Vanno rimossi gli ostacoli per battere l’economia lineare, dalla lentezza per i nuovi impianti all’approvazione dei decreti end of waste
Dopo il voto europeo di giugno gli oppositori del Green deal avranno gonfiato il petto. Ma la transizione ecologica, anche se rischia un rallentamento, è il futuro. E bloccarla non sarà facile per fortuna. Le elezioni per il rinnovo dell’Europarlamento, come spiega il nostro Mauro Albrizio nella sua rubrica, ci consegnano comunque una maggioranza che può arginare gli assalti al Green deal e respingere la spinta delle lobby fossili sul Consiglio europeo, questo sì spostato verso posizioni più conservatrici sull’ambiente. Staremo a vedere.
Ma se la politica sa stupire e smentire anche le più ragionevoli previsioni, l’economia va per la sua strada. E l’economia circolare italiana chiede al nostro Paese di giocare all’attacco in Europa nei prossimi anni. Lo può fare con merito, viste le ottime prestazioni in termini di raccolta e riciclo per tanti rifiuti e materie, superiori in molti casi alle medie europee. “I cantieri dell’economia circolare” è il titolo della copertina di questo mese, illustrata per noi da Francesca Gastone. Nel primo piano, curato da Rocco Bellantone, celebriamo allora i primati e le eccellenze italiane nel settore. Ma denunciamo anche gli ostacoli che ancora insistono sulla strada del definitivo successo sull’economia lineare, a partire dalla lentezza nel realizzare nuovi impianti – spesso rallentati da scarsa convinzione politica e dalla diffusione di fake news – o nell’approvare nuovi decreti “end of waste”, che permetterebbero il riutilizzo dei rifiuti come materie prime seconde. Superati questi rallentamenti, l’economia circolare italiana può dettare tempi e modalità a quella europea per far correre la transizione ecologica.
Se il percorso dell’economia circolare appare già tracciato, nonostante le distrazioni della politica, lo stesso non si può dire per altre questioni cruciali per la transizione. Quella energetica o la mobilità sostenibile, per citarne un paio, rischiano di impantanarsi per confusione e mancanza di indirizzo generati dall’approvazione dell’autonomia differenziata, che trasferisce competenze e risorse alle Regioni anche su questioni riguardanti la tutela dell’ambiente e il governo del territorio. Una riforma che rischia di lacerare il Paese proprio quando ci sarebbe bisogno di ricucirlo. Nel suo Un mondo a parte, Riccardo Milani, intervistato da Luisa Calderaro, ricorda quanto senso di comunità viva ancora nelle aree interne afflitte dallo spopolamento. Un valore, quello della comunità, da portare al centro delle politiche nazionali, non ai margini.