L’economia circolare italiana degli oli e grassi vegetali esausti ha ampi margini di crescita, ma la crescente importazione di biocarburanti dall’estero – in particolare dalla Cina – sta mettendo a rischio la tenuta dell’intera filiera nazionale.

Il Conoe (Consorzio di raccolta e trattamento oli e grassi vegetali ed animali esausti) documenta infatti che a gennaio e febbraio di quest’anno è stato registrato «un incremento dell’80% delle importazioni di biocarburante da sedicente Ruco», ovvero un biocarburante derivato da oli esausti, rispetto al medesimo periodo dell’anno precedente.

I quantitativi sono ingenti se si considera che in soli due mesi le importazioni si attestano su circa 300.000 tonnellate, secondo un’analisi di S&P Global Commodity Insights, provenienti principalmente dalla Cina, venduti a prezzi nettamente inferiori a quelli del mercato interno e che stanno costringendo i produttori europei di biodiesel ad un arresto forzato della loro produzione.

Per avere un’idea degli ordini di grandezza, basti osservare che nell’intero 2021 il Conoe ha raccolto 70 mila tonnellate di oli vegetali esausti, il 90% dei quali è stato avviato al recupero nella filiera della produzione di biodiesel.

Per quanto riguarda l’import, anziché di Ruco è «molto più probabile invece che si tratti di grandi quantitativi di oli vegetali provenienti da materia prima vergine, ottenuti direttamente da oli vegetali», dichiarano dal Conoe.

«Purtroppo, si riscontra la carenza e le lacune, per usare un eufemismo, dei sistemi doganali – commenta Tommaso Campanile, presidente del Conoe – che oltretutto rifiutano un confronto o una collaborazione con gli addetti ai lavori, che gli faciliterebbe enormemente il lavoro».

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