalenti a ogni persona che getta uno smartphone. In questo scenario estremo, i rifiuti comprenderebbero 1,5 milioni di tonnellate di schede elettroniche e 500.000 tonnellate di batterie, elementi potenzialmente dannosi per l’ambiente.

Il team ha delineato quattro scenari futuri, con differenti livelli di diffusione dell’IA. Nello scenario più avanzato, i rifiuti elettronici potrebbero arrivare a toccare i 2,5 milioni di tonnellate metriche l’anno entro il 2030. Questo aumento dell’e-waste si sommerebbe alla crescita generale dei rifiuti tecnologici, previsti in aumento del 30%, fino a 82 milioni di tonnellate.

Secondo lo studio, però, esistono modalità efficaci per ridurre questa pesante impronta ambientale. La strategia dell’economia circolare, sostenuta dall’Agenzia Internazionale dell’Energia e da molte aziende, offre soluzioni come l’estensione della vita utile dei componenti e il riutilizzo dei materiali nelle fasi di produzione, che potrebbe ridurre l’impatto dell’IA sull’e-waste fino all’86%.

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Fonte: UNITAR

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