Con 161 voti favorevoli (Italia compresa) e 8 astensioni (Cina, Federazione Russa, Bielorussia, Cambogia, Iran, Siria, Kirghizistan ed Etiopia). l’Assemblea generale dell’Onu  ha adottato una storica risoluzione, che dichiara l’accesso a un ambiente pulito, sano e sostenibile, un diritto umano universale.

La risoluzione, basata su un testo simile adottato nel 2021 dall’Human Rights Council,  invita gli Stati, le organizzazioni internazionali e le imprese a intensificare gli sforzi per garantire un ambiente salubre per tutti. Il testo, presentato a giugno originariamente da Costa Rica, Maldive, Marocco, Slovenia e Svizzera, e poi co-sponsorizzato da oltre 100 Paesi, rileva che «Il diritto a un ambiente sano è legato al diritto internazionale esistente» e afferma che «La sua promozione richiede la piena attuazione degli accordi ambientali multilaterali». Inoltre, riconosce che «L’impatto dei cambiamenti climatici, la gestione e l’uso non sostenibili delle risorse naturali, l’inquinamento dell’aria, del suolo e dell’acqua, la gestione scorretta delle sostanze chimiche e dei rifiuti e la conseguente perdita di biodiversità, interferiscono con il godimento di questo diritto» e che «Il danno ambientale ha implicazioni negative, sia dirette che indirette, per l’effettivo godimento di tutti i diritti umani».

Il segretario generale dell’Onu, António Guterres, ha accolto con favore la decisione ​​e ha detto che «Questo storico sviluppo dimostra che gli Stati membri possono unirsi nella lotta collettiva contro la triplice crisi planetaria del cambiamento climatico, della perdita di biodiversità e dell’inquinamento. La risoluzione aiuterà a ridurre le ingiustizie ambientali, colmare i gap di protezione e responsabilizzare le persone, in particolare quelle che si trovano in situazioni vulnerabili, compresi i difensori dei diritti umani ambientali, i bambini, i giovani, le donne e le popolazioni indigene. La decisione aiuterà anche gli Stati ad accelerare l’attuazione dei loro obblighi e impegni in materia di diritti umani e ambientali. La comunità internazionale ha riconosciuto universalmente questo diritto e ci ha avvicinato a renderlo una realtà per tutti. Tuttavia, l’adozione della risoluzione è solo l’inizio. Esorto le nazioni a rendere questo diritto recentemente riconosciuto una realtà per tutti, ovunque».

Anche l’Alto Commissario Onu per i diritti umani, Michelle Bachelet, ha elogiato la decisione dell’Assemblea generale: «Questa decisione riflette il fatto che tutti i diritti sono collegati alla salute del nostro ambiente. Ogni persona, ovunque, ha il diritto di mangiare, respirare e bere senza avvelenare il proprio corpo nel farlo e di poter vivere in armonia con il mondo naturale, senza crescenti minacce di collasso dell’ecosistema e catastrofe climatica. E’ momento storico, ma non basta affermare semplicemente il nostro diritto a un ambiente salubre. La risoluzione dell’Assemblea generale è molto chiara: gli Stati devono attuare i loro impegni internazionali e intensificare i loro sforzi per realizzarli. Subiremo tutti effetti molto peggiori delle crisi ambientali, se non collaboriamo per evitarle collettivamente, ora».

Come ricordato da Guterres, il diritto appena riconosciuto sarà essenziale per affrontare la triplice crisi planetaria: cambiamento climatico, inquinamento e perdita di biodiversità. E L’Onu fa notare che «Ognuno di questi problemi ha le sue cause ed effetti e devono essere risolti se vogliamo avere un futuro sostenibile sulla Terra. Le conseguenze del cambiamento climatico stanno diventando sempre più evidenti, a causa della maggiore intensità e gravità della siccità, della scarsità d’acqua, degli incendi, dell’innalzamento del livello del mare, delle inondazioni, dello scioglimento dei ghiacci polari, delle tempeste catastrofiche e del declino della biodiversità».

