Gigantesche discariche fatte di vestiti, vestiti vecchi ammassati ovunque soprattutto nei Paesi a basso reddito, in nome della fast fashion per cui l’industria del tessile consuma enormi quantità di acqua e rappresenta il secondo settore più inquinante dopo l’industria dei combustibili fossili.

E mentre l’Italia aveva anche anticipato il recepimento della direttiva Ue (per cui la differenziata per questa tipologia di rifiuti partirà dal 2025), ma di fatto non è mai stata pronta, la Repubblica Ceca va avanti e dal 2025 sarà in vigore l’obbligo di raccogliere in modo differenziato i rifiuti tessili.

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Ogni anno in Repubblica Ceca vengono gettate circa 180mila tonnellate di prodotti tessili, di cui solo il 3-4% finisce nei contenitori dei rifiuti misti. Solo 39mila tonnellate vengono selezionate per il riciclaggio, mentre i contaminati non riciclabili in contenitori misti ammontano a 75mila tonnellate.

Nel Paese, tuttavia, a dicembre dello scorso anno il Ministero dell’Ambiente ha annunciato l’intenzione di rendere obbligatoria la raccolta dei rifiuti tessili a partire dal 2025. Al momento, la raccolta differenziata dei rifiuti tessili non è un obbligo, il che significa che molti vestiti scartati che potrebbero essere riutilizzati o riciclati finiscono in discarica.

Nel 2019 i rifiuti solo di abbigliamento e calzature sono stati pari a 5,2 milioni di tonnellate, equivalenti a 12 chilogrammi per persona all’anno nell’Unione europea. A fronte di queste quantità, solo il 22% dei rifiuti tessili post-consumo, che rappresentano l’87% dei rifiuti tessili, viene raccolto separatamente per essere riutilizzato o riciclato, mentre il resto viene incenerito o messo in discarica.

In più della metà degli stati dell’Unione europea è già obbligatorio raccogliere i tessili separatamente, ma si tratta soprattutto di tessili riutilizzabili. Lussemburgo e Belgio hanno i tassi di raccolta differenziata tessile più alti nel blocco, seguiti da vicino da Paesi Bassi e Austria. Soltanto in Italia nel 2022 sono state raccolte in modo differenziato 160mila tonnellate di abiti: circa 500 milioni di vestiti, in parte riusabili, in parte riciclabili, in parte da smaltire.

Il consumo di prodotti tessili in Europa è al quarto posto per impatto ambientale e sui cambiamenti climatici. Lungo tutta la filiera, dalla produzione alla distribuzione fino al fine vita, si stima che la produzione tessile sia responsabile del 20% dell’inquinamento globale dell’acqua potabile a causa dei processi a cui i prodotti vanno incontro, come la tintura e la finitura, e che il lavaggio di capi sintetici rilasci ogni anno 0,5 milioni di tonnellate di microfibre nei mari.

Un cambiamento di rotta è quanto mai urgente.

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