di Melania Bigi, facilitatrice e cofounder TARA facilitazione
e Federica Colonna, giornalista e comunicazione TARA facilitazione
Il 40% di chi lavora in Italia non è del tutto soddisfatto della propria situazione professionale con un impatto sul benessere psicologico. Tra le sensazioni più sperimentate al lavoro 3 persone su 4 individuano ansia e stress con un aumento di patologie tra cui l’insonnia (+9%). È quanto emerge dalla recente indagine Il benessere psicologico dei lavoratori italiani realizzata da BVA Doxa per Mindwork, prima società italiana per la consulenza psicologica online in ambito aziendale.
E se secondo INPS nel primo semestre 2022 già oltre 300 mila persone hanno lasciato il posto di lavoro, il fenomeno ormai è evidente: le aziende non sono luoghi di benessere. Le imprese, se vogliono sopravvivere all’ondata delle grandi dimissioni o del quiet quitting – un più lento ma incisivo allontanamento dal lavoro – hanno una strada: trasformarsi per produrre ricchezza non solo economica ma umana e relazionale.
Ecco le premesse a un nuovo modo di fare impresa più attento all’impatto sul mondo e capace di coniugare alla sostenibilità economica, fondamentale per la sopravvivenza dell’azienda, quella ambientale e relazionale. L’ecologia delle relazioni è infatti un approccio fondamentale per il futuro dell’impresa e si fonda su un paradigma: la logica estrattiva non funziona con le risorse e le materie prime, figuriamoci con le persone. Se la parola chiave è rigenerare le relazioni negli ambienti di lavoro c’è un modo per farlo: attraverso la facilitazione sistemica, l’insieme di approcci e metodi in grado di moltiplicare le energie creative a partire dai luoghi in cui ne consumiamo di più. Come le riunioni, ad esempio.
Allarme, c’è un problema con le riunioni
Il costo energetico delle riunioni è diventato insostenibile e non solo perché le facciamo con luci e monitor accesi. Già nel 2014 alcuni studi hanno misurato l’impatto delle cattive riunioni sulle aziende: negli Stati Uniti costerebbero circa 37 miliardi di dollari l’anno. Così, mentre 9 persone su 10 pensano ad altro, i meeting finiscono per diventare fonti di spreco di energie cognitive, di tempo, di talento.
Eppure proprio le riunioni sono il primo e più comune spazio di team building per le imprese: non solo servono a prendere decisioni e pianificare l’operatività ma sono preziose per rafforzare le relazioni tra le persone di un gruppo di lavoro. Se ben gestite, infatti, le riunioni permettono di assumere scelte più sostenibili, di risparmiare tempo e di produrre nuove idee. Una delle tecniche di facilitazione più diffuse per ridurre gli sprechi e generare nuove energie relazionali durante le riunioni è la riprogettazione degli incontri insieme al gruppo di lavoro. Quando, infatti, la struttura degli incontri è mal gestita, poco curata o calata dall’alto, senza un ordine del giorno condiviso e chiaro, il rischio è che non risponda alle reali esigenze del team. Costretto ad ascoltare il gruppo resta con la svilente sensazione di aver perso tempo e concentrazione.
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Il conflitto è come un fuoco, non lasciamo che divampi
Spesso a consumare le energie relazionali e creative in azienda è, invece, il conflitto. Secondo ACAS, l’agenzia governativa britannica nata per la diffusione di buone pratiche sul posto di lavoro, ogni anno nel Regno Unito oltre 485mila persone scelgono di dare le dimissioni a causa di un conflitto in azienda con uno spreco incalcolabile in termini di talento e risorse creative. Concretamente, il conflitto brucia denaro.
Per la facilitazione sistemica il conflitto è infatti come un fuoco: se lasciamo che divampi brucerà quello che trova. Alberi nelle foreste; relazioni, benessere e idee nelle imprese. Per le organizzazioni che sanno gestirlo, il fuoco conflittuale è invece prezioso, consente di illuminare gli spazi bui della comunicazione tra persone. Mette in luce un messaggio altrimenti nascosto la cui lettura da parte dei membri del team è vitale per non restare bloccati nella paura delle fiamme. La facilitazione sistemica non offre una interpretazione del conflitto ma aiuta a trasformarlo tramite sessioni di lavoro mirate per condividere il non detto in spazi sicuri da un punto di vista psicologico. Il fuoco del conflitto, così, non consumerà risorse relazionali inutilmente.
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La facilitazione come cura dell’ecosistema organizzativo
I dati sul malessere dilagante raccontano un mondo del lavoro in difficoltà: tra le risorse in esaurimento a livello globale ci sono anche quelle psicologiche e relazionali. Come in altri ambiti anche in questo il Covid19 ha funzionato come un acceleratore di fenomeni in atto, premendo verso un nuovo paradigma: non possiamo pensare ai team come luoghi da cui estrarre energia creativa ma dove rigenerarla con attenzione al benessere delle persone, dei gruppi di lavoro e delle imprese.
A differenza di altri metodi che puntano l’attenzione solo su un aspetto – l’efficienza, la leadership – o che coinvolgono nella ricerca di soluzioni esclusivamente i vertici aziendali, la facilitazione sistemica mette in circolo nuove energie stimolando l’intero gruppo di lavoro a creare e ideare nuovi processi e soluzioni. L’azienda è come un ecosistema dove tutto è connesso e la sostenibilità è trasversale: economica, ambientale, relazionale. Se un aspetto manca, gli altri ne risentono con un effetto domino. Non esaltare i talenti di ognuno, ad esempio, significa ridurre la creatività e la capacità dei team di lavorare bene insieme con un effetto diretto sulla qualità delle soluzioni proposte e sul futuro dell’azienda dove innovare sarà più difficile.
In un mondo complesso le relazioni sono l’energia delle imprese. Consumarle è deleterio, averne cura è una scelta sostenibile.
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