Intano l’Organizzazione mondiale della sanità f ha ribadito che l’inquinamento atmosferico è la principale causa di malattie e morte prematura nel mondo, con oltre 7 milioni di persone che muoiono prematuramente ogni anno a causa dell’inquinamento.

Infine, il declino o la scomparsa della diversità biologica – che riguarda animali, piante ed ecosistemi – ha un impatto sull’approvvigionamento alimentare, sull’accesso all’acqua pulita e sulla vita come la conosciamo.

Riconoscendo la triplice crisi planetaria del cambiamento climatico, dell’inquinamento e del degrado ambientale come la più grande sfida per i diritti umani della nostra era, la Bachelet richiede da tempo «Politiche economiche, sociali e ambientali trasformative che affrontino le disuguaglianze e proteggano le persone e il pianeta, prima che si raggiungano i punti critici che renderebbero qualsiasi azione troppo tardiva. Per sopravvivere e prosperare, dobbiamo investire nella protezione ambientale e sociale incentrata sui diritti umani; obbligare i governi e le imprese a rendere debitamente conto dei danni ambientali; consentire a tutte le persone di agire come agenti di cambiamento per un ambiente sano; riconoscere e difendere i diritti delle persone più colpite dal degrado ambientale. L’azione ambientale basata sugli obblighi in materia di diritti umani costituisce un presidio fondamentale per le politiche economiche e i modelli di business. Sottolinea il fondamento degli obblighi legali di agire, piuttosto che semplicemente della politica discrezionale. E’ anche più efficace, legittimo e sostenibile, come chiarito dagli ultimi rapporti dell’Intergovernmental Panel on Climate Change  e dell’Intergovernmental Science-Policy Platform on Biodiversity and Ecosystem Services. La decisione dell’Assemblea generale segna il culmine di molti anni di advocacy da parte di attivisti provenienti da tutti gli angoli del movimento per la giustizia ambientale. Conosciamo la portata dei pericoli che affrontiamo. Se vogliamo proteggere il nostro pianeta per le generazioni presenti e future, è giunto il momento di un’azione davvero coraggiosa da parte dei governi e anche del settore privato. E che tutti noi ci uniamo per fare del diritto a un ambiente sano la nostra realtà vissuta e condivisa».

Secondo David R. Boyd, relatore speciale dell’Onu sui diritti umani e l’ambiente, «La risoluzione ha il potenziale per essere un punto di svolta per l’umanità, migliorando la vita e il godimento dei diritti umani di miliardi di individui, nonché la salute del nostro straordinario pianeta, Di fronte alla triplice crisi ambientale, il riconoscimento del diritto umano a un ambiente pulito, salubre e sostenibile è di vitale importanza. La salute e la qualità della vita di tutti dipendono direttamente da aria pulita da respirare, acqua potabile da bere, cibo prodotto in modo sostenibile da mangiare, ambienti non tossici, clima sicuro e biodiversità ed ecosistemi sani. Il diritto umano a un ambiente pulito, sano e sostenibile, come riconosciuto universalmente oggi, include tutti questi elementi sostanziali».

Boyd prevede che «Questa svolta storica per le persone e il pianeta sarà un catalizzatore per un’azione climatica più ambiziosa e per fare progressi verso la giustizia ambientale. Processi simili, come il riconoscimento dei diritti all’acqua e ai servizi igienici da parte dell’Assemblea generale delle Nazioni Unite nel 2010, hanno innescato una serie di cambiamenti positivi e trasformativi nelle leggi, nelle politiche e nei risultati in tutto il mondo, a beneficio di milioni di persone. Allo stesso modo, il riconoscimento del diritto a un ambiente sano dovrebbe portare a miglioramenti costituzionali e legislativi a livello regionale, nazionale e subnazionale, con implicazioni positive per la qualità dell’aria, acqua sicura e sufficiente, suolo sano, cibo prodotto in modo sostenibile, energia verde, cambiamenti climatici, biodiversità e regolamentazione delle sostanze tossiche».

Il relatore speciale ha osservato che «Il rafforzamento dei quadri giuridici dovrebbe contribuire ai cambiamenti sul campo della qualità ambientale che migliorano la vita di miliardi di persone. Il diritto a un ambiente sano dà potere anche a milioni di persone, che si trovano in ogni nazione della Terra, che stanno lottando per raggiungere un futuro giusto e sostenibile, molte delle quali affrontano minacce, violenze e persino criminalizzazione per i loro sforzi eroici. Esorto tutti gli Stati a incorporare il diritto a un ambiente pulito, sano e sostenibile nelle loro costituzioni e legislazioni, o a rafforzare le disposizioni esistenti. Sono urgentemente necessarie azioni accelerate e ambiziose per realizzare questo diritto umano fondamentale per ogni persona su questo bellissimo pianeta blu-verde. E’ tempo di un’azione veramente trasformativa basata sullo standard comune di realizzazione fornito dal riconoscimento universale del diritto a un ambiente pulito, sano e sicuro».

Nel 1972, l’United Nations Conference on the Environment di Stoccolma si concluse con una  storica dichiarazione che metteva per la prima volta le questioni ambientali al primo posto delle preoccupazioni internazionali e che segnò l’avvio di un dialogo tra Paesi industrializzati e Paesi in via di sviluppo sul legame tra la crescita economica, l’inquinamento dell’aria, dell’acqua e degli oceani e il benessere delle persone in tutto il mondo. Allora, gli Stati membri dell’Onu dichiararono che le persone hanno un diritto fondamentale a «un ambiente di qualità che consenta una vita di dignità e benessere», chiedendo un’azione concreta e il riconoscimento di questo diritto. Dopo quasi 50 anni, nell’ottobre 2021, dopo decenni di lavoro da parte di nazioni in prima linea nella lotta ai i cambiamenti climatici, come le Maldive, e l’azione di oltre 1.000 organizzazioni della società civile, l’Human Rights Council il Consiglio per i diritti umani ha finalmente riconosciuto questo diritto e ha chiesto all’Assemblea generale dell’Onu di fare lo stesso.

La direttrice esecutiva dell’United Nations environment programme (Unep). Inger Andersen, ha concluso: «Questa risoluzione invia il messaggio che nessuno può portarci via la natura, l’aria e l’acqua pulite o un clima stabile, almeno, non senza combattere. Partendo dalla Dichiarazione di Stoccolma del 1972, il diritto è stato integrato nelle costituzioni, nelle leggi nazionali e negli accordi regionali. La decisione di oggi eleva quel diritto al suo posto giusto: il riconoscimento universale. Il riconoscimento del diritto a un ambiente sano da parte di questi organismi delle Nazioni Unite, sebbene non legalmente vincolante, il che significa che i Paesi non hanno l’obbligo legale di conformarsi, dovrebbe essere un catalizzatore per l’azione e autorizzare la gente comune a ritenere i propri governi responsabili. Quindi, il riconoscimento di questo diritto è una vittoria che dovremmo celebrare. I miei ringraziamenti agli Stati membri e alle migliaia di organizzazioni della società civile e ai gruppi di popolazioni indigene e alle decine di migliaia di giovani che hanno sostenuto incessantemente questo diritto. Ma ora dobbiamo basarci su questa vittoria e attuare il diritto. La risoluzione attiverà un’azione ambientale e fornirà le necessarie salvaguardie alle persone in tutto il mondo. Aiuterà le persone a difendere il loro diritto a respirare aria pulita, ad accedere ad acqua sicura e sufficiente, cibo sano, ecosistemi sani e ambienti non tossici in cui vivere, lavorare, studiare e giocare».

L’articolo L’accesso a un ambiente pulito e salubre è un diritto umano universale sembra essere il primo su Greenreport: economia ecologica e sviluppo sostenibile.